Cinque anni fa, precisamente il 25 Novembre 2005 a soli 34 anni, si spegneva a Londra uno dei miti del rally, Richard Burns, dopo aver lottato per quasi un anno e mezzo contro un cancro al cervello. La carriera di pilota di Richard dovette fermarsi nel 2003 quando era quasi al termine del campionato dopo otto mesi in vetta alla classifica del WRC con una sola gara da vincere, oltretutto in casa, per assicurarsi la corona di campione del mondo. In quella gara, il rally di Gran Bretagna, perse i sensi durante una speciale e riusci’ a salvarsi con l’aiuto del suo navigatore, Markko. Il destino intanto aveva deciso che avrebbe dovuto affrontare la piu’ grossa battaglia della sua vita, quella contro il cancro.

Per un po’ Richard riusci’ a sconfiggere il fato e nell’estate del 2004 lascio’ l’ospedale con qualche miglioramento. La vita lontano dai rally rivelò un altro aspetto della personalità di Richard, un uomo in pace con se stesso e che aveva finalmente trovato la serenità insieme a Zoe, la sua ragazza. Certo, non era mai stato un uomo stravagante e smanioso di denaro, lo dimostra il fatto di non aver mai comprato appartamenti a Monaco o Jet privati o altre stravaganze che molti dei suoi colleghi avevano.

L’ultimo periodo della sua vita lo trascorse ad Andorra, un posto che amava particolarmente, gli piacevano le persone del posto e i paesaggi che offriva, cose che possono essere apprezzata da chiunque. Un amico intimo di Richard ha detto: “Richard amava le cose semplici: la vita e l’amore. Quantomeno alla fine le ha trovate”

Un grande uomo quindi oltre che un grandissimo pilota. Dieci vittorie, 275 speciali vinte. Una generazione di piloti si è ispirata a lui, non ultimo Sebastien Loeb che ha detto a suo onore: “Quando cercavo di imparare a guidare una vettura WRC, mi ispiravo a lui. Era pulitissimo e precisissimo nella guida, ed era stupefacente il controllo che aveva della macchina. Molto di quello che sono è merito di Richard.”

Una delle persone che lo conoscevano meglio è il suo navigatore, Roberg Reid, che ha detto: “Credo che farebbe un gran bene ai giovani piloti leggere il libro su Richard, per vedere il lavoro e la passione che ha messo nella sua carriera, per ispirarsi a lui come lo sono stato io”