Presentazione

Mancano ormai due settimane all’inizio del rally raid più celebre del mondo, ma la partita è già iniziata da diverso tempo, la preparazione è sempre molto serrata e spesso le spedizioni sono oggetto di eventi anche rocamboleschi, così come alcune idee incarnano bene lo spirito avventuriero di piloti “fuori dal comune”. Oggi rimaniamo spesso indignati per la presenza di troppi amatori, ma questa è comunque la loro gara, è aperta anche ad una platea meno esperta, senza rinunciare però ai limite del dignitoso, affinchè non vadano ad inficiare la sicurezza stessa. A proposito, quest’anno il rally ha registrato un boom di iscrizioni fra moto e quad, 305 richieste in sessanta giorni, al punto tale che ben ottanta iscritti dovranno alzare bandiera bianca e puntare al 2014. Come si diceva, il rally raid è sempre più aperto a nuove frontiere, prime fra tutte mediorientali e asiatiche, capaci di sfavillare nella gara di rally per antonomasia. Piloti paganti, ma spesso talentuosi. Talvolta però, ci sono storie di squadre con risorse limitate, la cui lotta inizia ben prima dello start, alla ricerca di fondi e supporti economici. E poi, guai a cadere nei luoghi comuni, la Dakar è ancora arte, è ancora passione, il passaggio in Sudamerica, anzi, ha rafforzato le qualità del rally raid, in crollo verticale negli ultimi anni africani, come ribadiamo ogni anno. Il veterano, l’irriducibile, si fonde con l’irruenza dei giovani. Tornando indietro di due anni, mi piace ricordare l’esempio di Chagin e Nikolaev, ma anche nel 2012 sono di rilievo le coppie Biasion e De Rooy. Insomma, ci inoltriamo in questa pagina di scenari e analisi, non solo a scopo di “identikit”, ma anche per scavare nella profondità della Dakar e scoprirne l’anima rinvigorita. E non dimentichiamoci degli italiani: rispetto alla passata edizione, il numero di connazionali iscritti è in crescita del 37%; se non nutriamo dubbi sulla qualità, è sempre più piacevole osservare che anche in casa nostra si torna ad osservare ed investire nella prospettiva della Dakar, ci sono i giusti stimoli, sicuramente raccolti dal team Bordone Ferrari, punto di riferimento nostrano, fino al momento del suo tracollo economico. Ne parleremo in seguito. Comunque, è giusto rimarcare il fatto che nella gara ideata da Sabine, c’è molta Italia, non possiamo staccarci da questa tradizione. In fin dei conti, Dakar è sinonimo di tradizione, come vedremo. Menzioneremo anche le storia curiosa di Gianpaolo Bedin, mai giunto alla gara 2012 nonostante la sua iscrizione, ripresentatosi nel 2013. Sarà, preannuncio, un viaggio nella realtà del rally raid, fra i suoi campioni, ma anche fra coloro i quali partecipano senza ambizioni di classifica, bensì per pura passione.

Al Attiyah, Sainz, Peterhansel: lotta fra i “grandi” della Dakar

Osservando il primo scaglione della lista iscritti, cioè quello in corsa per la vittoria, si denota uno stallo, i nomi, le vetture, sono le medesime, tutto è rimasto invariato, con un’importante eccezione: il duo inseparabile Al Attiyah-Sainz. Prima in Volkswagen hanno sbancato la Dakar, oggi puntano ad un successo personale: sono infatti gli artefici dello sviluppo del Buggy con il quale si presenteranno allo start di Lima. E’ una sfida fra veterani della categoria, Peterhansel è ormai legato alla gara da oltre due decenni, ne conosce tutti i segreti e l’edizione 2012 ha confermato la sua validità e regolarità, elemento improprio per un rally troppo denso di fattori e imprevisti. Per tal ragione, ad opinione del tutto personale e parziale, il francese ha qualche carta in più da giocare e parte da favorito, altra parola sconosciuta a questo appuntamento, il quale, concettualmente, prende forma con un numeroso insieme di iscritti pienamente capace di vincere. E’ questa caratteristica a renderlo, ad ogni modo, eccezionale fra i tanti, pochi ritiri in carriera e tante vittorie. La squadra invece preparata in California, composta dai piloti sopra citati, disputerà una performance ricca di incertezze, altro elemento destabilizzante, in quanto il veicolo e per l’appunto il team sono solo in fase di nascita. Ciò non nega ai due mattatori di diverse edizioni della Dakar di lanciarsi da protagonisti, è nota la grande forza d’animo con cui combattono Sainz ed Al Attiyah, con la quale proveranno, con tutti i mezzi a disposizione, a sopperire alle giustificabili difficoltà iniziali. L’anno scorso il qatariano mostrò tutta la propria energia, non di rado espressa in modo eccessivo, culminata nel ritiro definitivo del pluricampione MERC. Insomma, il confronto interno a questo trio, seppur di due squadre differenti, sarà tutto da gustare, ma non dimentichiamoci di chi incalza neppure da troppo lontano, cito De Villiers con Toyota, Roma, Novitskiy e Holowczyc con Mini, Gordon con Hummer, pronti a sfruttare la tensione del trenino di testa per agguantare risultati di rilievo. E perché no, anche Eric Vigoroux, fresco vincitore del Rally del Marocco, cartina tornasole per la Dakar. Non dimentichiamo la grande affidabilità di Toyota e Mini, tallone d’Achille dell’H3 dello statunitense che gode, a sua volta, di un mezzo molto competitivo ed efficace sulle dune sudamericane. Inoltre, è giusto riportare, nel nome, ad esempio, di Bedin, chi si autofinanzia e corre con i pochi strumenti a propria disposizione. Il pilota in questione, corre in fatti per passione, che muove non solo il talento di alcuni amatori, ma anche l’acume degli ingegneri: Gianpaolo è stato infatti collaboratore di squadre di F1 e per il 2012 aveva progettato autonomamente un Buggy, irregolare alle verifiche: impossibile riadattare il veicolo alle condizioni richieste. E’ stato così il primo partecipante alla Dakar del 2013, ripresentandosi subito, sempre a proprie spese. E’ anche questo il rally raid, idee originali, forse per qualcuno bizzarre, ma stimolo per le più innate abilità. Concludendo, sarà una corsa ad inseguimento o un continuo passaggio di staffetta? Possiamo solo affermare, attualmente, che i colpi di scena inizieranno sin dalle prime prove, mai nella storia della Dakar la partenza, nelle prime PS, fra la sabbia, con le sue insidie e si chiuderà altrettanto nei percorsi sabbiosi del Cile. In altre parole, ancor più imprevedibilità e dunque, meno certezze.

Camion: E’ l’alba di una nuova era?

A rispondere alla domanda soprastante, sarà la gara di quest’anno, che, sostanzialmente, replica i valori dell’anno scorso. A differenza di quanto detto per le auto, fra i camion si conferma la lista iscritti, il che, ad ogni modo, è già una notizia positiva: i tre squadroni Iveco-Kamaz-Tatra sono corposi, certamente ognuno ha le proprie punte, ma in quanto a consistenza, sembra favorito il team color turchese De Rooy, ampio ed efficace, composta da campioni di spessore e grintosi, lo stesso Gerard De Rooy, Hans Stacey, campione 2007 e Miki Biasion, che non ha bisogno di presentazione. Quest’ultimo è stato protagonista di numerose esperienze, fra Africa e Sudamerica, ma è spesso incappato in eventi poco fortunati: dal 99’ è ancora alla ricerca della vittoria, per la quale, ne siamo certi, può lottare. Aggiungiamo inoltre che ci sarà il supporto di Renè Kuipers, che ha disputato qualche rally nel WRC e Jo Adua, da diversi anni legato ad Iveco. Tuttavia, nel 2013, pare evidente che i rivali di Kamaz, dominatori del primo decennio di questo millennio con Chagin, vogliano riscattarsi dalla delusione del 2012, quasi a voler dimostrare, ricostruendo tutto da capo, che senza la guida “illuminante” il castello è crollato, senza il suo pilastro. Eppure Nikolaev (squalificato per atteggiamento antisportivo nel 2012), Karginov e Mardeev hanno ricevuto un patrimonio notevole, un team costruito su basi solide; sono precipitati in un abisso, in quanto non solo non è stato raggiunto l’obiettivo di combattere per il successo, ma addirittura non è stato mai sfiorato il podio! Oltre, appunto, ad un crollo del prestigio. Vista da questa prospettiva, la squadra parte con forti punti di debolezza, anche morali, ma non per tal motivo è da considerarsi sconfitta, c’è voglia di riscattarsi, con componenti giovani e freschi. Il primo in particolare, è uno di quei elementi del vivaio russo destinato ad esplodere, in quanto attualmente incompiuti, considerando le reali potenzialità. Confermata la saggia guida, Savostin, vincitore di sette trofei con Chagin. Exploiter privato, Artur Ardavichus, sponsorizzato da Astana, una società che raccoglie delle aziende statali. In altre parole, un contributo cospicuo da parte del Kazakistan. E poi c’è Tatra, con Ales Loprais, il quale diverse volte ha minacciato le gare solitarie delle due squadre sopra indicate, lottando con denti e unghie, senza spesso cogliere risultati di rilievo. Certo è che quella dei camion è un’arte che si tramanda di generazione in generazione, quasi da tradizione: ricordiamo che i De Rooy sono una famiglia, oltre che proprietaria di un’azienda di trasporti, che si dedica al rally raid da sempre, Jan De Rooy è stato a lungo mattatore fra i camion, senza mai vincere. Ancora, Karel Loprais, vincitore sei volte con l’ormai leggendario T815 Tatra -con il quale il combattivo Azevedo ha partecipato alla Dakar fino all’anno scorso, nonostante l’età del mezzo stesso- che ha lasciato l’eredità al figlio Ales. Si può andare avanti nella lista, i Sugawara con l’Hino Ranger, lo stesso Mardeev di cui abbiamo già parlato e ancora altri. Qui l’età non si muove, a testimonianza del fatto che il legame con il rally raid è troppo stretto per essere spezzato in un colpo solo. Chiudendo, De Rooy è, grossolanamente, leggermente superiore alla concorrenza, ma come già ribadito, i pronostici hanno un valore assai limitato. La notizia positiva, ci concediamo un’uscita parziale, è che Biasion è in formissima, guardando alla gara dell’anno precedente, sembrerebbe l’unico a poter sfidare l’olandese, ma sarebbe interessante comprendere se realisticamente sarà una questione “in famiglia”, oppure una sfida estesa anche oltre la top five. Ad opinione di chi scrive, l’umiltà con cui è stata affrontato il rally da parte dell’Iveco De Rooy è ammirevole, con l’atteggiamento di chi vuole emergere senza duelli fratricidi. Lo spirito di squadra, peraltro molto eterogenea, è l’ingrediente che piace di questo gruppo.

Moto e quad: si replica la sfida Despres-Coma e Patronelli-Maffei

Non è stilisticamente corretto dare il via a questa pagina dedicata a moto e quad con una notizia peraltro in contraddizione con il titolo stesso, ma è giusto nei confronti del lettore offrire una news dell’ultima ora, che potrebbe ribaltare le stesse analisi. Sembrerebbe infatti che Marc Coma, plurivincitore, è a rischio, pur considerando la sua temporanea iscrizione. In seguito ad una caduta nel Rally del Marocco, si è evidenziata una notevole difficoltà a riprendere la piena forma fisica e, valutando l’impegno fisico richiesto dal rally raid, specie ai motociclisti, è piuttosto incerta la possibilità di recupero entro gennaio. A questo punto, attendendo chiarificazioni, Cyril Despres, Marc Coma, Rodrigues, Barreda Bort e Chaleco Lopez sono le personalità più interessanti per la Dakar 2013. Come lo stesso spagnolo Coma evidenzia, i piloti sopra citati sono senza dubbio una spanna sopra gli altri, ciò nondimeno ci sono una serie di contendenti che possono puntare alla Top Five: con piacere segnalo Alessandro Botturi, ottavo l’anno scorso, ma ha riposto grandi risorse personali per il 2013, essendo comunque ufficiale Husqvarna. La brutta questione del Bordone Ferrari, accennata all’inizio dell’articolo, deriva da un verticale crollo delle risorse economiche, prima dal blocco totale degli strumenti e dei mezzi, in seguito l’abbandono da parte dei propri piloti. Inoltre, la squadra aveva raccolto Viladoms-Botturi-Lopez, tutti con ambizioni di classifica, per l’appunto capaci di portare grandi risultati al team. Il sogno si dissolve nel nulla. In conclusione, comunque vada a finire, tutto ruota sull’effettiva competitività di Coma: da diversi anni a questa parte sono gli effettivi protagonisti delle motociclette, anche se l’anima della Dakar è sempre più larga. Bene la TM che ha sviluppato una propria moto, che sarà portata in gara dal sanmarinese Zanotti, mentre Manuel Lucchese, anche nel 2013, con Husaberg, è l’emblema dell’improvvisazione nostrana: anche quest’anno, nonostante le assai ridotte risorse, si è presentato al porto di Le Havre appena prima dell’imbarco dei mezzi e degli strumenti. Per quanto riguarda la categoria quad, grande assente Alejandro Patronelli, fratello di Marcos, entrambi pluriridati. Ad ogni modo, si prospetta uno scenario piuttosto prevedibile: da quando è stata istituita la specialità degli ATV, i locali ed in particolare gli argentini hanno dominato la scena, certamente sarà duello serrato fra La Fuente, Patronelli e Maffei, ma non è da escludersi qualche ingresso speciale, ad esempio Sebastien Husseini, dagli Emirati Arabi Uniti, pilota di grande incisività. Unica presenza nazionale, l’italiana Camelia Liparoti.

Novità, innovazione, ecologia: facce di una Dakar che cambia

Dopo aver visto i principali sfidanti e qualche curiosità, è anche giusto discutere di tutti gli aspetti che ruotano attorno allo svolgimento della gara: le novità, fra cui i contenuti del percorso, qualche altra idea eccentrica, altre sostenute da concreti progetti. Si potrebbe manifestare qualche obiezione, ma la Dakar ormai sempre più vicina al concetto di ecologia e innovazione. Prima però di addentrarci nel tema, vorrei subito offrire una news flash: Eurosport, come ogni anno, mette a disposizione un servizio televisivo completo e dettagliato: un lavoro encomiabile, ma per il 2013 i vertici hanno puntato in grande, riproponendo non solo il consueto magazine, ma ben dodici arrivi in diretta su quattordici delle tappe. Un successo a prescindere, che da nuova linfa al rally, sempre più articolato, sempre più studiato nei dettagli, ancor meno scontato. Senza dilungarci troppo, le novità dell’iter sudamericano, più complesso nella composizione, con una serie, in ordine cronologico sabbia-sterrato ghiaioso-deserto arido-sabbia, il Deserto di Atacama non sarà attraversato nel suo cuore, ma comunque sarà toccato nella zona di Copiapò, considerata peraltro una delle tappe più dure. Rivoluzionata nella forma l’Argentina, sarà raggiunta solo la zona più occidentale ed insidiosa, mentre Perù e Cile, salvo qualche modifica per quest’ultima nazione. Altra innovazione è il Dakar Challenge, aperto ad amatori, i quali si iscrivono in una sfida interna al Pharaons, il cui obiettivo è, molto semplicemente, la vittoria, per poter automaticamente partecipare al Rally Dakar gratuitamente. Il primo vincitore è stato Tarek El Erian, egiziano, su Toyota, il quale cercherà, con tutta probabilità, solamente di divertirsi e raggiungere il traguardo di Santiago del Cile. Per le auto innovative e tecnologiche, premiamo l’Oscar, che l’anno scorso si presentò con un motore totalmente elettrico, concludendo appena metà gara, ritirandosi in seguito ad un cedimento dello stesso. Quest’anno ci sarà ancora il Team Latvia, ma non la vettura elettrica: la squadra promette comunque di impegnarsi in progetti improntati al verde. Gli organizzatori tutelano i siti protetti, mai attraversati dalla marcia dei mezzi, c’è un fondo di aiuto per la Foresta Amazzonica, mentre tutte le squadre hanno firmato un Patto di Corresponsabilità. E’ questa la Dakar che cambia, al passo di una realtà più equilibrata di coesistenza fra uomo e natura. Chiudiamo spiegando il contenuto della foto di copertina “semi-seria” (d’altro canto la gara di rally per antonomasia non è solo competizione…): è la Smart di José Luis Alvarez, che, opportunamente adattata alla base meccanica Polaris, è emersa dall’esperimento, per un totale di appena 750 kg. Le citycar si avvicinano sempre più a questa gara.