Possiamo veramente affermare che la Dakar, rally di esplorazione fra le località più remote della Terra, sia ormai priva di frontiere. Del resto, la Bolivia, a partire dalla sua etimologia, è ispirata a quel concetto di libertà dei popoli trasmesso da Simon Bolivar, uno stato modello libero anche dalle contraddizioni sudamericane e stabile politicamente, nonché lanciato verso un primo sviluppo. Un paese, con poche parole, che vuole rilanciarsi, in quanto afflitto da sempre da lotte intestine sociali.
Con queste premesse, la Dakar si appresta ad entrare nella ventottesima nazione nella sua storia, al fine anche di non perdere “quell’eterna giovinezza” che possiede il più celebre rally raid mondiale, lontano dal concetto di continuità, bensì più vicino ad una realtà flessibile e in costante mutazione. Tuttavia, come annuncia l’organizzatore Lavigne, un filo conduttore con il passato, nel tentativo di mantenere salda la tradizione a cui legata, innovando.
La velocità è una caratteristica tipica dei percorsi sudamericani, ma le prove sono tutt’ora ardue e rispetto alle critiche giunte anche da alcuni piloti, la Dakar risponde con un percorso più efficace, rivisto nella forma e nella sostanza. Saranno rivisti e “sforbiciati” i trasferimenti a favore, come suggeriva Nani Roma, delle tappe da “maratona”, intense e logoranti, più vicine allo spirito del rally.
Il primo “abbozzo” ha già fissato la data della Dakar 2014, compresa fra il 5 e il 18 gennaio che si snoderà a partire da Rosario in Argentina, passando per la Bolivia e giungendo infine in Cile, attraverso il deserto di Atacama.
La perdita del Perù, certamente, non è irrilevante, per l’originalità e l’asprezza dei suoi percorsi: concludiamo ricordando, a proposito, quanto affermato da Biasion, il quale mise in evidenza, in occasione dell’ultima edizione, i numerosi ostacoli delle dune peruviane, considerate le più insidiose mai affrontate nella storia della Dakar. Una parentesi, ad ogni modo, chiusa solo temporaneamente.