Ancora una volta, il WRC offre una prova che si può leggere per simboli. La riconfermata eterogeneità del podio, una miscela di Volkswagen, Citroen e Ford, è l’emblema di un particolare anno di transizione. C’è, proprio come in Svezia, un’estrazione di drivers piuttosto differenti in formazione e provenienza. Se Ogier non è comunque una sorpresa, bensì “un’assicurazione”, Hirvonen è invece il volto negativo di questo duello intenso fra due case rivali. Durante il weekend non è mai riuscito ad imprimere la svolta necessaria per mantenere un contatto con il leader, non attivando quell’innesco di pressione sufficiente per poter guardare alla vittoria, sperando nell’errore altrui. Ed infatti, come abbiamo osservato, con una gestione più grintosa della performance, si poteva sperare almeno di non uscire dal duello per mezzo di una resa incondizionata. Poi, c’è l’avvitamento innescato dallo stesso francese, un atteggiamento fra il devastante e il letale, distruttivo per gli avversari, in affanno per una rincorsa impossibile. Un sistema che neppure i più audaci giovani della Ford sono riusciti a contrastare e nemmeno i veterani della Citroen. Si accostano tante analogie con l’idolo nazionale Loeb, specie per quanto concerne i numeri, nei fatti e nelle statistiche. E’ stato, in effetti, un gioco algebrico, considerando le ben sedici prove vinte e la costanza assoluta con cui si è piazzato in alto. Pertanto, se è pure vero che “la fortuna aiuta gli audaci” e altrettanto corretto ricordare che “ognuno è artefice della propria fortuna”: all’episodio del cancello chiuso, che ha rallentato la corsa al vertice, si somma l’ottima scorrevolezza della sua gara. La possibilità di condurla con continuità e a tratti con più tranquillità è stata determinante, appunto, nell’ottenere una vittoria schiacciante, proprio come il “maestro e rivale” Loeb. Comunque l’invito, è quello alla prudenza, perché mai si accosta al più grande interprete di sempre una serie per ora positiva. E nel contesto dei “vincitori e dei vinti”, fra i primi c’è il team Qatar, autore di una prova di cuore e dedizione, attraverso la quale, seppur per una sola ora, si è concessa l’onore di guidare la gara, così come il ruolo di seconda squadra dopo Citroen. La crucialità dell’affidabilità è stata decisiva per escludere un grande protagonista “di fatto”, Ostberg, meritatamente secondo e con il coltello fra i denti. Il terzo tema, che chiude nel “vertice” del “triangolo messicano”, è infine la “vexato quaestio”, cioè una discussione sempre più dibattuta in merito agli incidenti nell’iter di gara. Ricordiamo, in primo luogo, le pietre lanciate l’anno scorso a Novikov e a Neuville, fino al cancello chiuso sospetto al passaggio di Ogier. Una serie di sabotaggi in un rally che sulla carta ha un potenziale notevole da un punto di vista qualitativo, ma alle garanzie economiche non corrisponde un generale interesse ed una sostanziale partecipazione, in una nazione la cui cultura motoristica è peraltro abbastanza limitata.

CLASSIFICA DELLA TOP TEN

Sébastien Ogier 10-
Vogliamo simbolicamente rappresentare la vittoria di Ogier con un voto vicino al dieci assoluto: rappresentazione di una gara senza sbavature e grandi intoppi, indubbiamente, ma condizionata da un Ostberg in forma “smagliante”. Il primo ostacolo, come noto è il Messico stesso, essendo la gara in altura e di conseguenza perniciosa per ciascun propulsore, ma anche per la sua notevole insidiosità. Con altre parole, vincere in Messico, è una questione di stile, per pochi, per drivers dall’alta sensibilità e, in secondo luogo, esperienza. Facendo infatti riferimento ai numerosi successi di Loeb, evidenziamo l’importanza, per un team, di godere di un leader completo: Ogier si è impegnato a tutto campo nel primo giorno, puntando al consolidamento di una leadership ed in una sostanziale fuga da “scalatore”: chiudendo la metafora ciclistica, ha costruito il margine, scappando con un vantaggio fin da subito notevole, emerso specie nelle tappe più lunghe, dove a fare la differenza è la precisione di guida e non solo la velocità pura. E’ stato una sorta di “Bradley Wiggins” del WRC, veloce nelle super speciali, efficace e fulmineo, oltre che spettacolare, attento nelle speciali più impegnative. Un ritmo, ad ogni modo, difficile da sostenere, al punto tale che sin dalla prima tappa gli avversari hanno tirato i remi in barca. Un potenziale esplosivo probabilmente neppure espresso nella sua integrità. E’ la tempra e il coraggio del campione nella sua spietatezza, capace di devastare prima sul campo l’avversario, poi psicologicamente. Un chiaro senso del predominio assoluto, di potere, che è alla base dei grandi successi, di coloro che non rincorrono, ma dettano tempi e ritmi. E sebbene sia prematuro offrire indicazioni, ammettiamo che in Ogier comincia a delinearsi il profilo del giusto pretendente, il più adatto e il più versatile al titolo, indipendentemente dall’esito finale. Del resto, Volkswagen ha sfornato un ottimo prodotto, ma che non pare ancora al top della forma. C’è invece la stoffa del pilota che sa maturare dopo una sconfitta cocente, quella del 2011. STOFFA DA CAMPIONE

Mikko Hirvonen 7
Hirvonen, grazie al secondo posto conquistato, si piazza, con trenta punti, in zona podio. Un risultato in realtà misero, se valutiamo il vantaggio consistente in classifica di Ogier, che comincia ad essere chiaramente preoccupante per la casa del “double chevron”: quarantaquattro punti che equivalgono già ad una leadership almeno temporaneamente in cassaforte. Con altre parole, come abbiamo già sottolineato, Hirvonen non è riuscito a girare pagina mantenendo un atteggiamento piuttosto “ingessato” in gara, senza riuscire ad aggredire le posizioni di testa con la giusta dose di grinta, anzi, affannandosi “a sandwich” fra le due Ford nella prima fase di gara. E in un certo senso, è rimasto vittima di questa trappola, quasi più attento ad osservare le proprie spalle, più che di fronte. E’ mancata quella dose di follia che in Hirvonen da diverso tempo è assente. La strategia del “cunctator” non funziona più. Se dovessimo analizzare la prova individualmente, avrebbe tutt’altra validità, ma in funzione del suo ruolo nella classifica, cioè quello di leader in casa Citroen, è da considerarsi non più di neutra; è un buon podio per mantenere il contatto e rafforzare il primo posto nel costruttori, finora unica certezza, tuttavia lo spirito, in assoluto, è stato insufficiente per affrontare una sfida di tale peso. Dunque, ricerchiamo il fallimento di questa performance in quel filo spezzato da Ogier, conduttore fra il primo e il secondo posto, necessario almeno per trasmettere sia in prova che al service park la giusta dose di fiducia; in secondo luogo, per mettere sotto pressione il rivale, per mezzo di una caccia palmo per palmo. Più che un cacciatore Hirvonen, attualmente pare una preda. Bisogna tuttora comprendere quali siano effettivamente i limiti del finlandese. SENZA INFAMIA E SENZA LODE

Thierry Neuville 8
Dopo un’attesa durata più di un anno, il podio è finalmente arrivato per il belga. Un terzo posto che giunge in Messico, terra tradizionalmente insidiosa: tuttavia le ostilità fra Neuville e lo sterrato sono una questione ormai più che risolta. Dopo un anno di vera accademia in Citroen, abbandonata senza troppe premure, è passato ad un anno cruciale di formazione, di sviluppo e potenziamento di un talento prezioso, forse cristallino: un diamante che merita un taglio opportuno, per il suo valore. Ford in tal senso ha saputo pescarlo e adesso gode di un vero attaccante che, come denotato in Messico, è un driver di punta che sa fare la differenza grazie ad un’irrefrenabile ambizione. Il vertice è stato raggiunto, dopo un anno di “intensa pressione” del resto inopportuna. Il belga, in certo qual modo deve oltrepassare, in una stagione nata appositamente per completare il percorso di formazione già iniziato, il bivio fra il vincente e l’incompiuto. SVOLTA

Dani Sordo 6+
In altro modo, Sordo ha firmato una prova non molto differente da quella del team mate finlandese, almeno nella forma, con un’unica seppur sostanziale differenza: in merito all’efficacia delle proprie prestazioni, Sordo è stato ancor meno incisivo, più arrendevole e poco determinato, una marcia verso il traguardo un po’ incolore e decisamente impropria per la seconda guida ufficiale che, quanto meno, deve d’obbligo aggredire le prime posizioni, più che rincorrerle. Finora, i magri ventisette punti, ad un passo dal compagno, sono l’espressione di uno start della stagione piuttosto modesto, iniziato non sotto l’egida dei favoriti. E se Hirvonen è stato spesso, a tratti in modo inadeguato, definito lo scudiere di Loeb, Sordo ricopre nuovamente tale ruolo nei confronti del finlandese. Dunque, la struttura Citroen sembra crollare, perché, osservando chiaramente quanto raccolto, sebbene sia piuttosto fruttuoso in vista del costruttori, non è affatto produttivo nel piloti, nella cui classifica emergono con altrettanta forza i due “Sébastien”. Simbolo inesorabile di un’accoppiata la quale attualmente non funziona in modo idoneo nel contrastare l’esplosività di Ogier. APPROCCIO SBAGLIATO

Nasser Al Attiyah 7+
Il qatariano, in seguito ad un 2012 nel WRC un po’ “in sordina”, si rilancia nella serie con più orgoglio, con più vivacità, elementi di guida che lo hanno sempre contraddistinto. Tali qualità trovano espressione nell’aggressività, talvolta causa di diversi eccessi: indubbiamente, però, una maggiore esperienza ha consentito un ingresso nel WRC 2013 con più certezze. Ed infatti, in seguito al doppio disastro nella due edizioni della Dakar 2012 e dell’anno attuale, rileviamo un ampio progresso in questa gara di debutto, in cui, in primo luogo ha raggiunto il traguardo con un passo regolare ma competitivo, non troppo distante da quello dei top driver. Un andamento che ha condotto meritatamente Al Attiyah nella top five, aiutato certamente da una combinazione abbastanza ricca di ritiri, ma anche da un passo lineare, da cui ha tratto una performance decisamente buona. NETTO PROGRESSO

Chris Atkinson 7-
L’australiano, al debutto nel 2013 con Citroen, riparte nel rally in cui ha sempre ben figurato ed ha ottenuto i migliori risultati: il sesto posto finale è un buon inizio, anche perché da questo antipasto di stagione, può partire un campionato, nel caso in cui venisse confermata la collaborazione con la casa francese, piuttosto positivo per Atkinson. A coronare l’ottima gara, in realtà, non è stato il risultato, quanto la rimonta tenace ed energica, in seguito ad una penalità di 3:30 minuti, causata da un guasto tecnico. Ciò non ha comunque implicato un vero ostacolo per l’ex pilota della Subaru, il quale con decisione ha recuperato ben nove posizioni, approfittando delle molteplici possibilità offerte dal percorso difficile e particolarmente lungo. Proprio fra la Guanajuatito e l’Otates è emerso il valore in campo reale che ha consentito all’australiano, se non altro, di misurarsi eccellentemente. Si riconferma, sostanzialmente, pilota di grande coraggio e valore; con più “fortuna”, la top five non è irraggiungibile. TENACE

Ken Block 6/7
Il funambolico americano si aggiudica i sei punti della settima piazza, guidando e difendendosi con onore: fra i piloti in discesa e in salita, possiamo individuare in Block un pilota appartenente a quest’ultimo blocco. Una prova che infatti si può certificare come più che valida, in certo qual modo testimone di un progresso abbastanza convinto, sebbene lo statunitense non sia affatto un pilota particolarmente pulito, in un WRC che, viceversa, richiede estremo ordine e precisione. Lo spettacolo è la sua arte, è il suo mestiere, ma nei panni del pilota professionista del mondiale si è ben dilettato, in seguito ad una carriera, in passato, meno fortunata. Un progressivo rientro potrebbe essere decisamente produttivo. IN CRESCITA

Benito Guerra jr. 6,5
Il messicano debutta con Citroen nel WRC, nel tentativo di distinguersi con particolare efficacia, anche in seguito ai numerosi successi in patria e nel Produzione. E’ in effetti indicato fra i possibili outsider del campionato, grazie al munifico sponsor turistico che lo appoggia nel tentativo di imbastire una stagione part-time. Nel frattempo, si raccolgono i risultati della prova d’ingresso più importante, quella nazionale: potremmo definirla superata, ma qualcosa di più si poteva attendere, ovvero un exploit più sorprendente. In altro modo, il target è stato raggiunto con un bottino accettabile, sebbene non del tutto convincente. PROMOSSO

Martin Prokop 6-
Se finora abbiamo segnalato delusioni fra i top drivers, anche fra i privati, è necessario mettere in evidenzia un’eccezione: del resto, è facilmente osservabile un generale miglioramento in termini di competitività di quasi tutto il pacchetto WRC, sempre più ostico pertanto ai nuovi ingressi. L’unico neo, è il caso di dirlo, concerne Prokop, il quale non ha affatto maturato un miglioramento personale dalla ricca esperienza 2012; se abbiamo riscontrato in quest’ultima la necessità di crescere e accumulare, conseguentemente, conoscenza e fiducia con la vettura, nel 2013 riscontriamo invece una totale impasse; inespressività è la parola che meglio si addice a questa porzione di stagione.

Evgeniy Novikov 6+
Commentare la gara di Novikov è quanto mai difficile: possiamo mettere in luce una scalata verso la zona punti riuscita, non certo al limite, orientata piuttosto su una condotta molto regolare, con il chiaro obiettivo di andare a colpire il ventre molle della zona punti, cioè le ultime due posizioni, fragili e piuttosto lontane dal restante gruppo. Infatti, in seguito ad un problema tecnico, “uno dei tanti” in Messico, il russo ha mantenuto come punto di forza la regolarità, cogliendo anche discreti piazzamenti, senza però osare inutilmente. Si pensi, infatti al grave gap che ha accumulato in classifica, nella quale è diciassettesimo con soli tre punti. Proprio uno è stato per l’appunto ottenuto in terra americana, approfittando con acume della variabilità e delle continue mutazioni attive nella classifica. Colpendo, dunque, l’unico obiettivo a portata di mano, Novikov ha già completato la propria opera, andando quasi a riprendere un Prokop spento. L’amarezza persiste, per un possibile podio sfuggito fra le mani.

CLASSIFICA SPECIALE

Mads Ostberg 8/9
La prestazione eccellente di Ostberg, nel suo complesso, non è una sorpresa da “exploiter”, non è la firma su una performance inaspettata, in quanto il valore del norvegese è ben noto e radicato. Piuttosto, è stato il carattere, la forza del leader ad esprimere, attraverso questa gara, un passo ulteriore in avanti. E’ la consacrazione di una maturazione “passo per passo”, che ogni anno offre un netto progresso. In questo inizio di 2013 identifichiamo, nello squadrone Ford, una guida unica, peraltro capace di guidare al top, secondo solo, in questa occasione, ad un Ogier inavvicinabile. In altro modo, da una competitività ben consolidata nel 2012, si è giunti ad una piena consapevolezza dei mezzi: Ostberg non punta più a piazzarsi e a distinguersi, ormai è una presenza stabile nella zona podio, nella quale con fervore ha conquistato il meritato titolo di protagonista. Peraltro, è il “Caudillo” di un team giovane, all’insegna della freschezza, della voglia di confrontarsi. In estrema sintesi, è un mattatore che ha preso la guida, godendo inoltre di una notevole esperienza, della squadra. Ed è quanto mai evidente che nella prova messicana si racchiude un ossimoro, un contrasto, fra una figura giovane e vigorosa, con l’epiteto di “usato sicuro”. Perché più che mai, si è raccolto la combinazione di certezza, di sicurezza alla notevole eleganza di una performance di stile, di grande eloquenza. A tradirlo, con una “pugnalata” è stato l’alternatore, elemento tanto basilare quanto fondamentale e tuttavia spesso soggetto a dei problemi per una collocazione nella vettura abbastanza critica. In tal senso, si ricava la delusione, un calo di stima improvviso in seguito alla mancata ripartenza; sappiamo, però, che l’origine va ricercata proprio nella consapevolezza di ricoprire un incarico di prima selezione.

Jari-Matti Latvala s.v.
Prendiamo la libertà di non assegnare un voto specifico al finlandese in virtù del fatto che l’incidente di cui è stato vittima e protagonista non ha alcuna validità nel tentativo di esprimere un giudizio certo. Al di là della sfortuna che attanaglia il finlandese in Messico da diversi anni, la pietra trovata fa parte di un normale incidente di gara che con una certa percentuale, se collocata in un determinato punto, può provocare un danno notevole, anche considerando la criticità del punto in cui era collocata. Evitando di enfatizzare troppo il problema del “vandalismo” verso i partecipanti, ci manteniamo cauti rispetto a questa possibilità e sottolineiamo solo l’importanza di questa gara per Latvala, utilizzata come gara-test e per trovare un feeling finora non completo con la Polo. Certo è che il peso è notevole e a pagarne le conseguenze -di questi eventi- sono proprio i drivers meno accurati, i quali devono sommare ai propri ritiri un altro 0, che, in assenza di questi, avrebbe un’influenza minore.

Michal Kosciuszko 5,5

CLASSIFICA RAPIDA WRC 2

Abdulaziz al-Kuwari 8
Nicolas Fuchs 7
Ricardo Trivino 6,5
Armin Kremer 6,5
Yuriy Protasov 6,5
Lorenzo Bertelli 6

CLASSIFICA A SQUADRE

Volkswagen 9
Dopo l’asfalto, la neve e il ghiaccio, Volkswagen scavalca senza alcun timore l’ardua prova della terra messicana: affidabilità e consistenza sono due questioni cruciali per poter affrontare l’appuntamento, che sotto questi aspetti, sono stati risolti eccellentemente. Forse, potremmo dire, la Polo non è al top della forma, ma attualmente la casa tedesca ha già offerto un prodotto eccezionale, sicuramente non inferiore a quello dei rivali e probabilmente gode di un ampio margine di sviluppo a differenza di Citroen e Ford, le cui vetture sono già più datate. Tuttavia, quasi replicando quanto accaduto in Citroen, la casa tedesca vanta la leadership nel campionato piloti per merito di un Ogier il quale incarna lo spirito del condottiero, vero e genuino. La solidità, ancora una volta, è affidata ad una figura in un certo senso “carismatica”, consapevole dei propri mezzi e matura a pieno titolo. Quanto realizzato dalla casa di Wolfsburg, ribadiamo, è straordinario, ma l’incisività del mattatore è stata determinante per conseguire i risultati sopra esposti. La forma è anche sostanza, citiamo ancora una volta Aristotele, Ogier si è presentato come una figura di spicco e di grande credibilità nonché professionalità. Caratteristiche che, naturalmente, hanno ritrovato un riscontro anche in PS.

Citroen 6,5
Matton che afferma di voler convincere Loeb a rientrare in un programma più ampio è la frase che meglio rappresenta il culmine dell’incertezza, quasi dell’inquietudine nella casa del “double chevron”, in cui a regnare, forse più di tutto, è lo sbigottimento in seguito ad un duro colpo: la Citroen si è ritrovata quasi a dover abdicare, a dover abbandonare un trono che sembrava ormai ben radicato in mani francesi. In effetti, l’insieme dei comparti sportivi, sebbene non in preda, come Ford negli ultimi anni, ad una crisi di nervi, è stato messo in discussione dallo stesso Hirvonen nell’ambito tecnico. Se c’è disarmonia in squadra, il messaggio è assolutamente allarmante, in quanto Citroen in passato aveva costruito proprio sulla stretta cooperazione la sua forza, espressa poi in campo da Loeb; i due piloti, mantengono un atteggiamento distaccato, non riescono a trasmettere le potenzialità della DS3, il feeling appare piuttosto scarso. Il morale è a pezzi. Forse, in seguito alla prima frammentazione intestina, si dovrebbe riflettere proprio nel settore “risorse umane”: i due drivers si sono rivelati inopportuni a ricevere un’eredità così sostanziosa come quella offerta dal nove volte iridato. Non sarebbe più preziosa un’incisiva autocritica dei propri strumenti?

Ford 7,5
Nella Ford si può individuare quell’exploiter di turno che si consolida e diventa, invece una presenza concreta e stabile nelle posizioni di testa. Se abbiamo parlato di un leader assente in Citroen ed uno invece particolarmente in auge in Volkswagen, per quanto concerne la casa dell’ovale, rileviamo la nascita di un altro condottiero, Ostberg. E’ proprio il norvegese ad essere il punto di riferimento nascente nella squadra, che raccoglie nella sua figura di notevole credibilità, un team giovane, ambizioso, coraggioso, che riparte da zero con nuovi obiettivi, in seguito al mancato appoggio della casa madre. Si punta sull’investimento del Qatar per ricostruire le fondamenta con una scommessa. Il checkpoint fissato, potrebbe corrispondere al funzionamento completo di un vivaio il cui potenziale è davvero notevole ma disperso nella grinta, diciamo così, poco produttiva. Il terzo posto di Neuville, è davvero un risultato misero rispetto a quanto Novikov, Ostberg e il belga stesso potrebbero rendere in sintonia. Ci, sono ad ogni modo, ottime premesse e volontà.

ANALISI DELLA GARA

Rally Messico 6

Qualità del percorso 7,5
Qualità spettacolo 6,5
Organizzazione (inclusi gli eventi di gara ed altri elementi misti) 4

Sintetizziamo, in poche parole, quanto è stato ripetuto nel corso di questo viaggio messicano, fra indagini e valutazioni in una gara spietata, che a farla da padrona è il territorio. Lo spettacolo, sostanzialmente, è stato un elemento assente, l’appuntamento non ha riservato grandi rimescolamenti, ma, come abbiamo anticipato nell’articolo pre-gara, ha sicuramente nascosto qualche colpo di scena, nonché diverse e pericolose insidie, evidentemente non da tutti considerate. Se riconosciamo, pertanto, un’elevata qualità nella selezione, valutando per lo più la variabile altimetrica, è analogamente corretto sottolineare quei punti deboli di questa gara che ne logorano la credibilità, a partire dagli eventi alquanto ambigui, di cui si è molto discusso. Traendo le conclusioni, la sufficienza è un voto riassuntivo che però somma dei punti nevralgici di forza ad alcuni punti deboli, fragili, di un rally diverse volte al centro delle polemiche.

Pilota del Rally del Messico: Mads Ostberg
Prosegue la nostra rubrica fra i piloti che si sono distinti in occasione di ciascuna gara del calendario. Se abbiamo premiato con una variegatura davvero eterogenea i piloti fino ad ora, si manifesta chiaramente quella scossa che proviene da casa Ford: non è più quella certezza sempre più concreta del binomio Ogier-Volkswagen, bensì’ la novità emergente formatasi prima con Stobart, in seguito nel team ufficiale. La casa dell’ovale blu è una sorta di BRIC (ndr. l’insieme dei paesi emergenti), un contenitore, un cappello che copre un novero di piloti in particolare “affioramento”. Fra questi, non può non spiccare Ostberg, in contenuta ma controllata crescita, un’evoluzione incessante, universalmente riconosciuta, del resto. In Messico, però, è avvenuta la definitiva consacrazione, la conferma finale.