Citroen, team della discordia, squadra che al giro di boa ha perso l’ultimo aggancio nella rincorsa iridata in Finlandia. Come una catena imperfetta, a cui manca un anello, da protagonista a ventre molle di tutto lo schieramento. Una bussola smarrita?
Pare evidente, in questo contesto, che in assenza di ciò che i francesi definiscono meneur, un condottiero, una figura individualista che raccolga nel proprio carisma le speranze, le attese, le delusioni e i successi di tutti i cooperatori, sia necessaria una svolta radicalmente differente, come vedremo in seguito. Del resto, la metafora è fra quelle più abusate: aprire nuovi capitoli è un compito tanto arduo quanto redditizio, un investimento a lungo termine di cui Citroen, tramite il trofeo allestito nel WRC3, si è preoccupata di lanciare in ritardo. Ammesso, fra l’altro, che la casa delle due spighe sia interessata ad una “terapia intensiva”. E i segnali sono più che limpidi, poichè le volontà di Al Qassimi rispecchiano ed ereditano i malumori sull’attuale tandem. Anche dopo la vittoria di Sordo in Germania.

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Rimanendo nell’ambito appena esposto, la diagnosi è il preambolo di tutto il rinnovamento di cui la casa francese, senza formalità, dovrà intraprendere e farne tesoro, in uno scenario di maggiore consapevolezza. Dunque, emerge nell’immediato la povertà, l’inconsistenza di chi ha seminato nella stagione attuale, ovvero i due piloti ufficiali Hirvonen e Sordo: un raccolto che del resto è la conseguenza più naturale e spontanea di coloro che sono i principali artefici di un disastro, pur vantando il prestigio di veterani, concretamente annidati ancora nei meandri di un WRC che non c’è più, di “categoria”, specialista e non versatile; l’asticella della competizione pretende ormai la perfezione in classifica, affrontando le gare a pieni polmoni. Solo oggi è spuntato un Sordo in controtendenza, di carattere, ma forse è fin troppo tardi per sperare di ribaltare i dovuti e leciti dubbi. La costanza, sebbene sia il pilone centrale e polivalente di ogni squadra, non può impostarsi come soluzione imprescindibile. A partire da una linfa vitale che non deve usurarsi, giacché la fiamma ardente della temerarietà è il distinguo tra il pilota tenace e quello incolore. Il magro punteggio, tattiche catenacciare e carattere da gregari hanno formato un ticket 2013 anomalo, amorfo, del tutto eccezionale, di fronte alle rampanti Ford e Volkswagen.

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Si potrebbe altrettanto ottenere un postulato, da quanto ricavato, che assume le sembianze dell’Uovo di Colombo: una soluzione relativamente semplice, quasi spontanea, ad un problema apparentemente impossibile. Vale a dire, apprendere e applicare, come se fossero elementi di know-how, la sperimentazione coraggiosa del nuovo modello Ford, semi-ufficiale ma tutt’altro che protagonista secondaria, un trapianto rivoluzionario realizzato dal tandem manageriale Wilson-Al Attiyah, capace, con un coup de theatre, di ribaltare le proprie sorti, assimilando infine tutta la bontà di tre differenti scuole, da quella belga, con tendenze pro-asfalto a quella più ruvida, russo-norvegese. Ford, pertanto, che è l’ imbuto di tre prospettive del rally dalla radice se non opposte, nettamente differenti. Ed in fin dei conti, come abbiamo già argomentato, dal palato secco di inizio stagione, avaro di prestazioni degne di lode, la casa dell’ovale blu ha già sfiorato la vittoria nelle recenti gare. Testimonianza più sintetica ed efficace che ingoiando il farmaco amaro, i piloti sono capaci autonomamente di esprimersi, senza la pressione del “dream team”. Il prototipo è un altro: abolizione dello schema piramidale, con un principio di cooperazione che si pone come cardine del sistema sportivo.

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Naturalmente, attore primario del rovesciamento in casa Ford, è Thierry Neuville. -Già in evidenza nel 2012- il ripescaggio non è stato un riciclo, bensì una rivalorizzazione in seguito all’insoddisfacente proposta di Citroen, di fatto immobile nel momento di blindare un driver cresciuto in casa. Estroso, creativo, con un termine calcistico fantasista: neppure una novità dell’ultima ora, ma finalmente quella serenità mentale è stata trovata, sfruttando al massimo quel potenziale spesso sprecato. Senza dimenticare che ormai Neuville è il primo “degli altri”, poichè il francese eredita l’aggettivo “alieno” da Loeb, in virtù delle ovvie doti di guardare il mondiale da un’altra prospettiva. Preannunciando, quasi profeticamente, quella crisi di nervi, sportiva e gestionale di un team ancora smarrito in cerca, appunto, di un condottiero che, tuttavia, allo stato attuale, si può individuare solo nella figura di Ogier. Carismatico fuori dalla vettura, concentrato e determinato in prova. E, per ironia della sorte, proprio la casa delle due spighe ha allevato coloro che nel frangente del campionato in corso si sono distinti in modo più rilevante. Sconfiggendo tabù e totem già obsoleti, sulla superiorità finlandese che non c’è più, grazie ad un’accademia, particolare già ribadito in altre occasioni, che è il trampolino di lancio di piccoli diamanti. Dal grezzo al raffinato.

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In merito a ciò, non si può non impostare come soluzione primaria né un taglio delle teste lineare, ma neppure un atteggiamento immobilista. Gli ufficiali al centro delle polemiche, sono stati oggetto di polemiche e perplessità. Allora appare evidente che quel plastico, quel modello Ford, in assenza di un’alternativa più forte, sia irreversibile. Una squadra che sia capace di “fare spogliatoio”, come si suol dire in gergo calcistico, livellata in senso gerarchico ma estremamente eterogenea in quanto a provenienza. Il nome Meeke, oltre che richiamare, per i tifosi, un simbolo, un emblema, sulla falsariga del mito di McRae (sebbene gli accostamenti siano del tutto inopportuni), resta una valida opzione. Non più giovanissimo, emerso nell’IRC, in MINI, come dire, ha posto un’etichetta, una certificazione definitiva, mentre in Finlandia ha stupito tutti nel debutto con la DS3. Vantandone persino la guidabilità, mai invocata invece da Hirvonen, scettico circa le prestazioni della propria vettura. Un pesante sostituto che già posa la famigerata Spada di Damocle sullo spagnolo, quest’anno competitivo a intermittenza. E poi, c’è la brama, dietro le quinte, in certo qual modo emersa dagli spifferi, di riagguantare il belga Neuville, riappropriarsi di ciò che è stato creato: una mossa “pirotecnica” ad effetto, che ad ogni modo risulta difficile per via dei risultati ottenuti con M-Sport, la quale opportunamente è alla ricerca del rinnovo. Dunque, un mercato piloti insolitamente bollente, nel contesto di un “ritorno a casa” tortuoso da applicare e ambizioso. L’unica certezza, alquanto prodromica, è proprio il sondaggio svolto da Matton, che avvicina Meeke e sostanzialmente rigetta e raffredda i rapporti sia con il vicecampione che con Sordo. Con altre parole, non è solo un indizio, ma un sintomo tangibile e ben rilanciato dai vertici.

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Concludendo le nostre osservazioni, possiamo anche attingere informazioni offerte dal Rally di Germania, terminato recentemente. E’ l’affresco di uno scenario che, ad ogni modo, non può ribaltare quello appena descritto, essendo comunque un singolo tassello. C’è certamente spazio alle attenuanti per Sordo, in vigorosa ripresa, che del resto stride con l’affanno di Hirvonen, mai in gara: un colpo di mano per i francesi, ancorché insufficiente per riabilitare e restaurare un anno di delusioni ed amarezza. Certamente è apprezzabile l’arte dello spagnolo, tuttora capace di ripianare e colmare quel gap pesante tecnico, mentale, fatto di pressioni ed incertezze. E soprattutto, efficace nell’interpretare le grandi classiche tedesche come nessun’altro: già in Mini riuscì a sopperire le gravi difficoltà di una vettura particolarmente instabile. In controtendenza con il resto del campionato, bisognerà comprendere quanto spazio sarà disponibile per Sordo, dopo questo salvataggio in Zona Cesarini, indubbiamente di grande effetto. Eppure, passioni a parte, traendo le somme, ci sono ancora molte ombre ed appena qualche luce di speranza, perchè il recente vincitore potrebbe ancora rivelarsi una risorsa utile. Da scudiero a primo pilota, d’altronde, per mezzo di una riabilitazione-lampo. Il ritiro di Ogier, invece, potrebbe tradire una fretta inusuale, in una rincorsa al titolo che finora lo ha condotto sull’altare dei trionfatori proprio per mezzo di vittorie costruite sulle fughe, saldamente preparate. Ed è pertanto inesorabile un’osservazione che mette in contrasto, in attrito, il leaderismo della Volkswagen, su cui si basa l’apporto del gregario di ferro Latvala e la Ford, che si affida all’ampiamente analizzato gruppo giovanile, fresco. Valore intermedio che invece appartiene alla Citroen, la quale per quanto possa fregiarsi il prestigio dell’esperienza, soffre, potremmo dire, di una sindrome dell'”antiquato”, appaiata tuttora ad un passato glorioso, ma pur sempre in crisi di risultati, naturalmente conseguenza di un passaggio storico mal eseguito. La polivalenza, la regolarità, trovano origine a partire dall’alchimia di questi aspetti, in un “cocktail” vincente e -vittimismi a parte- le formule trovano nuovi riscontri ed applicazioni in seguito ai fenomeni di trasformazione del volto del campionato, che trova, infine, nuove espressioni ed interpreti.