Dopo un anno, diciamo così, di declassamento d’oro nel TRA, il Rally Friuli rientra con impeto nel CIR, con un nome nuovo (Rally Friuli Venezia Giulia) che rivela un cambiamento non solo formale, ma anche sostanziale. Riprende la tradizione, mantenendola intatta e la rimescola in modo consono alle esigenze economiche che richiedono percorsi più sobri e limitati. Oggi, più che in altre occasioni, nella tradizione nostrana sportiva servono più vitamine che farmaci. Una tregua da concedere, vista l’eccezionalità del momento. Il percorso sfoggia allo stesso modo la sua grinta, le classiche rimangono intoccabili con qualche variazione che favorisce il principio di rotazione annuale: eliminata la “Valle di Soffumbergo”, rientra la “Masarolis”, permane il cardine del valore storico della gara, un gioiello di un CIR in decadenza. Ed è infatti il doppio volto della gara, che ha raccolto in una “pittura”, tutti la teoria umorale. Di fronte ad un record di iscritti, all’arrivo si segnala solo una S2000, nonostante la presenza di outsiders come Toffoli. Approcci differenti, flemmatici da un lato e dall’altro più istintivi in una gara che sempre e comunque regala emozioni. Da Scandola, appunto, meritatamente campione, con una prova di “ampie vedute”, ad Andreucci autore di una performance di attacco senza confini. Passando infine per i tanto temuti chiodi, ma lo spirito sportivo, il quale perfettamente incarna il concetto dell’equità e della solidarietà, ha avuto il sopravvento, con lo scambio Re-Bosca che lancia un segnale forte, di grande impatto. Una contrapposizione di sentimenti, in parte trascurata dalla lecita attenzione per il primo titolo di Scandola nel campionato italiano. Nel CIR non si può parlare di “Slam”, ma se vogliamo inserire l’Alpi Orientali nelle superclassiche, allora il veronese è a meta strada. Sogno nel cassetto, spezzare il tabù Sanremo, vetrina internazionale per un balzo in avanti decisivo.

PAGELLE RAPIDE-RALLY FRIULI VENEZIA GIULIA

CLASSIFICA DEI PROTAGONISTI

Umberto Scandola 9

Campione assoluto, vincitore indiscusso di un campionato che al suo inizio lo vedeva in forma non eccezionale; il cambiamento Michelin-Pirelli, presumibilmente ha influito nel determinare una situazione di difficoltà. Eppure, nel Rally Alpi Orientali, si legge il nome di un evento e si vede il nastro riavvolto dell’intera stagione. La costanza, prima di tutto, è stata la linea conduttrice di tutta la stagione, con il veronese mai fuori dal podio. Con prove di coraggio, come al San Marino, dove ha sbaragliato la concorrenza e soprattutto il vincitore in carica, Giandomenico Basso. Il nove è più un voto al “film” della stagione che della gara friulana, nella quale è apparso più in chiave conservativa, in una performance improntata, appunto, a salvaguardare una leadership più che solida. A tal punto, con Perico e Basso out, è stata una passerella solitaria, una vera e propria “Triumphal March” di verdiana memoria. La giusta ricompensa per un neocampione, a cui manca il tassello Sanremo. Sarà un esame importante, forse più di tutta la stagione, per comprendere se effettivamente la destinazione potrà essere l’Europa. TRIONFO

Andrea Nucita 8½

Eterno rivale di Campedelli in Italia e forse, ironia della sorte, possibile promessa nostrana in una delle categorie del WRC. Un’altra vittoria strappata con forza: prima battendo sul campo l’avversario in evidente difficoltà psicologica, in seguito approfittando anche del calo di rendimenti degli pneumatici del team-mate Citroen, infine la doppia foratura dai contorni dubbi. Il siciliano, nell’economia generale della gara, mette insieme tutte le risorse a propria disposizione, per eccellere e conquistare una piazza d’onore insperata. In una performance che si distingue per notevoli capacità di amministrazione del vantaggio, fra l’altro, poiché l’Alpi Orientali 2013 è stato un ginepraio con pochi precedenti. Resta la prima vittoria nel Produzione, la quale lo vede lanciato verso il titolo, con soli tre punti da limare ad Alessandro Bosca. E la carica casalinga del Targa Florio sarà un surplus notevole. TENACE

Paolo Andreucci 9

Fra le “piccole”, anche in evidenza il toscano sulla R2: un dominio costellato dalla cristallina superiorità mentale e soprattutto tecnica di Andreucci, il quale, dopo alcuni mesi alla ricerca del feeling, riesce a capovolgere la 208 con maestria, facendo emergere davvero tutto il potenziale di una vettura agile ma pur sempre con forti limiti. Il classico del driver che sopperisce il gap del mezzo, nella sempre viva immagine della titanomachia. I problemi elettrici hanno fermato la corsa ardita verso il podio, ma non hanno consumato lo spirito del combattente. Stagione tutt’altro che in sordina, più protagonista di sempre, perché il vero campione è quello che si applica ovunque, il “Leone” spicca specie quando è in difficoltà, qualora sia necessario il celeberrimo “valore aggiunto”. DUTTILE

Simone Campedelli s.v.

Prosegue il periodo nero di Campedelli, dalle tinte plumbee, una caduta profonda da cui non c’è, come ammesso dallo stesso pilota, una ragione attualmente che dimostri un’inversione di tendenza. Le speranze non si sono del tutte estinte, giacché con il Rally di Francia da disputare e Sanremo si può ancora rivitalizzare il “periodo no”. Tuttavia, il Friuli resta inequivocabilmente in linea con quanto appena affermato, con Nucita più in forma, sia sul passo che sulla regolarità. Una situazione che evoca il 2011, vissuto a parti opposte, segnato da parabole ascendenti da un lato e discendenti dall’altro. E’ il gioco dell’inversione, conseguenza certamente di una crisi la quale ha più riscontro sul piano del rendimento piuttosto che della prestazione. In dubbio le forature, forse causate dalla possibile presenza di chiodi in pista.

Giandomenico Basso s.v.

Anche il ritratto della stagione di Basso del 2013 risulta arduo da ottenere, perché di fronte all’indiscutibile superiorità, palpabile nelle prime prove del Rally del Friuli, l’ennesima uscita di strada racconta in sintesi la sua stagione. Con successi molto prestigiosi, al Ciocco, al Vinho de Madeira, ma non si può altrettanto affermare per le restanti prove. Non si dimentichi le uscite di strade, ben tre, che hanno influenzato probabilmente gli obiettivi dell’anno. Manico, talento, soprattutto esperienza in dote, purtroppo vanificati da un approccio indecifrabile, fra la voglia di strafare e di portare a casa il risultato.

Stefano Albertini s.v.

Un quadro altrettanto pessimo, da fondo del barile, per Albertini, che chiude il terzetto dei “senza voto”. Invitiamo infatti i lettori ad osservare come la lotta del bresciano si sia svolta contro il proprio mezzo stesso, a partire dalla rottura del semiasse, i problemi alla trazione e all’alternatore. Si vanno a coinvolgere diversi ambiti tecnici, dalla meccanica all’impianto elettrico, in una sorta di persecuzione senza sosta e senza pietà. –Buoni i tempi- ma la sensazione per Albertini, oltre all’amarezza, deve essere stata quella dell’incredulità.

Terzetto R2, voto 8

Chiudiamo la consueta analisi con l’interessante gruppetto racchiuso in una ventina di secondi composto da Carella, Brunello e Andolfi jr. Precedentemente era stato Crugnola a dettare legge, ma con l’assenza del primo della classe, la staffetta è passata in mano agli altri, fra il campione R2 Gordini e l’ex pilota del WRC Academy. Un “botta e risposta” a distanza, conclusosi con il prevalere dell’outsider Carella, più tonico e aggressivo sul passo. Un duello del resto, sul filo dei decimi, conclusosi con un vantaggio di poco più di un secondo. Anche le lotte di chi si confronta in silenzio, nelle retrovie, hanno un fascino, ovvero quello del “nulla da perdere”, in un contesto di giovani particolarmente irruenti.