La seconda tappa della Dakar si apre all’insegna di un percorso molto più veloce di quello proposto ieri, che ha ricevuto feedback disparati, dal più critico Sainz ai più divertiti motociclisti. D’altronde era quella la loro tappa, stretta e tortuosa, mentre hanno patito ben maggiori difficoltà i drivers di auto e camion, obbligati a compiere sorpassi estremi, il rischio veniva esasperato dalla limitata sede stradale.

Vi riferiamo, brevemente, di quanto è avvenuto ieri nel finale di tappa, con il primo successo fra i camion andato al russo Mardeev su Kamaz, separato da Loprais da un’inezia, appena dieci secondi. Terzo Van Vliet su MAN, il cui compagno, Versluis, è già naufragato a tre quarti di ora dalla vetta. Il quartetto Iveco è tutto compreso nelle prime dodici posizioni: in sordina la punta Stacey, mentre De Rooy, particolarmente cauto, è arrivato ad appena un minuto e mezzo.
Del resto, fin da subito il Team Petronas Iveco ha sempre puntato su una gestione equilibrata delle proprie risorse, nessuna cupidigia dettata dalla voglia di strafare. Il vincitore della passata edizione, Nikolaev, erede del gigante Chagin, è solo quinto.

Per quanto concerne la tappa odierna, segnaliamo in primo luogo qualche spunto circa il percorso, suddiviso in un primo troncone sterrato, abbastanza veloce ed un secondo sabbioso, le cosiddette “dune grigie” particolarmente insidiose ed impegnative, che si estendono per ben cento chilometri: è innegabilmente la giornata più adatta per tastare i propri limiti, un vero e proprio test della verità.
Una prova integrale, la quale, come andremo a vedere, ha già sentenziato le prime condanne. E’ ancora troppo presto per esacerbare il proprio ritmo, il colpo di reni, allo stato attuale, non è indispensabile per raggiungere un successo che dista ancora 8500 km.

Sulle moto, Honda bissa il successo della prima tappa, vincendo in questa occasione con Sam Sunderland una prova dura e aspra, termometro di un primo andamento della gara. Gloria per l’inglese, ma resta saldamente primo Barreda Bort: lo spagnolo ha proseguito nell’attacco senza calcoli, chiudendo a due minuti, mostrando nel complesso le stesse volontà del 2013, prendere la vetta sin dall’inizio, imponendo il ritmo. Fra le KTM ufficiali tinte plumbee, se non per Lopez Contardo, a mezzo minuto dal vincitore di tappa e secondo nell’assoluta.
Continua invece la sua marcia stakanovista Duclos, il binomio tutto francese con Sherco, quarto assoluto e quinto in prova; chiude quarto il portoghese Faria.
Da rimarcare invece che i mattatori della Dakar, Marc Coma e Cyril Despres, storici portatori di una strategia più “attendista”, chiudono in nona e decima posizione, sul bordo di una soglia psicologica che conduce entrambi ad una distanza dalla vetta rispettivamente di sette ed otto minuti.
Fra gli italiani, in trentacinquesima posizione Alex Zanotti, quarantaduesimo Ceci, fermatosi per diverso tempo a causa di una rovinosa caduta del compagno Salvatierra e parallelamente, il portabandiera Botturi è stato il primo “sacrificio” attraverso le dune argentine. Crollano così le speranze nostrane in un risultato di grande portata. Ad ogni modo, ci sono ancora molti passi da compiere in un ginepraio ancora contorto, qual è la classifica attuale, piuttosto criptica.

Fra le auto, è già giornata di primi crismi e di condanne, anche in fasce alte della classifica, grazie alla prima drastica accelerazione impressa dal più atteso fra i piloti, il francese plurivincitore della Dakar, Stephane Peterhansel, il quale ha messo la propria firma sulla prova e sulla vetta, per mezzo di una performance di stile ed autorevolezza, andando prima a mordere il cronometro sulla terra; in seguito sulla sabbia ha contenuto il forte impulso del sempre ardimentoso Sainz, l’unico capace di rispondere al passo martellante. Il gap dello spagnolo ammonta ad appena mezzo minuto. Torna in auge, dopo le tribolazioni della prima tappa, il sudafricano De Villiers, un egregio terzo posto che rinvigorisce il morale, ma offre una dimensione dello scarso equilibrio della classifica, essendo distaccato di quasi sei minuti.

A pagare un ritardo importante è il terzetto Mini Roma-Al Attiyah-Terranova, valente sullo sterrato classico, in sofferenza sul percorso meno tecnico odierno, con ritardi che vanno dai sette minuti dello spagnolo, bravo nel recuperare una forbice con il francese già marcata nella prima sezione, fino ai tredici dell’argentino. Settimo Ronan Chabot, ottavo Lavielle su Haval: il francese consolida la buona competitività del mezzo di derivazione cinese e, contestualmente, il vincitore della prima tappa, Carlos Sousa, spegne subito la fiamma dell’entusiasmo, a causa di una rottura del turbo sul motore della propria vettura. Un leitmotiv ormai tradizionale, nuove vetture implicano anche l’emersione di disparati inconvenienti tecnici, anche fra i più banali. Ed è così che si spezza l’ambizione, ancora sul trampolino di lancio.

Tappa ricca di pathos nelle retrovie, dove crollano con margini grossolani Holowczyc e Villagra, ad oltre mezz’ora, il brasiliano Spinelli, nel primo split molto competitivo, in seguito caduto nelle trappole della sabbia, mentre Alvarez su Ford è nono, a ben 26 minuti di ritardo!; l’americano Gordon, dal suo canto, perde un’altra ora, etichettando in modo irrimediabile la sua performance.

Fra i camion tappa in corsa, con uno split intermedio che rivela una riscossa dei “piccoli protagonisti”: comanda Siarhei Viazovich su Maz, seguito dall’altra sorpresa Shibalov. Continua la sua ottima cavalcata Ales Loprais, comunque a cinque minuti dalla vetta. Sintomi di un limpido andamento, già irto di colpi di scena, un grande affresco per una Dakar densa di difficoltà…

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