Dopo la dura speciale di ieri, la Dakar affronta, in ambito quattro ruote, la sua prova più lunga ed estenuante, ma non dimentichiamo anche le fatiche dei motociclisti, giunti nella seconda fase della tappa marathon: un frangente critico, improntato ad una logica di puro logoramento, essenza di cui è intrisa la Dakar. I piloti di moto e quad, dal loro canto, sono stati costretti a svolgere la messa a punto dei loro mezzi in modo autonomo, privi di assistenza tecnica.
Numerosi gli inconvenienti, accentuati da quella che è la nuova fisionomia del rally, che nell’edizione 2014 si distingue per una dilatazione anomala dei distacchi, fa della navigazione accorta un cardine e un principio fondamentale, favorendo la nascita di uno spirito totalmente rinnovato. Le dune peruviane dell’anno scorso avevano, sin dall’inizio, sconvolto gli equilibri, impedendo dunque la possibilità di un rimescolamento della classifica, già fortemente compromessa sul piano dello “spettacolo”.

Viceversa, come stiamo osservando giorno per giorno, sin dalla presentazione del 20 novembre 2013, i colpi di scena non mancano e, tuttavia, la lotta resta aperta, anche agli exploiters; fra le moto, si potrebbe osservare, è il momento degli attaccanti più indomiti, c’è una straordinaria ramificazione di approcci. Ed è pure vero che la giornata di oggi ha le tinte della Spagna, con il successo di Pedrero Garcia, finito nella tappe precedenti fuori classifica e ritornato meritatamente in auge grazia ad una prova maiuscola, soprattutto ostinatezza e resistenza fisica intensa, affiorata nella coppia 3^-4^ tappa, che ha messo alla prova i motociclisti, nella sottile barriera fra umano e sovrumano. Ad essere beffato è stato un altro pilota bellicoso, Chaleco Lopez, che ha chiuso a soli 29 secondi: distacco irrisorio che consente di colmare parzialmente un distacco comunque consistente. Negli ultimi dodici chilometri, invece, affonda Despres, che perde mezz’ora, per cause non ancora note, precipitando in sedicesima posizione assoluta. Il rivale Coma può sorridere circa la propria situazione in classifica, secondo a tre minuti dal leader, frutto dell’arte del “virtuoso”, che può rimanere privo della controparte.

Bene il cileno Israel Equerre, ottavo assoluto e quarto di tappa, rimonta un Olivier Pain tuttora incolore, seppur nella top five, mentre Barreda Bort dissipa un “tesoretto” di minuti di vantaggio a causa di un errore di navigazione, ma il primo posto resta saldamente suo: frequenti le sviste, che hanno impresso un “marchio” nelle ultime due giornate. Alla fine, è solo sesto, ma l’unico ad aver messo in difficoltà il binomio Coma-Despres. Certo è che l’arrivo di soli novantotto mezzi fra moto e quad, è indicativo di una tendenza “distruttiva” delle prime tappe, specie per i debuttanti.

Sulle auto, vittoria di Carlos Sainz, che, a dispetto di quanto dichiarato nel pre-gara, ha subito rotto gli indugi, prendendo in mano le redini di una classifica in torsione su sé stessa, incapace di trovare un interprete capace di sintetizzare al meglio le prime tappe; tuttavia, in quanto nessuno è stato esente da errori, spiccano le ragioni per le quali le redini siano state prese dal più lungimirante Sainz, il quale, evidentemente, ha deciso di forzare solo se in piena confidenza con il buggy. Efficace sulle dune del Nihuil, la carica anche sullo sterrato è giunta inattesa, cogliendo impreparati i rivali Mini, autori di un monopolio di tutte le piazze più rilevanti, dalla seconda alla sesta. Peterhansel guida il quartetto, a sei minuti dall’ex campione, prosegue un Al Attiyah meno alacre rispetto alla consuetudine, ma l’unico a poter vantare una costante presenza al top, rispettando la volontà di porre un freno all’istinto. Prosegue la singolare prestazione di Villagra, a metà prova in lotta per il successo di tappa, scalatore di una classifica in via di definizione. Più staccati Roma e Terranova, oggi non particolarmente briosi; Giniel de Villiers, solo settimo, è fino ad ora il grande assente dell’evento. Ottavo Lavielle su Haval.

Categoria camion, segnata ormai dall’elemento del duello perpetuo Iveco-Kamaz, non di rado trovatisi affiancati, che consacra anche nel 2014 Gerard De Rooy, autore di una prestazione magistrale sull’Iveco Torpedo prodotto di una sempre più raffinata preparazione; è l’olandese il vincitore della quarta tappa, davanti ad Andrey Karginov (Kamaz), tempra da vendere e sapiente nell’ostacolare ad oltranza la cavalcata solitaria del binomio Iveco-De Rooy. Beffato al termine della prova, arriva ad un minuto e mezzo di ritardo. Decisamente più esteso il gap di Eduard Nikolaev, il discepolo dello “Tsar”, ancora incapace, nonostante il successo targato nel 2013, di firmare una prestazione autorevole, soffrendo la presenza dei più ingombranti compagni di squadra. Manca il guizzo ed è pesante il ritardo dall’olandese, di cui dovrebbe essere il primo antagonista, quantificabile in quasi un’ora. Quarto il sempreverde Kolomy su Tatra, quinto il team mate Iveco Stacey, il quale ha vissuto una prima fase della Dakar decisamente tribolata, mentre è solo sesto Marcel Van Vliet su Man: sempre molto efficace ad ogni partenza della Dakar, paga l’assenza di continuità ed i trentasei minuti di gap ne è la più limpida testimonianza, pur conservando il secondo posto assoluto. Ottavo l’exploiter Shibalov, nella giornata odierna sottotono, nono Ales Loprais, fra crisi di risultati e la difficoltà di dare profondità alla propria azione. Ultima ancora, la sabbia cilena, ideale per rimontare, sul quale il Tatra dovrebbe svettare.

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