E’ innegabile, il coacervo di trappole è affiorato tutto fra la quarta e la quinta tappa, fra le più difficili, ma non ancora decisive nell’economia generale della gara. Una vera e propria accozzaglia di insidie disseminate nel percorso, per lo più non materiali: le trappole, così le abbiamo definite, vanno ricercate nella navigazione, in questi giorni particolarmente impegnativa ed esacerbata. E’ il leitmotiv di metà settimana: a fare vittime non è un tracciato che, seppur nella vastità di avversità, non si è ancora manifestato nella sua pienezza. Il grado di difficoltà è elevato, ma non ha ancora raggiunto le sue punte più parossistiche, di violento impatto sugli equipaggi. E non c’è confronto che regge fra le tappe dell’anno scorso con quelle odierne, le complicazioni vanno ricercate nel crudo percorso, nella sua natura selvaggia, che fonde in unico nucleo abilità di navigazione, oggi messe duramente alla prova, abilità di guida e senso dell’intuito. Ed è così che i più fidi navigatori assumono il ruolo dei condottieri, da saggi consiglieri ad autentici trascinatori dell’equipaggio.

Partiamo, come di consueto, dalla categoria moto, che ha visto un Marc Coma più in forma che mai: per motivi di sicurezza, tappa dimezzata senza neutralizzazione centrale, ma ciò non muta nella sostanza la dimensione di una giornata, con un taglio apocalittico: il sagace ed astuto spagnolo è stato l’unico a condurre una performance da unicum, è un’opera che offre un senso di compiutezza ultima, tale da consacrare Coma, oltre che vincitore di tappa, leader della classifica, recuperando ben tre quarti d’ora dall’ormai battistrada Barreda Bort!

La prima guida Honda è incappata nell’ennesimo errore di navigazione, vittima, come tanti altri motociclisti, di una tappa quasi interamente sabbiosa, priva di coordinate precise e punti di riferimento: oggi, a prevalere, è stato il “sesto senso” dei piloti, quell’arte del procedere per sottigliezza ed istinto, in cui ogni valore che non sia umano viene meno, affidandosi ad un bagaglio di risorse personali, il quale, dunque, ha condotto in seconda posizione il team mate KTM Viladoms, a ben dodici minuti in appena 220 chilometri. Segue l’exploiter, che si conferma attento ed oculato, Przygonski; la prima Honda è quella di Rodrigues, quarto. Positive le prestazioni di Van Niekerk e Salvatierra, mentre Pedrero Garcia, pur essendo stato autore di una svista, è sesto a trentaquattro minuti. Diciassettesimo Barreda Bort e diciottesimo Despres, che hanno posto la firma su due “pasticci”: con quaranta minuti a testa dilapidati in giornata, l’uno consegna testa della gara, accumulando in un colpo solo un ampio distacco, l’altro raddoppia il proprio gap, dopo essere stato tradito ieri dalla sua Yamaha.

Categoria auto contrassegnata da un fenomeno del tutto analogo a quello delle moto, con proporzioni ancora più bibliche, tappa su cui ha impresso il proprio nome Nani Roma, già vincitore appena due giorni fa, che ha sempre sintetizzato quell’ala della Dakar nostalgica, non improntata alle tappe da perfezionisti, bensì aperti ad un formato più flessibile, in cui rientrino tutte le doti di un repertorio vasto e duttile.

L’intelaiatura della prova odierna è pertanto targata Mini, con un poker vincente nell’assoluta in realtà confermatosi ad ogni intermedio, una vera fortezza di fronte al solitario Sainz, il quale, anziché affrontare da protagonista la tappa, come da previsione, si è perso nel primo settore, smarrendo completamente la via e rilanciandosi solo dopo aver accumulato un’ora; una banale semplificazione bollarlo come un autogol. E’ stato piuttosto un disorientamento totale, a cavallo fra chilometro 160 e 170, un labirinto dal quale è uscito con un gap davvero troppo esteso. Le Mini hanno, invece, mantenuto tutte un’andatura serrata, imponendo ritmo e regole: tuttavia, sia Terranova, sia Al Attiyah che Peterhansel hanno consumato dai venti ai trenta minuti per sbrogliare la matassa del tracciato. Nani Roma, decisamente più avveduto, ha mantenuto un passo gara consistente lungo tutto il percorso, così come Giniel de Villiers, secondo e finalmente ritornato nei piani alti, nella consapevolezza di poter “mettere in cassaforte” un vantaggio prezioso, un bottino che lo candida, dopo due anni vissuti in parte in ombra, ad essere l’uomo dalla voce forte in casa Mini. Pur cedendo ai rivali qualche minuto nel finale, lo spagnolo incassa leadership e trentasette minuti su Al Attiyah. Chiave di volta della Dakar sarà proprio un’ottica del risparmio: riuscire, anche avidamente, a raccogliere tutti i minuti persi dagli avversari sul terreno, coniugando resistenza fisica e psicologica ad un’andatura anche tesa all’economia, talvolta alla rinuncia.

Chiudiamo con i camion, i quali nel loro fascino ancora più esasperato, più rude, si sono trovati a loro agio sulla sabbia, tendenza sempre rispettata e comprovata dal cronometro: il vincitore odierno, il giovane Sotnikov su Kamaz, ha eguagliato il terzo tempo assoluto delle auto, che spetta a Robby Gordon. I russi, che non guardano più indietro, hanno rafforzato lo squadrone, con nuove munizioni, rivelatesi di prima scelta, nonché audaci. Il pilota sopra indicato ha inflitto appena tre minuti a Karginov, che prova ad incalzare De Rooy con una strategia tutta improntata all’attacco ad oltranza; ad ogni modo, l’olandese chiude a dodici minuti dalla vetta, confermandosi accorto traghettatore in una fase delicata, lasciando la scena ai più agguerriti. Quinto e ancora parzialmente tiepido Nikolaev, il quale dissipa altri ventiquattro minuti e si porta a distacchi sempre più insostenibili; quarto invece il kazako Ardavichus, afflitto da problemi disparati nelle prime tappe ed ormai totalmente tagliato fuori dalla top ten. Settimo Vila Roca ed ottavo Hans Stacey, tuttora in difficoltà nell’esprimere e nell’affermare tutta la propria esperienza.

Domani la carovana si muove in direzione Salta, che ospiterà il bivacco per il giorno di riposo.

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