Riparte il WRC con l’appuntamento di Montecarlo, una delle grandi perle del campionato, ormai fra le poche rimaste, dopo la tanto barbara quanto inevitabile esclusione del Rally Acropolis; per un pilota come Ogier, che ambisce al Pantheon, quello delle leggende, il Rally Montecarlo non può non finire nel carniere di un cacciatore che, come il francese, è andato formandosi proprio fra le strade delle Alpi Occidentali, nei pressi di Gap. Ma non soffermiamoci sui piloti: la chiave di lettura offerta dall’evento è a portata di mano: è uno squarcio di come la bilancia del WRC sia ancora squilibrata a favore di Volkswagen, ma che non ripropone lo stesso spaccato prospettico così fosco, come poteva risultare quello del 2013. Ford e Citroen non hanno esaurito le assai celebri munizioni; le novità, Meeke ed Ostberg per un marchio, Evans e Kubica, sono frutto di un rimpasto importante nella squadra, il cosiddetto profumo del vento della modernità che ha stimolato i direttori sportivi delle rispettive squadre a plasmare i loro team. Un’opera demiurgica, rischiosa ed inevitabile, per poter rispondere al ritmo di Volkswagen, che detta ritmo e regole. Nuova linfa vitale, che se da un lato riporta in alto i britannici nel WRC, dall’altro tende sempre più ad estromettere gli scandinavi: un crisma, appunto, un’investitura che però viene dal basso, dalla terra, che mette a nudo le capacità, fino alle punte più esacerbate. E’ il volto di un mondiale che cambia, con il baricentro che tende sempre più verso l’Europa continentale.

 

 

CLASSIFICA DEI PROTAGONISTI

Sébastien Ogier 10
Volkswagen 8½

Fra le gare del campionato vinte da Ogier, dopo le serie straordinarie di successi del 2013 ed un punteggio che sfida la storia, mancava il Rally Montecarlo, un buco, il noto fascino del vuoto, opportunamente colmato, ripartendo da dove il francese si era fermato, andando a raggiungere un risultato che supera il formale e ha un significato fortemente simbolico, quella quota 17 che apparteneva a Biasion ed è sicuramente il primo traguardo di una scalata, comunque, tutt’altro che agevole. Lo abbiamo definito nell’anteprima un predatore, ma in realtà Ogier vanta qualcosa in più, l’arte del saper vincere, l’esprit francese, con sfumature fatte di eccessi che ne lodano l’operato. Se straordinaria è stata l’opera nelle sue fasi iniziali, essendo costretto ad aprire la strada sul fondo misto, fatto di fango e neve, ma altrettanto densa di rischi, e ne è la più lampante dimostrazione la serie di sbavature, anche macroscopiche, la partita vera si è giocata nel recupero, l’humus per il francese, che nelle strade di casa ha trovato il terreno fertile per la sua rimonta, in cui ha scardinato le certezze degli avversari più arguti. Esuberante, ma senza eccessi. L’enfant prodige spiazza ogni rivale, una risalita drastica, violenta, che nella difficoltà e nel senso di variabilità del Montecarlo 2014 coglie la sua forza maggiore, decifrandone l’enigma complesso. E non è un successo di squadra, questa volta.
TAUMATURGIA

Bryan Bouffier 9

In un’edizione dai forti connotati francesi, non poteva mancare la firma autorevole di Bouffier, che in materia di gare che hanno le sembianze delle “scatole cinesi”, è forse lo specialista di maggiore prestigio, un vero lettore fra gli ostacoli del Montecarlo, l’interprete per antonomasia delle condizioni in continua mutazione, trampolino di lancio metaforico per tuffarsi in quello che è il terreno più affine, perché se Bouffier è ormai un pilota poliedrico, non ripudia le proprie origini di asfaltista e soprattutto di tattico, la fama di sapersi infilare nel ginepraio francese; finito il tempo dei calcoli, che pone tutti sullo stesso piano, in modo indifferenziato, non è più bastata la risorsa umana. Se ne è accorto il francese, che pur disputando una seconda tappa che ne ha ulteriormente dato lustro, ha anche rischiato di ritirarsi, capitolando infine alla superiorità del connazionale. E’ il primo degli altri, ma soprattutto sconfigge i piloti “di categoria”, innalzandosi ad ambasciatore del Montecarlo, che fluisce nella sua personalità. FINE CALCOLATORE

Kris Meeke 8
Citroen 8

Nella sfilza di piloti che cercavano conferme dal Montecarlo, figura sicuramente Kris Meeke, il britannico che dopo il successo nell’IRC si era smarrito fra progetti mai decollati e opportunità dissipate nel WRC. Eppure, per un principio che incarna perfettamente il senso dell’occasione, un britannico, finalmente, ritorna ai vertici del mondiale rally, su un fondo il quale non è propriamente conforme alle doti di Meeke; è inoltre inserito in quella che è l’architettura del rilancio Citroen, che dopo lo shock del 2013, vuole ripartire, da un modello tipicamente Ford, attraverso l’impeto di due volti nuovi. Ergendosi a condottiero di rara forza, si mette in luce e guadagnando credito sui detrattori dell’operazione che l’avevano bollato come un riciclo. Non è l’anti Ogier, ma l’atto con cui riporta Citroen sul podio è significativo, rientrando in quel novero di piloti che ha ricevuto un crisma, una consacrazione che ha il valore del liturgico. Fondendo le speranze francesi a quelle britanniche. CONSACRAZIONE DEFINITIVA?


Mads Ostberg 7½

Non priva di valore simbolico è anche la performance di Ostberg, autore di una prova non allo stesso modo brillante, più giocato sul rilievo della continuità; un’ottica stakanovista: non è stato ancora trovato il grimaldello, il passepartout per scavalcare un 2013 da annus horribilis, l’ombra è ancora soverchiante, mentre il passaggio a Citroen implica un ruolo tutt’altro che di secondo piano. Anzi, con il Rally di Svezia incombente, dovrà rovesciare il tabù Citroen, che mai ha amato sul profilo tecnico la neve e tentare di vincere, porsi in antitesi ad un Ogier intento a monopolizzare le prime gare. Al Rally Montecarlo affiorano tutte le difficoltà del caso, a partire da un brivido sulla prima prova, ma il vigore e la passione con cui spinge il carro, non ancora quello della vittoria, tuttavia, con il team mate, non possono che essere oggetto di elogio. Sia per il norvegese, che per Citroen, è una ripartenza dal basso. RIPARTENZA


Jari-Matti Latvala 7+

Altro straordinario lettore fra le righe del Montecarlo, ne è anche eterna vittima: con gli errori commessi, non senza un certo clamore, dai top team, nella scelta degli pneumatici e il conseguente obbligo di procedere ad un setup a chiasmo, incrociato, ma il finlandese ne ha sofferto in modo evidente gli effetti. Tutti i tentativi di recupero, non sono bastati per colmare un gap eccessivo, sufficienti per recuperare in zona Cesarini una top five, prodotto di genio e sregolatezza. Sul piatto, pesano peripezie, fra cui una foratura sulla Sisteron-Thoard in salsa rivisitata; resta il pilota di tutto, degli appassionati, ma l’organicità della performance è il tallone d’Achille, ancora una volta, dell’ex vicecampione del mondo. EQUILIBRIO PRECARIO

Elfyn Evans e Andreas Mikkelsen 6½
Ford 7½

Le future promesse, i colpi da riservare, gli assi nella manica di Ford e Volkswagen, aghi della bilancia di un WRC in via di assestamento. O forse il frutto più maturo del proprio vivaio, germogliati a lungo nelle serie minori e scagliati in una categoria che non fa sconti: il britannico, così come il norvegese, percepisce quanto i talenti così come vengono coltivati, sono anche scartati. Una logica darwinista, una selezione naturale indistinta: sotto questo principio, le rispettive specie hanno salvaguardato il proprio ruolo all’interno della squadra ed in particolare Evans si è messo in luce per un immediato pragmatismo nell’affrontare la prova monegasca. Scotta molto di più il sedile di Mikkelsen, invece, che all’opposto, si muove in un’altra direzione, in una parabola discendente, che non è affatto tesa ad una fuoriuscita dal tunnel più oscuro, quello che conduce allo smarrimento, all’assenza di un punto di riferimento. Il settimo posto, rimediato dopo un recupero incerto e costellato di errori, tratteggia la figura del norvegese. STRADE OPPOSTE?

Jaroslav Melichàrek 6

Se da un lato il rivale-compagno di squadra Martin Prokop, atteso per le sue discrete doti di guida sull’asfalto, l’esperienza del Montecarlo è finita subito, per un problema all’alternatore, dall’altro Melicharek porta al traguardo la vettura, affrontando i titani del Montecarlo, le classicissime che sono l’ostacolo più grande per un debuttante. Ed è dunque ottimo l’ottavo posto, ritagliato fra i ritiri di alcuni top drivers e fra i loro errori, districandosi fra le trappole della gara; un testacoda sul Turini sommerso dalla neve, non ha impedito la conclusione di una marcia sofferta, ma riuscita.

Yuriy Protasov 6/7

L’ottimo pilota ucraino, che riparte, questa volta, con l’intento di vincere il WRC2, si lancia nell’esperienza mondiale, non senza un margine di azzardo e di audacia. Ma il coraggio di tentare l’impresa, per l’Ucraina dal valore storico, parte con le giuste premesse, nonostante il Montecarlo sia tuttora una sorta di prologo; soffre la superiorità sul piano del potenziale personale degli avversari, primo fra tutti, Matteo Gamba, tuttavia non iscritto alla serie minore; il successo fugace, comunque, mette in luce quanto sarà dura la sfida per il piatto forte, il titolo, nelle grandi prove, Portogallo fra tutti.

CLASSIFICA NAZIONALE-WRC2

Matteo Gamba 8½

Non è il caso di ricorrere ad incensamenti, ad unzioni con finalità di investitura, fra campanilismi e lodi inopportune; a parlare, questa volta in modo inequivocabile, sono i risultati a tracciare un ritratto di una performance magistrale, oculata sul piano strategico, con scelte e mosse sempre corrette ed adeguate, ma certamente accompagnate ed accostate ad una sapiente ed erudita politica dell’attacco, del blitz sul ghiaccio delle prime prove, mirato ad aggredire la posizione di Burri, satrapo intaccabile delle montagne franco-svizzere, altro lettore di eccellenza, caduto sulla Vitrolles-Faye; dalla seconda giornata, è iniziata, fra le S2000, la guida tricolore la quale supera qualsiasi interpretazione nel merito del significato, in quanto testimonia in modo limpido un’inversione di tendenza, il tricolore nostrano che ritorna, seppur in forma minore, a dettare il primato, le leggi. A vincere, è quella forma artigianale italiana di sport che, in assenza di squadre ufficiali, si rimbocca le maniche ed è capace di costruire con talento e poche risorse. Abilità nell’edificare, con lo stretto indispensabile, sufficiente per mettere in evidenza l’arte del destreggiarsi.

Lorenzo Bertelli 7

Discreta anche l’altra prova dell’italiano, Lorenzo Bertelli, il quale, dopo un anno di traghettamento, è giunto a porre finalmente delle fondamenta per la sua stagione, in dodicesima posizione assoluta e secondo nel WRC2; le peripezie non sono mancate, fra le quali segnaliamo un problema sulla Vitrolles-Faye, che probabilmente ne ha compromesso le ambizioni di vittoria, ma non la valenza. L’essenza di una performance concreta ed una vittoria in palio condivisa con pilota di esperienza, come Kremer e Protasov. L’anno del rodaggio, a tratti struggente, è stato un anno funzionale, per immergersi in modo definitivo nella sfera di un WRC che non fa sconti a nessuno.

CLASSIFICA RITIRATI

Robert Kubica 7

Difficile pesare una prova dai contrasti forti, luci ed ombre, realtà ed illusione, assenza di forme definite; è una prestazione ancora una volta condizionata da un senso di continuità, una lucida consapevolezza delle risorse accostata ad un loro uso improprio. E’ quel che accade spesso per i drivers a metà fra coloro che germogliano e coloro che perdono linfa vitale, tendono a seccarsi, disperdendo quell’enorme potenziale, una fioritura rigogliosa. Del polacco si è discusso tanto, forse fin troppo, e proprio sotto la luce di un’analisi fra piloti “eletti” dal crisma elevato del Montecarlo, risulta arduo collocare Kubica. Perché se è indubbio il valore del pilota, la cui materia non è neppure in discussione, dall’altro canto sarà necessario un percorso di consolidamento dei risultati. E’ la scommessa più grande della Ford, sempre tesa ad accogliere piloti temerari, a tratti alteri. Culla di numerosi azzardi, sicuramente il polacco è il primo pilota sui generis, provenendo dall’ambiente della F1.


Thierry Neuville e Dani Sordo s.v.
Hyundai 7

Si potrebbe, forse un po’ superficialmente, affermare che l’avvio di Hyundai è tutto in salita, fra l’imprudenza di uno ed il cedimento tecnico dell’altro. Un quadro di avvio pesantemente segnato da un handicap significativo, anche perché la discutibile regola del Rally2 –scelto arbitrariamente da ciascun organizzatore- non ha consentito ai due portacolori di ripartire. Neppure il tempo di entrare nel vivo della gara, è vero, ma nel frattempo il rally non ha decretato una bocciatura del progetto, la cui qualità è emersa sin dai primi tempi intermedi. E’ un sapore agrodolce, demistifica i falsi tabù, ma contemporaneamente alla squadra non resta alcun risultato. Per un team, che aveva fatto del pragmatismo e della concretezza un aspetto unificante. E d’altronde, come spegnere la fiamma ardente di un pilota che porta al debutto il gioiello di casa al debutto?
E’ lo slancio propulsivo verso l’alto, l’uno adrenalinico, l’altro più paziente, mutilato da due ritiri improvvisi; è il caso di definirla proprio una “vittoria mutilata”.

Mikko Hirvonen 5½

Al cospetto di una Hyundai che arde, la Ford raggela per una prestazione incolore ed impura di Hirvonen, che dopo la chiusura della parentesi Citroen, ha tentato il ritorno in pompa magna in M-Sport; tuttavia, lo spazio sembra riservato alle nuove munizioni, Evans e Kubica, più convincenti e prestanti, al punto tale che il finlandese è finito per diventare il “ventre molle” della squadra, chiudendo l’anello della catena, di fronte a piloti che il Montecarlo lo affrontano per primi, in modo integrale. Non è una condanna –sarebbe prematuro un giudizio definitivo- ma urge un’inversione di tendenza.


RALLY MONTECARLO: DENTRO IL RALLY

Il paddock Hyundai 7

L’appassionato di rally, nonostante abbia insito uno spirito lecitamente critico nei confronti di un certo qual atteggiamento teso a mimare, in modo non sempre riuscito, lo sfarzo della Formula1, avrà sicuramente apprezzato le funzioni del mastodontico paddock Hyundai. Il quale, per i maligni, è l’ennesimo tentativo atto a sfoggiare una potenza artificiosa, ma che in realtà tenta di ristabilire un maggiore contatto fra squadra e appassionato, un’apertura multilaterale per lo spettatore navigato e per il curioso. Una soluzione che, a differenza dell’hospitality a due piani Citroen, mette in luce piuttosto un certo ingegno pratico.

Rally Montecarlo (8½) e la polemica circa i ricognitori

Decisamente priva di spunti di analisi la piccola e ristretta polemica, circa i ricognitori, che secondo i più, avrebbero spedito i top drivers con le gomme stampo sul ghiaccio delle prime prove, dimenticando quanto il meteo mutevole sia uno degli ingredienti fondamentali del rally. Chiusa una parentesi tutt’altro che stimolante, sotto il cielo saturo di neve del WRC, è ripartito l’evento, che è ritornato ad avere le tinte francesi. Gara che è e rimarrà sempre l’università dell’asfalto, una serie di portate dal valore polisemico: il Rally Montecarlo è la gara degli audaci, ma anche la gara degli arguti. Potrebbe essere l’evento che stabilisce continuità con il passato, contemplando contestualmente la presenza di elementi innovatori, il rientro Hyundai, l’ingresso storico di Kubica ed un’architettura del WRC complessivamente più moderna. Unica nota stonata, nel leitmotiv del Montecarlo, è il ritocco di alcune PS, se non la loro stessa sostituzione, che non deve essere stata gradito a tutti…

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