Due appuntamenti, un trofeo assegnato, un rally rinviato e un campionato minore “pro juventute” che decolla: è questo il profilo grezzo dell’ERC a cui cercheremo di dare un disegno il più calligrafico possibile, fra luci ed ombre di una serie che accorpa nella sua pancia due realtà in eterno conflitto, il “vecchio” e il “nuovo”, la necessità di aprire le porte a realtà emergenti, senza abbandonare i valori fondanti del passato. Retorica a parte, nonostante i primi due rally siano stati esemplari in quanto a spessore e caratura del campionato, rivelando “frange” di eccellenza, il tessuto del campionato non è affatto compatto e coeso; a poco più di un mese dal Rally Acropolis, inevitabili sono le domande, per un percorso d’altronde irreversibile.
E’ davvero l’ERC un campionato maturo, capace di sostenere quel peso insostenibile di accademia per giovani, come anticamera del mondiale rally e valido sostituto delle sue serie minori, i rami più piccoli, ormai non più secchi?

***

Lo Janner Rally, fra i più doviziosi in quanto a qualità contenutistica e tecnica, vanta un repertorio straordinario, incomparabile ed unico nel suo settore, un tal gusto che non ci trattiene dal definirlo una “nuova classica”, perché in fondo l’ERC riscopre una gara che faceva parte del suo bagaglio sportivo, in seguito ripudiata e rientrata inevitabilmente nel nuovo formato. Il nuovo prodotto forgiato da FIA non è esente da critiche, anche a causa di una discutibile operazione di rimpasto del calendario, con un’opera di arazzeria poco riuscito, con un soggetto mal definito e dispersivo, nonché una pessima tessitura, disomogenea e forse fin troppo affacciata all’Est Europeo. Eppure, la scelta di far rientrare l’appuntamento austriaco, è una mossa che certamente ne valorizza la portata, la qualità, come una sorta di “prologo” alla stagione, per le sue caratteristiche atipiche, andando anche a soddisfare quel desiderio di globalità del campionato, che vada a coinvolgere anche le novità del panorama del Vecchio Continente, con importanti ingressi.
L’edizione di quest’anno dello Janner Rally ha messo a nudo una gara diversa, inedita, per la prima volta completamente priva di neve, con fondo misto, con sezioni fangose ed umide, altre in cui l’asfalto presentava dei rilievi ghiacciati: certamente non è completamente scomparsa la natura variabile, impervia e soprattutto il fattore climatico, influenza inevitabile sul rally; tuttavia, è affiorata la carne, il corpo interiore, un altro volto che ha semplicemente ribaltato lo spaccato del rally.
Una percezione sostanzialmente cristallizzata, irrigidita dal manto ghiacciato o ancor peggio denso di neve fresca: quando il rally diventa icona, perno anche di un intero calendario.

***

Tour de Corse, Acropolis, Ypres Rally e il Barum Zlin sono, senza alcuna ombra di dubbio, i quattro mattoni fondanti della serie, senza i quali non si reggerebbe in piedi. Nonostante ciò, manca il quinto pilastro, che a nostro avviso non può che essere il Rally Sanremo, esclusione brutale di un appuntamento che, fino ad ora, ha sempre dato molto alla FIA, ricevendo, in fin dei conti, una risposta chiara. L’Italia è il primo colosso sportivo ad essere vittima di una politica FIA mirata all’espansione dei propri confini –scelta pure condivisibile- ma effettuata in modo approssimativo. Il primo campanello d’allarme si poté individuare nel WTCC, il quale, a fronte di una massiccia operazione di recupero- ha eliminato Monza, vero cardine della stagione. Oppure si potrebbe tornare indietro, con la restaurazione del FIA WEC, che ha condotto l’appuntamento imolese fuori dalla soglia nel 2012. E’ un processo progressivo, che si manifesta in modo irreversibile –la coerenza prima di tutto- lasciando il motorsport nostrano ancora più in crisi ed in avvitamento che in precedenza.
Servono punti chiari, di riferimento, non certo con un colpo di spugna è possibile abbattere l’ossatura portante di un campionato che vive un periodo turbolento e di profonda rinnovazione; un fatto positivo ex ante giacché è di importanza capitale un processo di rivisitazione, che possa rispondere anche a quelle che sono le istanze di rinnovamento dei costruttori.

***

Chiudiamo questo excursus per riprendere in mano l’analisi dello Janner Rally, un’architettura del percorso, rimasto sostanzialmente invariato, preservando dunque tutta la “purezza” di un gioiello, fa della neve il suo elemento distintivo, ma in questa occasione ha dimostrato che, anche in sua assenza, la materia, l’essenza del percorso, non perde una metà vitale. Un test che ha rinnovato la fiducia ad una gara, la quale, come già accennato, ha il diritto di entrare fra le “grandi”, in quello straordinario viaggio d’Europa che compie il campionato nel mosaico culturale del continente.
Per comprendere però il taglio dell’evento, non bisogna ricercarne le caratteristiche nominali, bensì individuarne i punti cardinali al suo interno, rispetto a come è stata affrontata e vissuta dai piloti; le coordinate, non geografiche, in questo caso, bensì sportive, determinano equilibri precisi e delineati; è proprio con una miscela di piloti dell’Europa Centrale che va a formarsi quel triumviro Kubica-Pech-Baumschlager, tre portacolori distinti, simbolo di un’Europa sportiva che cambia, ribaltata nella sua forma, l’immagine ricorrente dei grandi asfaltisti è chiaramente decaduta, come del resto vuole anche la communis opinio. Volti che mutano, dall’emergente Kubica che proviene da una realtà estranea, a due assi come Pech e Baumschlager, l’uno aggressivo e tenace, mordente, al cospetto dell’austriaco, lettore dell’evento di casa con l’ottica dell’esperienza, il prezioso “filtro” che gli ha consentito anche di tenere le redini della corsa nelle prime fasi.
Dunque, spiccano immediatamente le due facce di un evento che, se da un lato mostra con orgoglio la sua casistica, questa sua proprietà dell’essere intermedio, a metà fra il nuovo e il tradizionale, un prodotto che si manifesta apertamente, ma cela al suo interno il “grimaldello”, elemento tipico delle storiche, per sbloccare l’enigma della gara, per trovarne la soluzione. Gode, inoltre, dell’effervescenza di chi ha la consapevolezza di rappresentare una realtà consistente in Europa, una sinergia di caratteri inediti.

***

Il Rally austriaco, tuttavia, almeno in questa edizione, non ha indicato, sommariamente, le reali dimensioni del campionato 2014; piuttosto, è apparso come il rally che ha indicato la retta via, al posto della “selva”, facile da individuare in filosofie stringenti per le squadre; sebbene non sia privo di macchie, l’ERC ha ricostruito il suo prestigio non con la gradualità, bensì con l’arma della determinazione e della fermezza. Scelta che, inevitabilmente, ha prodotto danni e ferite troppo importanti, che abbiamo già segnalato, ma rilancia un prodotto di discreto successo. Non un formato riconfezionato, c’è ancora una sfumatura innovativa, aperta liberamente a qualsiasi categoria, con uno stimolo particolare alla gioventù sportiva, costretta fin troppo spesso a seguire percorsi tortuosi. L’IRC, sotto questo punto di vista, non riuscì allora ad accostare alla propria visibilità mediatica un’opera di riorganizzazione del calendario. Un processo che può apparire di secondaria importanza, ma che in realtà risulta essere il nerbo di tutta la serie, se l’ERC vuole elevarsi ad unica e verace accademia europea; volendo contraddire la tesi esposta all’inizio, il trapianto di gare veloci, come Lettonia ed Estonia, nella pancia del campionato, ha un risvolto assai positivo, che consente di stimolare i piloti su un più ampio ventaglio di percorsi, dunque con finalità che sono anche propedeutiche. L’obiezione più ovvia, però, viene dal valore stesso che l’ERC, se si imposta come un vero campionato europeo, un iter di quello che è il terreno fertile europeo o se ormai la tradizione rappresenta solo una pastoia conservatrice e reazionaria. Nel ridisegnare l’architettura, il cui architrave è ormai differente, è proprio venuto meno l’aspetto nevralgico, una saggia ed erudita fusione di elementi disomogenei, la mancata convivenza di identità in antitesi. E’ la sfida da superare per compiere l’ultimo e definitivo salto di qualità.

***

Resta, infine, da tracciare un ritratto complessivo, ma rispondere alle domande poste nell’introduzione non è possibile, siamo di fronte ad un’aporia, una strada chiusa, senza risposte; quella dell’ERC, allo stato attuale, è una maturazione dimezzata, non ha assimilato e interiorizzato il nuovo, con il rinvio della gara rumena, frangia importante dell’Ice Master Trophy, che sembra essere il prodotto di un gioco non particolarmente riuscito di etichette e nomi. Il suo rinvio è un forte richiamo alla scarsa affidabilità della serie, all’assenza di autorevolezza –pur non essendo affatto partita dalle macerie- che costituisce lo snodo centrale, sul quale gli organizzatori non potevano inciampare. Il flusso dei piloti più giovani rischia di diventare un torrente in secca, lasciando esondare l’altro, quello del WRC2. Così, alla maestosità del progetto WRC, segnato anche da un coinvolgimento televisivo quasi analogo a quello dell’ERC, si contrappone il progetto europeo, che però rischia di non apparire come una lega di due elementi saldi, bensì un prodotto “di bottega”, forgiato in modo approssimativo, una periferia di un contesto ben più ampio. Il filone “Junior”, imbottito da presenze di notevole spessore è l’unico ramo più sano, anche se siamo ancora ai germogli: un “autunno” della categoria potrebbe spezzare un processo ancora fragile, l’unico veramente in pienamente positiva realizzazione, con il Rally Lettonia che ha subito svolto il ruolo di “imbuto”. A tal proposito, non si può che affermare “in cauda venenum”, nella coda il veleno: se quanto ottenuto fino ad ora è un successo parziale, per l’appunto dimezzato, come il visconte calviniano, sarebbe assurdo evocare, per una serie così ambiziosa, che faceva leva sulla tempestività di una sua riorganizzazione intestina, a tratti rivoluzionaria, l’ottenimento di un risultato discreto, perché è troppo evidente la compresenza di componenti in dissidio fra loro, l’effige di un fallimento in itinere.

Copyright © Rally.it: puoi ripubblicare i contenuti di questo articolo solo parzialmente e solo inserendo un link al post originale.