Si ritorna in Argentina per la decima tappa e con il ritorno in direzione Buenos Aires cominciano anche a rivedersi i tradizionali percorsi sterrati e con sé gap molto compatti.

In realtà, la giornata odierna, non ha regalato le emozioni, gli animi si sono raffreddati e l’unico pensiero che può circolare nella mente dei piloti è il concetto tutto dakariano di arrivare al traguardo. Il resto viene dopo.

Non per Al Attiyah, tuttavia, che ha continuato a spingere sul fondo “preferito” e guarda sempre più al successo con serenità: restano solo due tappe “facili”, per così dire, ancora un po’ impegnative sul piano dell’altimetria.
La vittoria odierna consente al qatariota di mettere nel taschino altri quattro minuti su De Villiers, quarto, finito giusto dietri ad un ottimo Al Rajhi, secondo a poco più di tre minuti.
Ormai, in Toyota, si guarda solo a Buenos Aires: due vetture sul podio sono una buona, seppur non del tutto soddisfacente, conquista.
Il momento d’oro sarebbe proseguito in Mini –anche perché Terranova ha concluso secondo- se non fosse per il fatto che Nani Roma, dopo lo sconfortante esito della prima tappa, ha distrutto la sua vettura in un decollo impressionante al km 193. Si conclude una delle peggiori Dakar dello spagnolo di sempre, fra emozioni contrastanti, fra successi e improvvisi crolli. E’ l’epilogo, comunque, di una bruttissima gara, certamente on solo imputabili a Roma, ma non c’è davvero altro modo per definire il letale mix di sfortuna, inaffidabilità ed errori patito dal vincitore della passata edizione.

Se l’arrivo a Salta per auto e camion non è stato particolarmente traumatico, fra le moto è ancora strage di nomi di peso, con il ritiro dell’austriaco Walkner. E soprattutto, a Cachi, durante la sera, non ci sarà l’assistenza: quella di oggi è la prima parte della seconda marathon per le moto, che si concluderà domani. Non c’è il sale, ma il logorio delle componenti meccaniche resta importante e alcuni interventi –anche perché dopo quindici minuti scatta il parco chiuso- non potranno comunque essere effettuati.
Resta il fatto che oggi vince Barreda Bort, su Honda, che d’altronde non ha l’assillo della classifica, seguito a ruota da Coma e da Faria, che torna finalmente nelle prime posizioni dopo una Dakar in sordina. Poco più distante, a due minuti, il debuttante Price, che minaccia ormai con convinzione il terzo posto di Quintanilla. Per un rookie, il podio risulterebbe un risultato di grandissimo rilievo. E’ invece solo quinto Goncalves, che alla chiamata per un duello con Coma ha risposto assente. Solo per ora. E’ il classico temporeggiare, in vista della tappa di domani e delle ultime battute per consumare il gap da Coma, mantenendosi a contatto con il leader senza “strafare”. Tanto, si potrebbe dire, i distacchi si muovono ancora a fisarmonica. Ma Coma difficilmente cadrà nella trappola Honda. E allora finiranno le meline, le tappe al risparmio e di economia improvvisata.

Chi invece si cruccia per un gap che non riesce a ricucire è Nikolaev, sul Kamaz #502, che dopo 350 km ha appena guadagnato quarantanove secondi su Mardeev!
I russi fanno sempre così, amano il confronto muscolare, le prove di forza. E non disdegnano –anzi, lo amano ancor di più- il braccio di ferro in squadra. E’ la storia di tante Dakar dell’ultimo millennio, incluse le ultime tre.
Si tenta, si prova, si cerca di azzannare la preda, si sbaglia e si ricomincia da capo: si confrontano così in Kamaz, schiettamente, senza minimamente preoccuparsi della tenuta del mezzo. Spendono tutto, energie, risorse, fino in fondo: guai a tradire una debolezza, anche solo di facciata. E’ nella cultura di squadra l’accettarsi con prove di forza, senza sottrarsi al sacrificio, ove necessario. Resta il fatto che Nikolaev ha dovuto tenersi sempre il solito quarto d’ora di gap che non riesce a demolire, mentre terzo è arrivato un ottimo Viazovich su Maz. Più distanti gli “occidentali”, con Loprais e De Rooy a cinque minuti.

Domani ci riproverà Nikolaev, ma è certo che il ko non ci sarà. E neppure per Goncalves…

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