Nonostante l’inguaribile ottimismo di Goncalves e il suo “tutto può ancora succedere”, si capisce che ormai si tratta di mantenere accesa la fiamma della motivazione, per lui e per Nikolaev. De Villiers, invece, ha già accettato l’esito della gara. Forse è anche causa di una Dakar troppo rallistica, troppo mondiale, troppo veloce. Va bene, lo spirito africano fa parte di un’altra storia: ha ragione Lavigne nel difendere il suo prodotto. Ma non si può chiudere la Dakar tre giorni prima della sua fine nominale. L’Argentina non può offrire molto in termini di percorsi sabbiosi, ma allora andrebbe riconfezionata per davvero la gara. Con tre tappe da WRC alcuni piloti si sono divertiti di più, altre auto si sono adatte meglio, come la Duster di Spataro a benzina, vettura fluida, non irruente, ma dolce e progressiva nell’offrire potenza.
Se non c’è navigazione, non c’è spettacolo, non c’è Dakar, manca un fattore di rimescolamento.

A dimostrarlo è la tappa delle vetture, con il martello Terranova che a suon di picchiare ha portato un altro successo parziale in cascina. Praticamente, un paio di tappe a parte, tutte le restanti sono state vinte da Mini. E con più piloti, dimostrando la validità del suo pacchetto: Vasilyev, quest’anno straordinariamente veloce nel mondiale, è arrivato secondo. Con più vittorie parziali in tasca e un posto nella top five, l’anno prossimo sarà quantomeno pericoloso per il podio. Terzo Spataro –pilota di grande spessore- sulla Renault Duster, che abbiamo già citato e che mostra quanto sia sufficiente progettare una vetture lineare, ben dimensionata e razionale per fare bene alla Dakar. Qualche rimpianto in Peugeot, considerando che Peterhansel chiuderà quasi certamente appena fuori dalla top ten, comincia ad esserci, ma è presto per dirlo: meglio aspettare il volto della Dakar 2016.
Quarto Al Attiyah, rilassato ma concentrato in una speciale molto tecnica, quinto Ten Brinke e sesto un redivivo Carlos Sousa, che da quando è ritornato a Mitsubishi non ha più giocato il ruolo dell’outsider. Il Sousa di qualche anno fa, anche con Haval, avrebbe lottato per il podio. Nell’assoluta tutto invariato: nei primi sette quattro Mini e tre Toyota, con distacchi ampi e assolutamente consolidati.

Molto più tesa era oggi la gara dei camion, che vedeva giungere al momento decisivo il duello Mardeev-Nikolaev. Se il secondo avesse avuto solo una tappa di navigazione dura, con un percorso dissestato ce l’avrebbe fatta a riprendere la leadership. Nel team Kamaz Master è l’unico che riesce a portare il suo mezzo a limiti davvero ignoti agli altri, come sapeva fare un altro grande russo, Firdaus Kabirov.
Oggi però è scappato l’errore, un fuoripista che è costato qualche minuto –forse cinque o sei- preziosissimo. A nulla è valsa la disperata rincorsa di Nikolaev nel finale, che ha limitato i danni ma si mantiene sempre intorno ai dodici secondi da Mardeev. E’ davvero finita, anche per il campione 2013. Si appresta Kamaz a celebrare il suo terzo vincitore diverso in tre anni.
Chi si consola è Hans Stacey, che rimarrà quasi sicuramente sesto assoluto, ma va a conquistare la sua terza vittoria di tappa, con la possibilità di fare il poker domani. L’Iveco Torpedo è di un altro livello sugli sterrati rallistici, ma soffre troppo i percorsi accidentati. In questi giorni in molti non sono andati al risparmio, eppure nessuno è riuscito a toccare gli olandesi. Chi non festeggia affatto è Gerard De Rooy, rientrato nella top ten ma ancora all’asciutto sul piano delle vittorie parziali. Da notare anche il secondo posto ottenuto da Van Vliet oggi: il risveglio degli olandesi è stato fin troppo tardivo.

Oggi a sorridere è anche il debuttante Toby Price, che consolida il terzo posto, ma va a vincere la sua prima tappa alla Dakar, mettendosi in luce, quindi, per ottime qualità del pilota da enduro.
L’australiano sfrutta anche i problemi di Quintanilla, che dice addio, quasi certamente, a qualsiasi ambizione di podio, avendo concluso ottavo. Secondo di tappa Barreda Bort ad un paio di minuti dalla vetta, seguito da Goncalves –che recupera tre minuti su Coma- Jakes e Svitko, un duetto slovacco molto interessante e da tenere d’occhio.
Sesto proprio Coma, che a questo punto potrà gestire facilmente i diciotto minuti sul portoghese della Honda, in virtù di una tappa non troppo complessa, benché tecnica e ancora molto da enduro.
Fra gli italiani, domani Paolo Ceci potrà conservare la quattordicesima piazza, andando ad eguagliare il miglior risultato in carriera. Gli altri “superstiti” sono Brioschi, quarantaquattresimo, Toia, cinquantasettesimo e Casuccio, cinquintanovesimo.

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