Dopo giorni in cui Toyota cominciava a mettere in discussione la leadership totale di Al Attiyah, ancora prima che di Mini, oggi a dominare alla ripartenza è stato il team X Raid in modo compatto, con ben quattro vetture nelle prime quattro posizioni.

A vincere è stato finalmente Nani Roma, che è tornato a riassaporare il gusto della vittoria: gli occhi dei protagonisti sono tutti proiettati alla classifica e la settimana in corso è quella giusta per le “fughe”, con un termine rubato al ciclismo.
In effetti, ciò che conta, non è l’ennesimo successo, che pure attizza il morale, di Nani Roma, ma il secondo posto di Al Attiyah: con un percorso guidato, ma particolarmente polveroso, la navigazione è stata la chiave di volta della giornata, imprimendo una vera direzione alla gara.
E’ così interamente comprensibile lo sconforto di De Villiers, che si abbandona alla delusione, affermando senza mezzi termini che “è finita”. Poche parole, scolpite nella roccia di una Dakar che prima o poi doveva prendere un verso e ha scelta la Mini o, per meglio dire, Al Attiyah: Toyota non ha nulla da rimpiangere circa il proprio operato, avendo portato una vettura di altissimo livello.
Due errori, fatali, ma decisivi: a cadere per primo è stato Yazeed Al Rajhi, che ha perso mezz’ora, poi lo ha seguito De Villiers con un errore di navigazione al CP9.

E’ un appuntamento che non smettiamo mai di incontrare, ogni anno: la tensione si alza, l’asticella pure. E la distrazione scappa, a volte basta scorrere solo una nota del road book. E’ nella natura delle cose e il qatariota lo sa bene: adesso sarà tutto più semplice, con il sudafricano a venticinque minuti e il saudita a quasi quaranta. E se il secondo può dirsi soddisfatto del podio, per De Villiers comincia a essere pesante l’epiteto di eterno secondo. Se non è un’ipoteca quella di Al Attiyah –e tutti nel paddock ne sono consci- poco ci manca. Tappa di domani a parte, ahinoi, le difficoltà di navigazione tenderanno a sparire, con tappe “da WRC”, molto guidate e con poco fesh fesh.

Buona la terza piazza di Chicherit con il buggy X-Raid in prova in ottica 2016-2017, che dopo una gara test molto dura, si toglie “lo sfizio” di portare in alto il suo mezzo. Quarto il russo Vasilyev, sempre su Mini, mentre bisogna scendere fino alla decima posizione per trovare la prima Peugeot, non quella di Mr. Dakar Peterhansel, in difficoltà, bensì quella di Cyril Despres. Il cinque volte campione in moto ha trovato le energie e la tappa giusta per far valere magari anche le proprie doti di improvvisatore, un po’ intuizionista, proprio come sulle due ruote. Se quarantacinque minuti in una giornata sono un’eternità, è indiscutibile che il francese riesca ad ingranare in alcuni frangenti. E anche molto bene.

Fra le moto trema Marc Coma che vede assottigliarsi il suo piccolo vantaggio, cedendo ancora terreno (in una tappa, ricordiamo, estremamente complessa) su Goncalves. Il riscatto Honda, in fatti, c’è stato e per la prima volta, quest’anno, KTM comincia a subire l’iniziativa altrui.
C’è da dire che le copiose problematiche occorse nella giornata di ieri, anche a dispetto di quanto segnalato, sono state quasi esclusivamente una conseguenza della corrosione provocata dalla soluzione di acqua e sale: dopo una tappa marathon, in effetti, come sottolineato da Barreda Bort, non era il caso di attraversare il Salar d’Uyuni. Se poi si considera che ha piovuto, si può dire che la sorte non è stata favorevole ai piloti, ma è risultata essere soprattutto “cieca”. L’impianto elettrico, con tutti i cablaggi e le guaine protettive consumate dopo un centinaio di chilometri è stato il più torturato e così, alla ripartenza dopo lo stop per il rifornimento, molte moto non si sono più avviate. I danni sono stati diffusi e omogenei e hanno riguardato tutti i marchi: un segnale che certamente non va trascurato. La polemica sul tema –come era ampiamente prevedibile- è stata vivace, ma non c’è stata unanimità nel rettificare il percorso. C’è qualcosa che si è inceppato, anche perché il danno è stato ingente, con tanti –troppi- piloti ritiratisi, da quelli di punta agli amatori.

Ritornando alla giornata odierna, Rodrigues può festeggiare davanti a Goncalves, con Honda che può far vanto di due piloti di notevole caratura. Una manovra a tenaglia, con i trucchi della navigazione che solo i motociclisti sanno improvvisare, può tenere aperta la gara.
Quarto è proprio Barreda Bort, distante quattro ore e mezzo in classifica, mentre con scarti davvero ampi seguono Pizzolito, il regolare e positivo Svitko e Price. Anche Quintanilla, ieri brioso, oggi ha perso terreno: ormai la Dakar è una questione a due, sarà un testa a testa Coma-Goncalves. Domani, forse, ci sarà una sorta di anticamera dello scontro finale. Anche perché poi ci si avvicina all’Argentina, alla pampa secca e poi quella umida, con piste guidate, dove conta più la qualità del “finisseur”, tanto per rimanere in ambito ciclistico. Non è li, insomma, che si recuperano i minuti. E spesso è proprio il colpo di coda finale a determinare il vincitore di tappa.

I camion arriveranno a breve a Calama, ma al CP11 non risultano importanti “scuotimenti” della classifica: Nikolaev e Mardeev continuano a fare il bello e il cattivo tempo, con De Rooy sempre pronto a cogliere un imprevisto, un errore: li tallona ad appena otto minuti di distanza. Più staccato Karginov, ad un quarto d’ora.

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