C’ERA UNA VOLTA, nel 2011, un campionato davvero interessante e propedeutico al WRC. Era l’Intercontinental Rally Challenge. All’interno di esso la lotta era molto aperta ed erano molti i drivers che potevano puntare a vincere le gare: tra questi c’era Juho Hanninen, poi campione mondiale SWRC, Bryan Bouffier, Jan Kopecky, un giovane Andreas Mikkelsen che andrà a vincere la serie ed anche un ragazzotto belga di belle speranze, che zitto zitto quell’anno si portò a casa due tra gli eventi più famosi, il Tour de Corse e il Sanremo. Questo ragazzo si chiamava Thierry Neuville.

Parliamoci chiaro, facile avere l’appoggio di una squadra belga come Kronos quando tu hai la loro stessa nazionalità, ma di sicuro non sono gli ultimi arrivati nel giro e qualcosa di questo sport ne capiscono (non a caso Loeb scelse loro e di rimanere con la Xsara nell’anno di transizione 2006, e Wilson anni dopo ammise che il francese la provò davvero la Focus WRC), per cui se loro ti danno una macchina vuol dire che di talento ne hai, eccome.

2012, si passa a correre con i “grandi”. WRC, Junior Team Citroen. Sembra tutto perfetto; Ogier si è promesso ai tedeschi di VW e in Francia serve un sostituto da fare crescere per poi portarlo nella squadra ufficiale (sulla falsariga di quanto accaduto al campione francese e prima ancora a Loeb). Dopo qualche gara di ambientamento alla serie, cominciano ad arrivare i buoni piazzamenti; qualcosa però si incrina, il ragazzo sul finale di stagione molla un po’ e Citroen non crede più in lui decidendo di affiancare al buon Mikko il figliol prodigo Dani Sordo, reduce dal fallimento Mini, per la stagione successiva.

2013, con VW al completo e Citroen che ha chiuso la porta, l’unica alternativa rimasta è il caro vecchio Malcolm Wilson, claudicante e in cerca di sponsor a causa dell’addio di Ford come team ufficiale. E chi se l’aspetta? La macchina è competitiva, lui ci crede, il team crede in lui. Dopo il solito Montecarlo opaco, il ragazzotto si piazza sul podio in 7 delle altre 12 gare, tra cui 4 secondi posti consecutivi. Se la gioca fino all’ultima prova in Germania con Sordo per la vittoria, finisce per boschi, rientra, arriva in fondo alla corsa. Non molla mai insomma. Termina il mondiale secondo dietro all’extraterrestre Ogier concludendo la migliore stagione della sua carriera, e quel che più conta, togliendosi la soddisfazione di stare davanti ai piloti Citroen.

2014. La Hyundai scende in campo con la I20 WRC, un programma assolutamente diverso rispetto al primo tentativo semiufficiale ma completamente disastroso di una quindicina di anni fa con la Accent. Su chi puntare sapendo che i tedeschi hanno monopolizzato i due migliori piloti del lotto? Nandan sceglie il belga, che in prospettiva è considerato uno dei migliori piloti in virtù anche della splendida stagione precedente in Ford, affiancandolo alla chioccia Sordo.

La macchina è acerba, molto; come al solito il Monte è da dimenticare, lo Svezia anche, ma già in Messico centra il podio che dà ossigeno alla squadra. Il ragazzotto crede nel progetto, la squadra crede in lui; le prova tutte per compensare col talento quello che la macchina non ha, fino a che il destino ti restituisce ciò che l’anno scorso ti ha tolto. Al Deutschland parti malissimo e cappotti nello shakedown; la squadra ti rimette in strada, VW si suicida, Meeke che era tranquillo in testa sbatte e si ritira; e chi vince? Lui, Thierry Neuville. Un lampo nel buio di una stagione di apprendistato abbastanza complicata rispetto alle attese della squadra, ma contro questa VW poco si può fare.

Siamo ai giorni nostri, 2015. Strano direte, al Montecarlo arriva in fondo, quinto, anche se passa in secondo piano visto che l’attenzione è (ovviamente) monopolizzata dai due francesi che come da previsioni decidono di picchiarsi come fabbri regalando al pubblico uno dei migliori “Monte” degli ultimi anni (dura solo 7 prove per la verità, però che divertimento!). Ancora hai negli occhi quella sfida che ci ritroviamo subito catapultati in Svezia, con tre piloti a giocarsi la vittoria all’ultima prova speciale; cose che non si vedevano da anni. La spunta il solito Ogier ma Thierry è secondo davanti a Mikkelsen. Non è come in Germania, questa volta VW c’è, questa volta si combatte per davvero con i migliori. Comincia a leccarsi i baffi perché sa, gliel’hanno promesso, lui stesso la chiede, che quest’anno avrà la macchina nuova, quella da potenziali 4 decimi in meno al kilometro, quella per provare a giocarsi qualcosa d’importante contro il cannibale II.

Purtroppo, qualcosa va storto, l’omologazione della I20 tre porte di nuova generazione ritarda e Nandan e soci sono costretti a navigare a vista rinunciando alla nuova vettura (in versione 5 porte) fino al 2016. E lui dopo l’annuncio ne risente, deluso, molto. Ritirato in Argentina, trentanovesimo in Portogallo, a podio in Sardegna ma dietro al suo compagno di squadra Paddon, quello che crede nel progetto, con il team che comincia ad avere fiducia in lui. Stessa storia in Polonia, con il belga sempre dietro al compagno di squadra, rialza la testa in Finlandia ma nella amata Germania che tanto gli aveva dato l’anno prima e sulla sua superficie preferita strappa un quinto posto opaco, molto opaco, troppo opaco, davanti ai suoi tifosi. Fino a quando il team decide di declassarlo per l’ultima gara di campionato in squadra B, proprio mentre “Hayden is Hyundai”.

E ci ritroviamo oggi con tanti interrogativi in testa, domande alle quali si cerca di rispondere; E’ un problema suo? E’ davvero un talento oppure è solo un buon pilota e nulla più? Perché non graffia? Va davvero piano, è questo il suo limite o sta andando al risparmio? Aveva ragione Citroen a scaricarlo ed era merito della Fiesta per essere arrivato secondo nel mondiale 2013? Perché non cerca di compensare con il talento quello che la macchina non ti può dare come fatto già in passato? Perché non ci provi neanche e dai la sensazione di fare semplicemente il compitino?

Pourquoi, Thierry?

Domande alle quali speriamo il 2016 possa aiutarci a rispondere così da fugare ogni dubbio, con la macchina nuova, con lui che ci crede, con il team che crede in lui.

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