–Categoria auto–
La Dakar 2015 nella categoria auto si sta sempre più stringendo attorno al magico terzetto Peugeot: la gara è molto lunga, come una buona frase di circostanza vuole. In realtà è inutile nascondersi, perché la supremazia francese, su cui nessuno avrebbe scommesso, è ormai una realtà concreta e tangibile, indipendentemente dall’esito finale della Dakar.

Altra cosa erano le pur ottime prestazioni fatte segnare da Sebastien Loeb nei giorni scorsi, affermazioni certamente autorevoli, ma valide per se stesse, come pura dimostrazione di forza. Se però il nove volte campione del mondo rally si impone anche nella prima tappa con accenni di navigazione, ampi dislivelli e fondo rovinato, le prospettive diventano più ampie. O almeno, si materializzano obiettivi prima ripudiati.

A dirla tutta, il francese si è preso il successo di misura su un Sainz che resta a bocca asciutta malgrado l’irruenza “latina”. La sua Dakar però convince e l’ottima prestazione dello spagnolo –che di crediti con la fortuna ne ha parecchi- lo mantiene pienamente in gioco per il successo, a nemmeno metà Dakar completata.

Se il due volte campione del mondo rally si è così piazzato a soli 22’, in leggero ritardo si trova Stephane Peterhansel, che chiude a poco più di tre minuti. Il francese si prende però la soddisfazione di aver sorpassato nella classifica di giornata Nasser Al Attiyah, concludendo a tre minuti netti. Il francese, dal canto suo, può permettersi di giocare con l’elastico del tempo, considerati gli appena otto minuti di distacco messi assieme nei giorni scorsi. E sul veloce, non ce n’è per nessuno.

Il primo ad ammetterlo è Nasser Al Attiyah, che finora non ha nulla da recriminare e può anzi constatare l’ampiezza del vantaggio fra sé ed i team mates. Il sorpasso in extremis da parte di Peterhansel non poteva che avere il sapore della beffa. L’unica risorsa su cui contare, non può che essere l’affidabilità e al più, se stessi: di sabbia e dune ce ne sono ancora molte, il grave problema di elettronica subito da Despres nel finale, costato due ore all’ex motociclista. Battere sul campo la Peugeot, evidentemente, non è più possibile.

Chiude quinto un Poulter che si è rivelato nella due giorni di marathon il miglior conduttore delle Toyota, che pure hanno sofferto molto l’altitudine. I sei minuti sono tanto pesanti quanto sufficienti per consolidarsi nella top five, sorprendentemente davanti pure a De Villiers, il ben più blasonato compagno di squadra.

In sesta posizione si piazza Mikko Hirvonen a 7’42”, le cui prestazioni avrebbero pure molto di buono, ma si trova, ancora una volta, costretto al confronto con un altro debuttante, Sebastien Loeb, fin da subito “il primo della classe”.
Una situazione paradossale, forse –chi può dirlo- ingiusta. Certo è che i successi infilati uno dopo l’altro da parte del francese finiscono per rubare qualsiasi attenzione al finlandese, che sta un po’ stretto nei panni della comparsa.

Dietro a Giniel de Villiers, oggi solo settimo a ben 8’36”, si colloca un Gordon in miglioramento, ottavo di giornata, ma messosi in mostra nelle prime fasi, mediante parziali paragonabili a quelli Peugeot. Grande atteso sulle dune, l’ora di penalità ricevuta dopo la tappa due ne ha in ogni caso annullato qualsiasi ambizione.

–Categoria camion—

Giunge in questi minuti la categoria camion, con un ribaltamento interessante dell’equilibrio finora venutosi a formare: Eduard Nikolaev ha spinto con la logica “dell’ultima tappa della vita”, pratica d’altronde a cui il team Kamaz è abituato e ne conosce l’efficacia. Appena è apparso un fondo in pessime condizioni, i russi non hanno esitato a passare ad una fase offensiva, d’aperto attacco, rifilando ben 2’32” ad un Kolomy che non smette mai di sorprendere e si candida a serio outsider.

A partire dalla terza posizione, si dilatano i distacchi in modo esponenziale: Federico Villagra è a 4’32”, il sempreverde Van Genugten è quarto con un gap identico. L’argentino del team La Gloriosa Iveco ha buone ragioni per sorridere: la prova odierna è sufficiente per strappare per appena cinque secondi la leadership a Peter Versluis
.
Meno convincente è la prova di Mardeev su Kamaz, a 6’, che ben mostra lo scollamento della squadra, privata di quella compattezza che le era propria negli ultimi due anni.

Per la prima volta dall’inizio dell’evento è stata poco pimpante la prova degli olandesi di MAN, giunti al traguardo con il medesimo distacco, 6’41”.
Bisogna scendere sino all’ottava posizione per trovare un De Rooy competitivo ad intermittenza: i 7’27 rimediati bruciano i grandi sforzi dei giorni scorsi, con il minaccioso avvicinarsi di due Kamaz alle spalle nell’assoluta.

–Categoria moto—

Dopo il dominio Honda nella giornata di ieri, con la tripletta Barreda Bort-Goncalves-Benavides, oggi è toccato al poker KTM dettare le regole: Price, oltrepassati due giorni complicati, ha portato a termine una giornata perfetta. Due le variabili fondamentali: affidabilità del mezzo (si proveniva dalla marathon stage) e accuratezza della navigazione.

L’australiano si è portato via così il secondo successo di tappa nel 2016, lasciandosi questa volta più lontani gli avversari: si piazza secondo a 2’23” Antoine Meo, il cui debutto convince sempre di più e va smussando il suo distacco in classifica a 6’49”.

In ripresa dopo una giornata opaca è Svitko; privo dell’appoggio ufficiale di KTM, è tuttavia secondo in classifica ad appena 1’45” dalla testa, proprio davanti di due secondi all’affermatissimo Price, immediatamente selezionato dalla causa austriaca l’anno scorso.

Chiude quarto a 3’21” Matthias Walkner, che malgrado un ritmo finora non esaltante, o se non altro non al livello né del team mate Price né di Barreda Bort, si mantiene lì, a distanza di sicurezza. E fa tesoro dell’assenza di penalità sul suo tempo finale, che hanno già rovinato la gara a qualcuno.

Fra questi certamente vi è Joan Barreda Bort, che ha dato il possibile e l’impossibile nei giorni scorsi, ma ha poi vanificato tutto con sei minuti totali di penalità.
E dopo aver perso per ben due volte la testa della corsa per lo stesso motivo, oggi lo spagnolo ha un po’ ceduto nella fase finale, nella salita che ha portato i motociclisti verso Uyuni, in Bolivia. Non è stata vera crisi, nonostante i 6’ da Price. I contendenti finali sono tutti racchiusi in una manciata di minuti.

Dalla sesta posizione in poi si fanno più pesanti i disacchi: Quintanilla, su Husqvarna, è a 7’, seguito da Jakes e Rodrigues. Il passaggio di diversi rio e di tratti particolarmente sconnessi ha rimescolato in modo decisivo gli equilibri, aprendo le prime fratture nelle classifica.

Il binomio Sherco, composto da Pedrero Garcia e Duclos chiude la top ten, a poco più di sette minuti.

Non sfavillano i due portoghesi con velleità di successo, Ruben Faria e Paulo Goncalves: se il primo si era già da tempo allontano dalle posizioni che contano, l’altro, ufficiale HRC, a dispetto dell’inaspettata –e deludente- dodicesima posizione di giornata, conserva e si tiene stretto la leadership.

Paga lo scotto di una performance assolutamente sottotono l’argentino Benavides, crollato in sesta posizione assoluta a 6’46, oggi solo sedicesimo.

Non esaltanti le prestazioni degli italiani, con Botturi ventunesimo a disagio su una pista “cassant”, in pessime condizioni, nell’assoluta diciassettesimo a 25”, con l’obiettivo top ten sempre più fuori tiro.
Chiude ventinovesimo Paolo Ceci a 15’, mentre Cerutti si posiziona a 17’.

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