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Peugeot: una storia fatta di numeri

Prologo

E’ noto da moltissimo tempo che la Ford T è di fatto la prima vettura mai prodotta in serie. Tuttavia oltre ad Henry Ford e alla Daimler Benz dobbiamo aggiungere un pioniere dell’automobilismo mondiale; Peugeot.

La storia di tale casa automobilistica è molto “strana”, nonché molto lunga. Infatti le origini di Peugeot si possono datare intorno al XV secolo. Nota per la produzione di acciaio, dal 1890 la parigina inizia a produrre vetture, anche se nel 1896 la costruzione di automobili rimase un piccolo reparto nella grande produzione di acciaio per volere di Armand Peugeot, che andò in contrasto con la famiglia, la quale pensava che tale progetto portasse via risorse e non avesse futuro.

Così nel 1887 venne fondata la Société Anonyme des Automobiles Peugeot, autonoma, grazie al grande gesto di Armand che si staccò dalla produzione familiare. Inizialmente i motori erano Daimler, ma dall’anno successivo iniziarono ad utilizzare motori di propria costruzione. Perciò dobbiamo tutto a questo coraggioso signore francese, che nonostante remasse controcorrente al tempo, è riuscito a far arrivare fino a noi una barca a gonfie vele che procede tutt’ora con la produzione di autovetture innovative, lasciando il segno nei rally come vedremo nei paragrafi successivi.

404

Era noto che al tempo le vetture prodotte dalla Peugeot godevano di grande affidabilità e robustezza. Non fece eccezione la 404, che piombò sul mercato mondiale nel 1960 dalla mano di Pininfarina. Godeva di un piccolo motore TN3, da quattro cilindri in linea, con singolo albero a camme in testa, derivato dalla 403. La cilindrata fu portata da 1.5L a 1.6L con un’attenta rialesatura. La potenza stimata spaziava da circa 70 cavalli fino ad un massimo di 85. L’alimentazione era regolata da un singolo carburatore, che però tuttavia venne sostituito negli anni successivi con un più moderno sistema di  iniezione. Il fattore vincente, oltre a quelli elencati inizialmente, era l’economicità della vettura; perciò si dovette abbandonare l’idea di un sistema oleo-pneumatico per le sospensioni, così si rimediò alla soluzione più utilizzata al tempo: schema MacPherson con molle elicoidali e assale rigido per il posteriore, con la presenza di barre antirollio sia al retro che avantreno.

Il cambio era a quattro rapporti sincronizzati, che permettevano alla vettura di viaggiare fino alla velocità massima di 160 chilometri orari. Per arrestarla, bisognava fare affidamento ad un sistema a tamburi, posto sulle quattro ruote.

Al contrario di quanto si possa pensare, questa coraggiosa vettura ebbe una carriera sportiva fitta e gloriosa; infatti sono numerose le presenze al Safari Rally, dove la 404 la faceva da padrone con la sua robustezza in condizioni assai impervie. Prese parte anche all’East African Safari, al BP Rally, Rally del Nilo e moltissimi altri rally in cui impresse il suo dominio di categoria.

504/505 Turbo Injection

Alla fine degli anni ’70 necessitava un nuovo modello alla casa francese, da sostituire alla ormai superata 404. Ciò che ne uscì fu un prodotto totalmente nuovo e piuttosto moderno rispetto ai canoni mantenuti con il modello precedente. La sua carriera sportiva fu proficua e altrettanto gloriosa, ma è opportuno scoprire le doti nascoste sotto la carrozzeria di questa vecchia berlina francese.  Le prime migliorie che saltano all’occhio sono i freni: infatti i tamburi vennero sostituiti e vennero montati dei più moderni freni a disco. Nei primi modelli del lancio il motore disponibile era un discreto 1.8L a singolo carburatore, che sviluppava una potenza di 83 cavalli; parallelamente c’era anche la versione con iniezione meccanica, la quale erogava 97 cavalli. Dal 1970 venne allargata la gamma: venne introdotta la Cabriolet e la Coupè, entrambe equipaggiate con il 1.8L ad iniezione, che dava tuttavia noie di messa a punto.

Il piano di sospensioni fu rimodernizzato, sempre nei limiti del basso costo, estirpando il ponte rigido passando alle ruote indipendenti; la scocca tuttavia risultava ancora portante. Uno sguardo va rivolto alla Coupè, la quale successivamente montò un interessante, ma poco potente, motore della serie ZM V6 da 2.7L. La potenza sviluppata con il doppio carburatore Solex era di 136 cavalli, mentre con l’iniezione meccanica Kugelfischer salivano fino a 144.

Fatta questa premessa possiamo passare allo sport. Nota anch’essa per la sua incredibile robustezza e affidabilità, anche la 504 venne usata nei Rally Raid, ma anche nei campionati Rally, dove venne iscritta al Gruppo 4. Le modifiche furono necessarie per rendere competitiva la vettura: il sistema di alimentazione venne sostituito e rivisto, usando un’iniezione Bosch K-Jetronic. Il sistema di raffreddamento venne rivisto, mentre il motore venne opportunamente lavorato per sviluppare 170 cavalli nella versione TI. Nella versione TN invece i cavalli erano 20 di meno.

Sicuramente d’impatto la partecipazione alla Parigi-Dakar, trampolino di lancio per la vettura, ma anche per le numerose apparizioni nel Safari Rally, Rally del Marocco e Costa D’Avorio. Inoltre molte altre le gare in cui ha impresso il proprio marchio davanti a tutti. Ricordiamo al volante di questa vettura Hannu Mikkola e un giovanissimo Tommi Makinen.

Ho ritenuto necessario inserire insieme a questa pioniera della robustezza, la sue diretta discendente: la 505. Non elencherò i numerosi modelli che vennero prodotti, ma uno in particolare merita attenzione. Nel 1983 venne introdotta la versione Turbo Injection; la particolarità fu che il motore utilizzato non era lo stesso 2.2L messo nella GTI, ma bensì era di derivazione Simca. Per spremere un po’ di cavalli venne montato un turbocompressore Garrett, il quale portò la potenza fino a 150 cavalli. Lo schema sospensivo è sempre il classico usato al tempo sulle vetture stradali; MacPherson all’anteriore con molle elicoidali e barra antirollio. Al posteriore invece troviamo ruote indipendenti, con un braccio longitudinale obliquo, molle elicoidali e barra antirollio. Con il restyling della vettura la potenza aumentò fino a 180 cavalli. Le modifiche non furono sostanziali, soltanto all’esterno si potevano notare i cerchi in lega e le classiche alette anteriori.

205/205 T16

Prima di iniziare a parlare di questa amatissima vettura è necessario fare una premessa.

Dopo i trionfi della 504 (e 505), Peugeot non produsse una vera e propria sostituta di questa vettura (ciò che ci si aspettava era una 506), ma fecero un nuovo modello del segmento C chiamato 605. Poco aveva in comune con l’antenata, a partire dal segmento di appartenenza. Infatti molti appassionati ritengono che la 505 sia l’ultima della generazione “500” della Peugeot. L’ambito sportivo rallistico della casa francese non si fermò, grazie ai piloti privati. Ma possiamo ritenere un ritorno effettivo, ed ufficiale, agli albori di quello che venne chiamato Gruppo B.

La 205 era già nella mente degli ingegneri Peugeot dal 1977; La vettura tuttavia esordì solo nel 1983 ed in Italia solo alla fine di quell’anno. Inizialmente doveva chiamarsi 105 (per mantenere la tradizione dei numeri progressivi), ma all’ultimo momento fu cambiato. Al debutto i motori erano della Serie X proveniente dalla precedente 104. Ma saltiamo i piccoli motori, per fiondarci direttamente alla zona calda: l’anno successivo, nel 1984, venne prodotta la prima versione GTI della vettura. Montava un 1.6L da 105 cavalli, alimentato da un sistema di iniezione Bosch Jetronic. Il gruppo sospensivo era semplice e poco caratteristico; all’anteriore ruote indipendenti con schema MacPherson, ammortizzatori idraulici telescopici e molle elicoidali, mentre al posteriore barra di torsione, bracci longitudinali e ammortizzatori idraulici telescopici.  I freni erano a disco, ma solo all’anteriore, mentre nel retrotreno dei più economici tamburi. Due anni dopo viene presentata una versione più potente della GTI, con un aumento di 10 cavalli ed un sistema più avanzato di iniezione Bosch Jetronic denominato LU2.

Tuttavia la vera svolta della vettura la si ha nell’87, che oltre ad avere un lieve restyling degli interni, si vede nascere la GTI 1.9. Come si può intuire il motore è stato aumentato di cubatura e anche i cavalli ne hanno giovato: 130 tutti scaricati sull’asse anteriore. Il sistema di alimentazione Jetronic venne sostituito con un più moderno Motronic M1.3 sempre della Bosch. Strutturalmente non cambia molto dalla sorella con il motore più piccolo.

Ma arriviamo al punto cruciale. Necessitava una vettura per i rally. Peugeot si cimentò in quella che era l’espressione più estrema dei rally di allora. Il Gruppo B. Presero una 205 fresca di produzione e ciò che ne lasciarono fu solo la somiglianza esterna. Venne così prodotta in 200 esemplari, per poter confermare l’omologazione nei rally, la 205 Turbo 16. Il motore da 1.8L venne posizionato al centro, con due alberi a camme in testa. La sovralimentazione era fornita da KKK, con una pressione massima di 0,7 bar garantiva una potenza di 200 cavalli. Il motore era leggermente inclinato all’indietro, per la precisione di 20°, per far posto alle spalle del pilota, l’intercooler il quale riceveva aria dalle grandi prese d’aria ricavate dalle fiancate. La trazione scelta era integrale. L’intero sistema era gestito da tre differenziali autobloccanti, e la trazione ripartita era per il 66% al posteriore mentre il restante 34% tutto sull’anteriore.

Da questa base saranno prodotte la Evo e la Evo 2…o forse no?

E’ una domanda al quanto retorica; infatti è noto che fu progettata prima la Evo (ovvero la versione rally) e poi da quella derivata una versione stradale per l’omologazione.

La versione da rally non si scosta molto da quella stradale, anzi sono molto simili; la pressione di sovralimentazione venne alzata, il DOHC da 1.8L riuscì così a sviluppare (nella EVO) all’incirca 350 cavalli, che divennero poi circa 500 (venne raggiunta anche la soglia dei 600 cavalli verso la fine del 1986) con la EVO 2. Le sospensioni erano a ruote indipendenti a quadrilateri sovrapposti. Il sistema di alimentazione era Bosch K-Jetronic (lo stesso montato sulla R5 Turbo).

Su questa vettura sedettero tanti grandi piloti: Juha “KKK” Kankkunen, Ari Vatanen e il “Dakariano” Bruno Saby per citarne solo alcuni. Ma la storia della 205 non finisce qui.

Chiuso il capitolo Gruppo B nel 1986, la leva della piccola Peugeot continuò per altro tempo. Infatti venne impiegata nei Rally Raid. Opportunamente modificata, questa vettura si rivelò un successo, portando a casa meravigliose vittorie nella gara considerata la più dura al mondo. La Dakar. Anche quando la vettura di punta era la nuova 405 T16 Raid (che vedremo più in dettaglio) riuscì a piazzarsi sul podio.

Sempre nel 1987, quando intrapresero l’avventura africana, in parallelo sfruttarono la brutalità della 205 nelle gare di Hill Climb, precisamente alla Pikes Peak, dove tempo dopo, anche qui, venne soppiantata dalla 405 T16.

405 T16

Nonostante il passo della 205 T16 le permetteva di vincere nelle speciali dei rally, la sua conformazione non era del tutto adatta per correre nel deserto. Per questo motivo Peugeot decise di sfruttare la nuova berlina, sfornata da poco: la 405. Il passo decisamente più lungo la rendeva perfetta come base di partenza per diventare la regina del deserto.

Molte soluzioni tecniche adottate su questa vettura vennero prese dalla “sorella minore” 205 T16. Il motore cambia di sigla, ma non solo; PSA XU9 T così denominato il propulsore da 1,9L montato trasversalmente al centro, inclinato all’indietro di 20°. Non avendo più limiti sulle cilindrate, si pensò di aumentare la corsa dei pistoni ma non l’alesaggio e qui spiegato l’aumento di cubatura. La sovralimentazione era data da un turbocompressore Garrett che potendone variare la pressione di esercizio, la vettura poteva sviluppare dai 400 ai 600 cavalli in base alle versioni. Il sistema sospensivo utilizzato era a doppi triangoli sovrapposti con doppi ammortizzatori idraulici e molle sovrapposte, sia all’anteriore che al posteriore. I freni montati erano naturalmente a disco su tutte le ruote (la dimensione variava a seconda dell’utilizzo della vettura).

Il pilota di punta era Ari Vatanen, che utilizzò la vettura sia nella Pikes Peak sia nei Raid, Jacky Ickx (noto pilota da deserto, famoso per la sua partecipazione alla Dakar con il VW Iltis) e il grande svedese Bjorn Waldegard.

Il successo che ebbe questa vettura nelle competizioni di Hill Climb negli Stati Uniti fu talmente alto che venne prodotto un cortometraggio intitolato “Climb Dance”, nel quale possiamo ammirare un giovane Ari Vatanen alle prese con la sua 405 T16 mentre aggredisce i tornanti del Pikes Peak.

106

Questa piccola della casa francese non è molto nota per le sue grandi gesta nell’ambito del rally mondiale. Infatti la sua fama la deve all’iscrizione al Gruppo N e qualche gara nel K11 (Kit Car), con la 106 Maxi. Nacque nel 1991 ed era necessaria per coprire la fascia di mercato per auto del segmento A/B.

Nel 1993 compare la prima versione Rallye: il motore era lo stesso della 205 Rallye, ovvero un piccolo 1.3L TU24 che sviluppava la potenza di 103 cavalli. Tuttavia il sistema di alimentazione non era più a carburatori ma ad iniezione. Venne utilizzato questo motore in quanto la vettura era iscritta alla classe fino a 1300 cc. Il sistema sospensivo è comune ad altri modella della gamma Peugeot: schema MacPherson all’anteriore, mentre al posteriore il classico ponte torcente. Il peso nell’ordine di marcia è di 900 chili, vale a dire 60 in meno rispetto alla sorella GTi. Successivamente venne effettuato un restyling della vettura, ma non solo estetico. Infatti questa seconda serie (parlando sempre della Rallye) montava un più grosso 1.6L 16v, a due alberi a camme in testa,  che sviluppava 118 cavalli.

Ma passando alle corse, la versione rally destinata al Gruppo N, era prevalentemente una 106 Rallye di serie con tuttavia gli accorgimenti necessari per poter correre. La versione Maxi è piuttosto diversa rispetto alla vettura precedentemente descritta; il 1.6L venne opportunamente elaborato, montando una nuova iniezione elettronica Magneti Marelli MF3S. La testa venne sostituita e il rapporto di compressione aumentato. Il risultato degli sforzi furono 200 cavalli sulle ruote anteriori. Il sistema sospensivo era simile alla versione stradale, tuttavia con l’aumento della carreggiata fu necessario modificare lo schema MacPherson anteriore e mettere a punto gli ammortizzatori posteriori.

Questa piccola macchina di inizio anni ’90 è ancora presente in moltissimi rally, e vi rimarrà per molto tempo.

306 Maxi

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente alla fine 1986 Peugeot si ritirò definitivamente dai rally, per la mancanza di un progetto su cui lavorare per iscriversi, nell’anno seguente, al Gruppo A. Una vettura che si prestasse per questo compito apparì solo nel 1993. La 306 era una piccola berlina del segmento C con trazione anteriore. Il motore utilizzato sulla versione S16 era il vecchio bialbero da 2.0L, che sviluppava all’incirca 152 cavalli. L’iniezione era elettronica (gestita da Magneti Marelli), l’avantreno è ammortizzato da un sistema MacPherson a triangoli inferiori; il posteriore invece vede un ponte rigido con barra di torsione e bracci longitudinali. Gli ammortizzatori tuttavia erano montati orizzontalmente, in modo da ricavare il più spazio possibile nel baule. Poco tempo dopo, precisamente nel 1996, nacque la versione GTI. Venne evoluto il vecchio 2.0L bialbero, in modo tale da ricavarne una potenza di 167 cavalli. Venne prodotta anche una versione chiamata Rallye; si caratterizzava dall’allestimento scarno (proprio come una vettura da rally) ma il motore era lo stesso della GTI.

Al contrario di quanto si possa pensare la versione rally fu derivata dalla S16. Vennero prodotte due versioni differenti per la 306: la Maxi, con la quale la Peugeot  si iscrisse al campionato riservato alle Kit Car (o K11 che dir si voglia) e un’altra versione per il Gruppo A. Quella che è rimasta più nell’immaginario collettivo sicuramente è stata la versione Maxi; tipica per i passaruota visibilmente allargati, lo spoiler posteriore, scarico posteriore dritto e il noto “sbraitare” del motore aspirato. A questo proposito il motore utilizzato fu della famiglia PSA XU10, da 2.0L, il quale produceva 280 cavalli. La distribuzione era naturalmente a doppio albero a camme in testa, mentre l’iniezione era gestito da un più evoluto sistema Magneti Marelli AP10 (un evoluzione profonda rispetto a quello montato sulla vettura stradale). Lo schema sospensivo era il medesimo della sua discendente stradale, ma con un accorgimento;  gli ammortizzatori erano a gas. Al volante di questa magnifica vettura troviamo il nostro Andrea Aghini, successivamente poi nel 1998 un certo francese di nome Francois Delecour,  affiancato da Gilles Panizzi come compagno di squadra.  Tra gli italiani troviamo anche Renato Travaglia, che mise le mani sulla vettura a partire dal 1999. Come già detto in precedenza venne fatta anche una versione per il Gruppo A. Si scostava ben poco dalla Kit Car; la potenza naturalmente era ridotta a 230 cavalli, grazie al lavoro svolto sul rapporto di compressione. Per ciò che rimaneva era esattamente uguale, ovviamente ad esclusione dell’estetica dove lo spoiler posteriore venne rimosso e per questione di regolamento i passaruota vennero ristretti, in quanto la carreggiata dovette essere diminuita.

206

Passiamo così agli albori del nuovo millennio. Come già accennato in articoli precedenti, nel 1997 vede cambiarsi il regolamento del Mondiale Rally; d’ora in poi non esisterà più il Gruppo A, ma bensì il WRC. A questo proposito Peugeot aveva, fresca di fabbrica, la nuova 206. Di fatto sostituì la piccola degli anni ’80 e ’90. La storia per l’omologazione di questa vettura è interessante, così come la sua tecnologia, ma dobbiamo fare un passo indietro, per vedere da dove è nata una delle vetture più competitive di inizio 2000.

La vettura era completamente nuova, infatti il pianale venne ridisegnato da zero e verrà usato anche in altre vetture. Anche i motori non facevano più parte della ormai vecchia serie X, ma ne vennero utilizzati della serie T. Nel 1999 arrivò la versione più attesa: la GTi. Ma non era la sola; infatti fu affiancata da una versione chiamata GT. Entrambe montavano lo stesso motore da 2.0L aspirato della famiglia EW, che produceva 136 cavalli sulle ruote anteriori. Lo schema sospensivo riprendeva quello della 306, opportunamente modificato per alloggiare nel nuovo chassis. La differenza tra le due auto consiste nell’estetica. Infatti la GT monta cerchi più grandi e paraurti più prominenti rispetto alla sorella GTi.

Poco tempo dopo, nel 2003, venne effettuato un restyling della vettura.  A tal proposito venne lanciata una nuova versione che avrebbe preso il posto di modello top di gamma. La 206 RC montava sempre il 2.0L aspirato, ma erogava ben 177 cavalli, in modo da essere competitiva verso le dirette rivali, come la Clio 2.0 RS. Sotto la scocca tuttavia era esattamente identica alla GT  e GTi.

La versione da rally venne però derivata dalla GT; infatti il regolamento WRC imponeva una lunghezza minima della vettura di 4 metri. La 206 ne misurava solo 3,82. Per questo motivo vennero montati paraurti più grandi e prominenti, per poter permettere alla 206 di essere utilizzata come base di partenza. Il motore era naturalmente un 2.0L (come regolamento imponeva), che sviluppava una potenza di 300 cavalli. L’aspirazione non era più naturale, ma bensì indotta da un turbocompressore Garrett e poi successivamente da un Allied Signal TR30R. L’alimentazione era regolata da un sistema di iniezione elettronica Magneti Marelli. Al retrotreno venne tolto il ponte rigido con barra di torsione, per far posto ad un MacPherson con ammortizzatori a gas, così come all’anteriore. La particolarità risiede nelle barre antirollio, che potevano essere regolate elettronicamente in base al tipo di fondo.  La trazione integrale era gestita da tre differenziali comandati elettronicamente, con una distribuzione della coppia del 50/50. I freni naturalmente variavano a seconda del fondo: per asfalto venivano usati dischi da 355 millimetri, abbinati a pinze con sei pistoncini, per l’anteriore e dischi leggermente più piccoli con pinze con due pistoncini in meno.

Sul sedile di questa velocissima vettura vediamo Francois Delecour, Gilles Panizzi (proveniente dalla 306) e il finlandese Marcus Gronholm.

Così come Renault, tutt’oggi vediamo Peugeot impegnata in campionati minori, come quello Italiano, R2 e R3. Sicuramente sarebbe un sogno rivivere le emozioni provate nel vedere quel missile argentato sfrecciare per le prove speciali del mondo…ma visto il ritorno di Toyota dopo diciassette lunghi anni, perché no, sperare non costa nulla.