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Toyota nei rally: una SUPRAmazia di tutto rispetto

Prologo

In occasione del rientro di Toyota nel mondiale WRC dopo ben quasi diciassette anni, ci sembra doveroso lasciare un tributo a quelle vetture della casa giapponese che hanno regalato tanti successi, ma anche pagine di storia sia positiva che negativa. Le prime vetture si possono datare intorno agli anni ’70 con le prime Celica, per poi chiudere definitivamente con la Corolla a inizio anni duemila. Possiamo perciò mettere Toyota a fianco di altre due case giapponesi, le quali abbiamo già presentato la loro gloriosa storia: Mitsubishi e Subaru.

Ma scopriamo, nei paragrafi successivi, cos’ha reso grandi queste vetture.

Celica GT/ST

Questa versione della Celica è la prima della generazione di sette vetture, e probabilmente la più importante. Nacque in un era in cui predominavano nella scena Americana, ma anche mondiale, le muscle car, come può essere la Chevrolet Camaro o la Dodge Charger. Nel 1970 la versione ST di questa piccola giapponese varca le porte dello stabilimento. Le linee utilizzate sono subito chiare: il paraurti “sorridente” con i quattro fari tondi richiama fortemente le muscle car di allora, per non parlare del retrotreno. Infatti questa piccola vettura è stata denominata “Japanese Muscle”.

Ma passiamo alla tecnica: la Celica era spinta da un quattro cilindri in linea da 1.6L aspirato, con un singolo carburatore, che produceva 105 cavalli. La versione GT era più potente; infatti era dotata di un doppio carburatore Solex  e doppio albero a camme in testa (DOHC) che permisero alla vettura di raggiungere una potenza di 115 cavalli. Una particolarità di quest’auto era il cambio: infatti era a cinque rapporti (più retromarcia), molto inusuale al tempo. Ormai lo schema sospensivo delle vetture di anni ’70 e ’80 è ben impresso a tutti, con il sistema MacPherson all’anteriore, assale rigido al posteriore il quale va a sostituire le balestre come inizialmente si era pensato. La trazione era rigorosamente posteriore, ma la vettura in fase di sviluppo accennava a diversi problemi di sottosterzo in entrata di curva.

Tre anni dopo, precisamente nel 1973, viene prodotta una versione ancora più potente della GT. LB 2000GT, il suo nome, fa intuire quale sia stata la modifica principale. Infatti il 1.6L venne sostituito con un più grosso 2.0L, sempre bialbero, montato trasversalmente. La potenza era di 145 cavalli all’albero, mentre alla ruota erano circa 130. Le ottime prestazioni e il basso costo, resero la Celica MK1 molto competitiva verso le sue controparti europee; non c’è da stupirsi se sia stata la Celica più venduta!

Ma la sua storia non si limita solo alla vettura stradale. Venne prodotta una versione da rally, che venne iscritta al Gruppo 4 e al Gruppo 2. La versione per il Gruppo 4 venne spinta dal 2.0L della LB 2000GT, con due carburatori a doppio corpo maggiorati,  quattro valvole per cilindro e i classici due alberi  camme in testa. Insieme ad altre elaborazioni portarono la potenza a 230 cavalli a circa 9000 giri/minuto. La versione per il Gruppo 2 era leggermente meno potente. Bisogna precisare che le specifiche tecniche qui sopra riguardano la versione per il campionato 1974, al suo debutto nel 1972 la Celica montava il più piccolo 1.6L di serie.

I piloti che si sono seduti dietro il volante di questa vettura sono numerosi: da Hannu Mikkola a Bjorn Waldegard. Per passare poi a Bengt Lundstrom e Pentti Airikkala.

Supra MK3

La Supra è diventata un’icona tra le auto sportive di metà anni ’80 e ’90, con le gloriose versioni Mk3 e Mk4 (quest’ultima molto ricercata). In pochi sanno che questa vettura ha avuto anche la possibilità di correre nei rally, Gruppo A, nella stagione ’87-’88. Ma andiamo prima a scoprire la base di questa vettura.

La terza generazione nacque nel 1987, e viene considerata dagli appassionati come la prima e vera Supra, in quanto le prime due generazioni erano derivate pesantemente dalla Celica. Il motore principale utilizzato è della serie 7M, un 3.0L Turbo da 230 cavalli. Vi sono anche altre motorizzazioni più piccole, come il 2.0L, che può essere scelto biturbo, DOHC o SOHC. I cavalli sono a scalare, infatti si passa dai 180 del biturbo fino ai 105 del singolo albero a camme. Tuttavia la meccanica non è propriamente nuova. Gran parte deriva dalla Toyota Soarer e il sistema sospensivo dalla più vecchia 2000Gt, con triangoli sovrapposti.  L’auto è dotata degli ultimi dispositivi elettronici dell’epoca: il TEMS, ovvero il sistema elettronico per il controllo delle sospensioni e l’ACIS, che permette di controllare l’iniezione. Si serie poteva vantare l’ABS.

L’anno successivo, nel 1988, viene lanciata una versione più potente. Il motore è un 7M-GTEU, sempre 3.0L turbo, ma che sviluppa 270 cavalli sui pneumatici maggiorati posteriori. Questa versione servì principalmente per ottenere l’omologazione per il campionato JGTC.

Come detto all’inizio questa vettura venne usata per breve tempo nel campionato rally. Venne utilizzato il 7M-GE, ovvero il 3.0L, sei cilindri in linea, con doppio albero a camme in testa ma senza turbo. Era capace di sviluppare dai 270 ai 290 cavalli. Il sistema di iniezione era gestito elettronicamente. Il sistema sospensivo originale venne integrato con ammortizzatori a gas. Nonostante la buona potenza il peso della vettura era piuttosto elevato, infatti si parla di circa 1500 chili. Nel Gruppo A era guidata da Bjorn Waldegaard, ottenendo un discreto terzo posto nel Safari Rally, ma nel resto del campionato non brillò particolarmente. Infatti la sua carriera durò solo due anni e verrà soppiantata dalla Celica ST165.

Celica ST165

Lo pseudonimo con cui è intitolato il paragrafo è riferito alla versione utilizzata nelle corse. Infatti deriva dalla quarta generazione della Celica GT-Four. La generazione precedente di questa vettura non ha passato rallystico, ma i giapponesi sono ritornati alla ribalta nel 1988. La caratteristica principale di questo modello è l’innovazione della trazione integrale, che seguirà poi tutti i modelli Celica nel futuro. Il sistema è piuttosto basilare e semplice: infatti troviamo un differenziale centrale che suddivide la coppia al 50/50. Il motore utilizzato è il 2.0L DOHC con quattro valvole per cilindro. Tuttavia era dotato di turbocompressore, il quale lavorava con una pressione di esercizio di 0.5 bar. Venne installato anche un intercooler per ovviare ai problemi di raffreddamento. Al sistema di iniezione elettronica venne abbinato il sistema T-VIS. Quest’ultimo dava la possibilità di modificare a piacimento la geometria di aspirazione, così da poter giovare di più coppia ai bassi regimi.  I cavalli generati erano 185, ma il peso ne risentì con la trazione integrale; la vettura pesava 250 chili in più rispetto alla versione normale, e per questo non la rendeva estremamente più veloce.

Il sistema sospensivo venne rivisto soltanto al posteriore, aggiornandolo. Venne installato così un sistema MacPherson.

Non passa inosservato anche il lavoro effettuato sulla carrozzeria: la vettura esce più aerodinamica (infatti il suo Cx è di 0.31). Cambia totalmente la forma del posteriore e del frontale, dando spazio a fanali a scomparsa.

La versione da Rally capitanata da Carlos Sainz e Juha Kankkunen, fece grossi progressi nel Gruppo A, dove nel 1990 il “matador” porta a casa il titolo mondiale. Ottimi risultati arrivarono anche dagli svedesi Kenneth Eriksson e Bjorn Waldegaard.  Ma scopriamo più nel dettaglio questa arma giapponese.

Il 3S-GTE è lo stesso montato sulla vettura di serie, ma la pressione di sovralimentazione del turbocompressore Toyota CT 26 viene aumentata fino a 0,8 bar (dal 1989 viene portata fino a 1.2 bar). La potenza prodotta era di 260 cavalli, che poi diventeranno 300 dall’anno successivo. Il sistema sospensivo venne migliorato, lasciando  il MacPherson ma abbinandolo ad ammortizzatori a gas e barre antirollio maggiorate. I freni vennero naturalmente sostituiti: a seconda del terreno potevano essere scelti diversi tipo di dischi che spaziano da 280 millimetri fino ad un massimo di 330, abbinati a pinze con quattro pistoncini.

Celica ST185

Con la quarta generazione, Toyota, aveva fatto centro. Perciò nel 1990 esce la nuova generazione della Celica: conosciuta come ST185. Nell’ambito rallystico anche questa nuova vettura fu un successo ma non si può dire lo stesso della parallela versione stradale. Infatti la GT-Four non fu molto apprezzata per la sua indole docile. Nonostante montasse ancora il 2.0L 3S-GTE e la pressione di sovralimentazione fu alzata da 0.5 a 0.7 bar, non fu abbastanza per rendere questa vettura competitiva con le rivali del mercato di allora. In Giappone questo modello  sviluppava circa 225 cavalli, mentre grazie alle severe norme Europee e Americane, le vetture esportate avevano una potenza di circa 25 cavalli in meno.  Abbinati ad un peso complessivo di 1500 chili, si può intuire che la velocità non fu il suo punto forte. Alcune riviste inglesi del tempo cronometrarono il tempo da 0 a 100 km/h. Il risultato fu deludente: la GT-Four era più lenta della GT normale. Ma non ci sono solo effetti negativi su questa vettura; il differenziale posteriore fu sostituito con un Torsen LSD, mentre fu praticamente eliminato il turbo-lag rendendo così fruibile la vettura anche a bassi regimi.

Anche se il sistema sospensivo non fu modificato dalla versione precedente, la messa a punto fu sistemata alla perfezione; infatti i grossi problemi di sottosterzo di cui soffriva la vettura precedente furono eliminati.

Ma passiamo al momento clue al tempo dei rally:  con l’arrivo di quest’arma a doppio taglio nel 1992 non ce ne fu per nessuno. Con due titoli costruttori nel biennio ’93-’94, titoli piloti con Sainz, Kankkunen e Auriol , Toyota aveva dimostrato cosa poteva fare. La vettura era molto simile alla precedente, salvo piccoli cambiamenti. La pressione di sovralimentazione fu aumentata ulteriormente fino a 1.5 bar, così da generare 300 cavalli. Il cambio inizialmente fu un Toyota E151F a cinque rapporti, sostituito poi con un X-Trac da sei rapporti. Il sistema sospensivo era lo stesso, ma le molle utilizzate erano molteplici; infatti per terra o asfalto ne venivano scelte di diverse. Il peso crebbe leggermente: 1120 chili.

L’omologazione della vettura è rimasta valida fino al 2000, ma fu sub classata dalla ST205 solo due anni dopo. Vedremo però come la sesta generazione della Celica portò guai seri al team Castrol Toyota.

Celica ST205

Dopo il mezzo flop della MK5, la casa giapponese è ritornata pochi anni dopo con la sesta generazione della Celica, con buone speranze sia per i rally che per il mercato comune. Ma vedremo più avanti come il team Castrol, nei rally, si sia messo nei guai scrivendo una delle pagine nere della storia del rallysmo mondiale.

Ma partiamo dal principio. Oltre all’estetica, dove vengono eliminati i fari a scomparsa per dare spazio ai quattro celebri fari tondi, troviamo più semplicità e leggerezza nel progetto. Il telaio fu ampliato e irrigidito, avendo così un risparmio sul peso di ben 20 chili, inoltre venne utilizzato un telaietto supplementare come supporto per il motore. Il sistema sospensivo rimase in toto MacPherson, ma vennero utilizzati bracci e snodi sferici più sofisticati, così da permettere alla vettura di essere più agile e di mantenere una campanatura ideale. Anche il differenziale Torsen venne sostituito con un più innovativo LSD.  Il caratteristico 3S-GTE da 2.0L fu potenziato cambiando il turbocompressore. Infatti il nuovo Toyota CT20b lavorava ad una pressione di 0.9 bar. La potenza sviluppata (in Giappone) era di 255 cavalli. Nel mercato europeo invece ne sviluppava 13 in meno, in quanto la versione orientale aveva bisogno di benzina ad alto numero di ottani. Tuttavia la vettura risultava veloce, in quanto lo scatto da 0 a 100 chilometri orari lo poteva staccare tranquillamente sotto i sei secondi. Secondo diverse riviste europee la vettura non risultata frizzante e agile come le rivali Subaru Impreza e Delta Integrale. Venne definita più una vettura da Gran Turismo, per la sua guida morbida, ma anche per la sua velocità e tenuta di strada.

Ma passiamo ora alle corse. La versione da rally introdotta nel 1994 presentava cambiamenti sotto il cofano (dettati dalla versione stradale) e in ambito telaistico. La pressione di sovralimentazione del nuovo turbocompressore in ceramica fu lasciata a 1.5 bar, ma fu applicato un sistema Toyota per l’anti-lag system e un nuovo sistema di iniezione elettronica Bosch D-Jetronic. Il sistema MacPherson venne leggermente modificato, applicando come nella versione stradale il “super strut” (snodi e bracci supplementari) ma con l’aggiunta del multi link.

La carriera rallystica di Toyota stava procedendo a gonfie vele. Ma successe un avvenimento che scosse il team Toyota, ma ancor di più il mondiale rally. Il team Castrol Toyota nel 1995 venne accusato di aver agito illegalmente sulla flangia dei motori delle proprie Celica.

Il disegno spiega in maniera piuttosto chiara come sia stata modificata la turbina. Nonostante avesse la flangia da 34mm come prescritto da regolamento, dal team Toyota fu applicato un sistema per bypassare in parte la flangia, portando così più aria. La modifica si attiva con una determinata pressione di aspirazione, spostando di 5mm la flangia e avendo così un apporto di aria maggiore del 25%. Con un rapido calcolo, si può evincere che tale modifica diede circa 50 cavalli in più al motore 3S-GTE. Infatti inizialmente non furono scoperti in quanto il bypass non era visibile. Soltanto quando qualcuno spifferò di tale fatto, vennero smascherati. Ancora oggi non si conosce bene la mente di tale progetto, ma si parla che siano coinvolti una dozzina di meccanici e che Andersson fosse al chiaro di tutto.

Comunque la squadra fu squalificata per tutta l’annata 1996, ritornando poi nel 1997 non più con la Celica ma con la nuova Corolla WRC. Tuttavia i nostri Andrea Navarra, Andrea Dallavilla continuavano con il team H.F Grifone nei rally, dove subentrò anche Andrea Aghini. Nel team belga troviamo anche Freddy Loix e in quello finlandese, un giovane Marcus Gronholm.

Corolla WRC

Dopo la tempesta scatenata nel 1995 e la conseguente squalifica nel 1996, il team Toyota Castrol era pronto per tornare. Tuttavia il 1997, come tutti noi sappiamo rappresenta il punto di svolta dei rally. Venne istituito il WRC, eliminando di fatto il Gruppo A. In quest’ultimo faceva parte la Celica, ma ormai le sue tecnologie, e soprattutto, le soluzioni restrittive a cui sarebbe dovuta incappare con il regolamento non erano a suo vantaggio. Fortunatamente arrivò la nuova medio-piccola di casa Toyota: la nuova Corolla. Le dimensioni erano entro il regolamento e come mossa per il marketing era la migliore. La sua carriera ufficiale terminò dopo soli due anni, ma i team privati la portarono avanti fino a quasi allo scadere dell’omologazione nel 2007.

Ma guardiamo più nei dettagli questa grezza WRC.

Sorprendentemente il motore non cambiò. Il cuore pulsante infatti venne derivato dalla Celica: il 3S-GTE sviluppava ancora 300 cavalli, ma il sistema di sovralimentazione era completamente diverso, anche se la flangia doveva ancora rispettare i classici 34 millimetri. Venne montato un turbocompressore Toyota CT20BRB, più grande rispetto alla quello di cui disponeva la Celica, e la pressione fu alzata fino a 2 bar. Il risultato ottenuto fu piuttosto buono: si disponeva già della coppia massima a 4000 giri/minuti e si potevano sfoderare tutti i cavalli già a 5700 giri/minuto. Regimi piuttosto bassi per un motore turbo. Il sistema di alimentazione rimase il D-Jetronic multi point, mentre l’apparato sospensivo fu leggermente aggiornato; tutto il sistema MacPherson fu rivisto. All’anteriore furono applicati dei quadrilateri sovrapposti con ammortizzatori a gas Ohlins. Al posteriore invece troviamo una versione avanzata del “super strut” visto nella Celica. Naturalmente vennero applicati anche al retrotreno, gli ammortizzatori a gas Ohlins.

La scorta di dischi freno su cui si poteva contare, era aumentata: si spaziava da un disco più piccolo da 270 millimetri fino ad uno da 380 millimetri (utilizzato sull’asfalto).  Le pinze godevano dai sei ai quattro pistoncini, per fermare i 1230 chili della vettura.

Viste le caratteristiche di questo bolide, andiamo a scoprire i piloti che hanno seduto nel sedile dietro il volante.

I piloti ufficiali furono due; Carlos Sainz e Didier Auriol. Mentre nel team Marlboro, ma non meno importante, Freddy Loix. Venne istituito, anche in questo caso, un team H.F Grifone, dove troviamo Marcus Gronholm, Rui Madeira e Andrea Aghini. Nel 1999 le vetture ufficiale raddoppiarono, con Isolde Holderied e Martin Brundle.

Dopo il ritiro della squadra ufficiale a fine 1999, il team Grifone accolse Piero Longhi ed Ettore Baita. Nel team francese invece, un ancora sconosciuto Sebastièn Loeb.

Immagino vi starete chiedendo: ma la WRC non è stata la prima Corolla a correre nei rally. E avete ragione. Infatti è giusto citare la Corolla AE82 e AE95. Tuttavia sono state vetture piuttosto di nicchia e di cui avere fonti certe è molto difficile. Hanno contribuito comunque alla storia di questo marchio nel loro piccolo e ancora oggi si possono vedere in qualche rally finlandese.

Da quel lontano 1999 rivediamo finalmente il marchio di Shoichiro Toyoda tornare nei rally, con la nuova Yaris e tante speranze. La preparazione della vettura è stato un calvario, ma speriamo di vederli combattere per il titolo molto presto.