Chi di noi, da piccolo, non ha giocato al famoso gioco delle sedie? Ve lo ricordate? Si giocava in gruppo, e si mettevano delle sedie  a mo’ di cerchio rivolte verso l’esterno. Dopodiché l’adulto di turno faceva partire lo stereo e noi dovevamo girarci attorno. Non appena la musica finiva dovevamo sederci. C’era solo un piccolo problema, il numero delle sedie era inferiore al numero di partecipanti quindi per forza di cose uno di questi rimaneva in piedi, o più precisamente rimaneva goffamente appoggiato a colui che per un soffio gli aveva appena fregato il posto.

Basterebbe sostituire la parola “sedie” con “sedili” e avremmo un riassunto rappresentativo di ciò che è successo ad Andreas Mikkelsen negli ultimi mesi. Un destino curioso per l’ “handsome one”, quello bello, come lo chiama simpaticamente il giornalista Colin Clark. Proprio lui, quello che che ha avuto la fortuna di nascere bello, di essere ricco e avere un grande talento, è rimasto lì, in piedi nella stanza, escluso dal gioco.

Cosa gli starà passando per la testa? Beh un po’ di rabbia sicuramente, perché Mikkelsen avrà anche avuto a disposizione dei mezzi che altri non hanno avuto, ma ha lottato davvero e lavorato tanto per arrivare dove è ora, meritandosi ognuno dei suoi successi, e il suo posto tra i migliori piloti rally al mondo con tre vittorie mondiali all’attivo e un terzo posto nel 2016 che era secondo per quasi tutto l’anno. E’ inutile dire che il norvegese meriterebbe un’auto ma purtroppo l’abbandono di Volkswagen così improvviso e tardivo lo ha costretto a stare con un microfono della redbull.tv in mano invece che con il volante di un’auto sponsorizzata Redbull.

La rabbia dicevamo, che possiamo leggere nelle sue dichiarazioni rilasciate ad Autosport:

“Non so cos’altro avrei potuto fare per ottenere un volante quest’anno, tutto ciò che poteva andare storto è andato storto e la decisione di vietare l’uso della Polo 2017 è stato un altro pugno in faccia.” Continuando poi con: “Sinceramente, sono un pilota professionista e non credo che io debba pagare per guidare, l’ho fatto prima e non lo farò più. Non credo di dover dimostrare nulla a nessuno.”

Parole dalle quali molti possono vedere arroganza ma che forse sono frutto della voglia di continuare a lottare, a continuare una scalata che è iniziata tanti anni fa e che non sembrava proprio fermarsi.

Come se non bastasse il campionato è cominciato “bene” per gli inseguitori come Mikkelsen, con un Ogier ancora non ben ambientato nella Fiesta e un Latvala a comandare la classifica piloti. Quello stesso Latvala che Mikkelsen si è lasciato 42 punti dietro l’anno scorso. Non possiamo non pensare ad un Mikkelsen con le labbra consumate a forza di “mangiarsele” immaginandosi già con due vittorie all’attivo e la lotta aperta per la realizzazione del sogno di una vita.

E’ certo che i se e i ma non contano nulla, a maggior ragione nei rally e soprattutto dopo due soli appuntamenti mondiali. Però non è con la ragione che abbiamo a che fare in questo caso, qui siamo più sul piano dell’emotività e del sentimentalismo.
Mikkelsen è sempre stato su un’auto da rally ad alti livelli da anni e ora se ne trova privato dopo il campionato migliore della sua vita.

Insomma, ce lo ricordiamo anche noi come ci sentivamo quando gli altri ci fregavano le sedie allo stop musicale, un po’ ci giravano.

Ora non resta che aspettare, in quel fiume sono già diversi i cadaveri che potranno passare, e forse già da quest’anno se qualche pilota comincia ad andare in seria difficoltà.
Non sappiamo quando ma prima o poi Andreas tornerà nel suo vero ufficio, insieme ad un altrettanto affamato Anders Jaeger, e se riuscisse a trasformare la sua attuale rabbia in determinazione, chissà cosa ne uscirà fuori, e chissà se, come nelle più classiche delle parabole, la sventura non diventi la vera ragione e il trampolino per un successo futuro.

Tieni duro Andreas!

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