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Quando Audi si faceva in…Quattro

PROLOGO

Abbiamo già parlato molto della casa di Wolfsburg, che ha sbancato i botteghini molti anni indietro e nelle ultime stagioni. Ma non torneremo a parlare di Volkswagen in questo articolo, ma bensì andremo a scavare gli archivi di una sua associata: l’Audi. Il ruolo della casa tedesca nei rally è ben definito quanto importante; infatti con la Quattro ha introdotto un nuovo modo di correre, il quale tuttavia era ancora molto grezzo e presentava ancora grossi limiti, che andremo a scoprire lungo l’articolo. Andremo a vedere cosa ha portato fino alla vetta e poi in rapida discesa questo famoso modello che ha solcato gli anni d’oro del campionato rally.

Audi Quattro

E’ necessario scoprire cosa c’è dietro e sotto a quel mostro da rally che tutti vedevamo oltre trent’anni fa. L’idea iniziale arrivò nel 1977. Iniziale, poiché fu la prima fase  della Quattro, mentre si vide nascere contemporaneamente la Coupè, di cui ne parleremo tra poco.

Infatti dopo numerosi test su terra, gli ingegneri abbandonarono l’idea di una trazione a sole due ruote motrici. Da qui nacque la versione sportiva della Coupè. in tutto e per tutto sono molto simili sia all’esterno che sotto la carrozzeria, a discapito della nuova trazione appunto denominata Quattro (che diventerà poi un brand fisso della casa dei quattro anelli). La vettura venne così presentata per la prima volta al Salone di Ginevra nel 1980, dopo diverse divergenze per la scelta del nome, fino ad arrivare alla numerazione in italiano.

Disegni originali, approvati, della Quattro.

Le scelte tecniche per questa vettura furono un po’ azzardate in quanto per la prima volta nella storia veniva utilizzata la trazione integrale per un modello di serie. La filosofia iniziale era quella di sfruttare componenti già presenti nella fascia Audi, ma non fu così semplice. Per la parte posteriore dell’auto si  sfruttarono le stesse sospensioni presenti all’anteriore, o meglio: vennero girate di 180°. Il sistema di trazione venne derivato completamente dall’Iltis, che tuttavia era senza differenziale centrale. In questa configurazione si può ben capire che la maneggevolezza era veramente critica. Così venne disegnato un differenziale centrale appositamente per questa vettura, con il classico sistema Torsen, mentre per le sospensioni venne adottato un più rivisto MacPherson per avantreno e retrotreno. Per arrestare la massa imponente di 1280 chilogrammi, furono istallati freni a disco su tutte e quattro le ruote. Per farla accelerare altrettanto velocemente la vettura venne equipaggiata con un cinque cilindri in linea, montato trasversalmente, da 2.1L. Il motore non era di “nuova generazione”, infatti equipaggiava già la 200. La distribuzione era a singolo albero a camme in testa (SOHC), mentre il sistema di iniezione era il noto Bosch K-Jetronic. Il motore non era aspirato naturalmente, ma disponeva di un turbocompressore KKK, abbinato ad un intercooler che fece aumentare la potenza fino a 200 cavalli. Il tutto fu messo insieme nell’attività rallystica, iscrivendo la vettura al Gruppo 4. Nel 1984 arrivò il primo piccolo aggiornamento della vettura ma non solo; venne prodotta una nuova esclusiva versione. La Sport Quattro.

Quest’ultima fu concepita appositamente per competere nei rally: infatti in quegli anni era in piena attività il Gruppo B, e Audi necessitava di un urgente aggiornamento della Quattro per poter competere contro Lancia e Peugeot. Le modifiche furono sostanziali: a partire dal motore che fu completamente evoluto rispetto al motore precedente. La distribuzione divenne bialbero (DOHC), il monoblocco in alluminio e la cilindrata fu leggermente ridotta per aver agevolazioni regolamentari, ma non scese sotto i 2.1L. Il turbo compressore rimase KKK, ma la pressione di sovralimentazione crebbe considerevolmente fino a far raggiungere alla vettura ben 306 cavalli. Il passo fu ridotto drasticamente, infatti è più corto di ben 32 centimetri. Ne furono costruite il giusto essenziale per poter omologare la vettura nella categoria rally, e naturalmente non sostituì la versione a passo lungo, la quale avrà una vita ben più lunga rispetto alla Sport, dato che venne tolta dalla produzione nel 1986.

Chiuso il capitolo Gruppo B alla fine del 1986, come accennato poco sopra, la produzione della Quattro non si fermò. L’anno successivo venne applicato un nuovo aggiornamento alla vettura. La cubatura del motore venne aumentata da 2.1L a 2.2L e vennero sostituite le punterie, da meccaniche a idrauliche. Il rapporto di compressione fu innalzato e venne modificato il sistema di raffreddamento del turbocompressore. La potenza rimase la stessa, ma la coppia massima venne resa disponibile a 3000 giri/minuto, cinquecento in meno rispetto al precedente motore. Ma le innovazioni non si trovano solo sotto il cofano; lo studiatissimo sistema del differenziale centrale venne sostituito con un più moderno autobloccante Torsen che aveva la capacità di distribuire la coppia sull’asse con maggiore trazione, fino ad un massimo del  75%. Il mito stava scemando, ma ci fu il tempo per un ultimo aggiornamento dell’auto; infatti nel 1989 ci furono gli ultimi importanti cambiamenti. I cinque cilindri del motore 2.2L, vennero dotati di quattro valvole  e il sistema di iniezione elettronica fu completamente rivisto. La potenza crebbe fino a 220 cavalli. Sotto la carrozzeria non vennero fatte altre modifiche.

La vettura rimase in questa configurazione fino al 1991, dove cessò la produzione.

Abbiamo visto le particolarità di quest’auto, ma ora andremo a vedere nel dettaglio le rispettive versione da rally, costruite negli anni.

Quattro (Gruppo 4)

Facciamo un piccolo passo indietro fino all’inizio degli anni ’80, dove il gruppo 4 era vivo e vegeto. Solo un anno prima, come abbiamo visto in precedenza, Audi sforna una nuova arma. Non passa molto tempo, quando al 1° Gennaio 1981 viene omologata la versione rally della Quattro.

Si ispirava in tutto e per tutto alla versione stradale, infatti le soluzioni tecniche erano pressoché di “base”. Naturalmente per poter correre necessitò di diversi cambiamenti in fatto di assetto e potenza, ma il punto di partenza rimase sempre quello. A partire dal motore da cinque cilindri, con turbocompressore KKK K26, che a una pressione di esercizio di 1.6 bar poteva sviluppare dai 300 ai 320 cavalli. Il sistema sospensivo MacPherson fu solo rinforzato, utilizzando degli ammortizzatori telescopici a gas. La vettura dimagrì di soli quaranta chili, ovviamente per questioni regolamentari; il sistema frenante fu completamente sostituito. Sulle quattro ruote troviamo dischi auto ventilati con pinze a quattro pistoncini.

In quell’anno lo squadrone tedesco si tinse di rosa; infatti a condurre la Quattro Gruppo 4, fu una certa Michèle Mouton, insieme al suo compagno di squadra finlandese Hannu Mikkola. Nel 1982 riuscirono a conquistare il titolo costruttori.

Quattro A1 (Gruppo B)

Nel 1983 arriva la famigerata A1 Gruppo B. Le soluzioni adottate furono molteplici, anche se esteticamente la vettura sembra esattamente identica alla precedente. Partendo dal motore, il buon vecchio cinque cilindri da 2.1L rimase esattamente lo stesso, ma venne sostituito il turbo compressore. Sempre KKK, ma stavolta K27 e non più 26, poteva contare una pressione di esercizio che variava dai 0,8 bar ai 1,9 bar. Ciò garantiva una potenza massima di 340 cavalli. Il blocco motore fu completamente sostituito con uno in alluminio, ma il rapporto di compressione non fu intaccato. Il sistema di alimentazione fu sostituito, eliminando il vecchio K-Jetronic per lasciare spazio a un più moderno Bosch Multi Point.

In fatto di motore la A1 incappò in una situazione piuttosto “scomoda” per lo squadrone Audi; come il regolamento insegnava, la cubatura del propulsore andava moltiplicata per un fattore di 1,4 e ciò decretava il segmento a cui l’auto era destinata. Essendo che la cubatura della Quattro A1 era 2144 cc, moltiplicando per il coefficiente si ha un valore di 3002 cc; ciò fece in modo che la vettura fosse nella classe direttamente superiore, ovvero quella da 3.0L a 4.0L. Ciò fu uno svantaggio poiché le restrizioni di peso non giovavano alla vettura, in quanto si dovette lavorare per aumentarne la massa. Ma vedremo più avanti come i tecnici siano riusciti ad aggirare il problema.

Il reparto sospensivo fu leggermente modificato al posteriore: il sistema McPherson fu rinforzato con un braccio longitudinale radiale. All’anteriore rimase esattamente come l’antenata.

Nel 1983 le vetture ufficiali schierate furono quattro: Hannu Mikkola, Michèle Mouton, Stig Blonqvist e Vic Preston Jr.

Arrivò così finalmente il tanto atteso titolo mondiale: Mikkola porta alla ribalta la neonata Quattro, portando a casa il titolo piloti. Tuttavia bisogna precisare che il mondiale arrivò con il subentro della A2, come vedremo poco più avanti. Il campionato costruttori rimase in casa Lancia.

Quattro A2 (Gruppo B)

Come abbiamo visto in precedenza la A1 era in netto svantaggio per la sua condizione di motorizzazione, per questo si adottò subito una soluzione che venne messa in atto già da maggio del 1983, che permise così ad Hannu Mikkola di vincere il mondiale piloti.

La cilindrata del motore a cinque cilindri venne leggermente diminuita: infatti la cubatura passò da 2144 a 2110 centimetri cubici. Per la regolamentazione spiegata in precedenza, moltiplicando per il fattore di 1.4, il risultato fu di 2954 cc; sufficiente per rientrare nella categoria riservata alle vetture con motori da 2.0 a 3.0 litri. Il risultato fu sorprendente: infatti la vettura non perse in termini di prestazione, ma bensì ne guadagnò. L’alesaggio e la corsa diminuì ma la potenza aumentò leggermente. Si parla di cavalleria che si aggirava dai 350 ai 370 cavalli. Il picco di potenza si ottenne a un numero di giri più elevato mentre la coppia massima era disponibile già a 3400 giri al minuto. Il sistema di sospensione fu semplicemente aggiornato: infatti fu riportata la stessa modifica riportata al posteriore, sull’ A1, all’anteriore.

Oltre a tutto questo arrivò anche una piccola cura dimagrante, grazie al regolamento, che permisero alla vettura di essere competitiva. Inoltre con le modifiche effettuate a sospensioni e reparto telaistico, la vetture soffriva molto meno sottosterzo rispetto alle origini.

Come abbiamo visto in precedenza, questa evoluzione della A1 permise all’Audi di portare in casa un titolo piloti nel 1983. Ma la carriera di questa vettura proseguì negli anni successivi; nella stagione del 1984 le vetture ufficiali schierate erano ben sei. Walter Rohrl, Hannu Mikkola, Stig Blonqvist, Michèle Mouton, Jorge Recalde e Sarel Van Der Merwe. Inoltre Per Eklund, con il team clienti Clarion, proseguì la sua storia con la Quattro fino al 1986.

Sport Quattro (Gruppo B)

A metà stagione 1984, lo squadrone tedesco iniziava a prenderci gusto, e arrivò in men che non si dica una nuova evoluzione della Quattro. Stavolta le cose si fecero serie. Infatti per dimostrare che la vettura fu completamente nuova, fu semplicemente chiamata Sport Quattro e non A3 come inizialmente si era pensato. Partendo dal motore, la cilindrata del 5 cilindri rimase la stessa ma la cavalleria aumentò fino alla bellezza di 450 cavalli. Si poté ottenere questo risultato grazie a diverse modifiche: le valvole furono raddoppiate, così da averne un totale di venti. Il sistema SOHC venne eliminato e lasciato spazio ad un più moderno DOHC (doppio albero a camme in testa). La pressione della turbina KKK venne aumentata, ma anche il suo diametro crebbe. Per alimentare questo potente propulsore si optò ancora per l’iniezione elettronica Bosch, ma una più moderna evoluzione del Multi Point: l’LH-Jetronic. Il sistema sospensivo venne modificato; vennero utilizzate diverse barre antirollio, in base al terreno da affrontare. Inoltre all’anteriore venne eliminato il braccio radiale longitudinale, aggiunta fatta nella precedente versione. Tuttavia rimase al posteriore. Il peso rimase contenuto, sempre entro i limiti di regolamento. 1100 chili di vettura, che potevano essere fermati da quattro dischi auto ventilati.

La squadra Audi Sport rimase invariata dall’anno precedente. Il team fece man bassa nel 1984. Riuscì a conquistare il Campionato del Mondo Costruttori  grazie alle nobili gesta di Walter, Stig, Hannu e Michèle. Ma solo grazie a Blonqvist il titolo piloti arrivò in casa Audi e nelle mani del pilota svedese.

La carriera di questa vettura proseguì anche per il 1985, ma era pronta una nuova arma…

Sport Quattro S1 (Gruppo B)

Siamo arrivati al punto critico della storia del marchio tedesco. Da qui viene puntualizzato il declino del marchio tedesco nel mondo dei rally. Sotto la carrozzeria questa astronave era molto simile alla Sport precedente. Nota importante, e non da poco, la potenza. Crebbe in modo smisurato; si raggiunsero i 550 cavalli con un picco di 600, sviluppati a regimi di giri che si aggiravano intorno agli 8000 giri/min. Sotto al cofano vennero fatte migliorie a livello strutturale per poter contenere l’incredibile potenza; si lavorò anche sulla centralina, inserendo un innovativo antilag system che sarà poi alla base delle auto da rally fino ai giorni nostri. Il sistema di iniezione rimase lo stesso LH-jetronic.

Foto di Aldo Franzosi

Vennero apportate diverse migliorie alla trasmissione, non intaccando il sistema Quattro, ma il cambio. Di derivazione Porsche, il nuovo cambio PDK era previsto in due differenti versioni: a 5 o 6 marce. Inoltre venne dotata di frizione a doppio disco a secco. La distribuzione dei pesi era quasi perfetta: all’anteriore trovavamo solo il 52% dei 1090 chili complessivi della vettura.

Alla vista le modifiche furono ben visibili; infatti i grandi paraurti squadrati non passavano inosservati, corredati da un grande spoiler posteriore.

Purtroppo nonostante le grandi potenzialità questa vettura non spiccò, anche se ricordiamo molto volentieri le gesta di Walter Rohrl, Hannu Mikkola e Stig Blonqvist. La carriera di questa spaventosa vettura finì nel 1986 con la chiusura del Gruppo B. Eppure tempo prima in casa Audi bolliva qualcosa per il futuro…

Sport Quattro S2

Le informazioni su questo particolare modello non sono tante. Infatti un progetto tenuto molto segreto dalla casa tedesca, quasi proprio come un’arma segreta. Infatti prima dei fatti che hanno portato alla chiusura definitiva del Gruppo B, stava per essere stilato un nuovo regolamento per il 1987, introducendo di fatto un nuovo gruppo: il Gruppo S.

Quest’ultimo prometteva vetture ancora più estreme, con potenze mai viste prima e tecnologie futuristiche. Lancia, Peugeot e Toyota erano già a buon punto, con rispettivamente la ECV, Quasar e la MR2 222D; quello che accumunava queste vetture era il motore centrale, tecnica che non andava molto a genio ai tecnici Audi. Iniziarono a lavorare sul progetto nel 1984 con scelte che stravolsero la corrente di pensiero degli ingegneri, spostando il motore a 5 cilindri al centro. Quest’ultimo era il fedele 2.1L montato sulla S1, che sviluppava circa 600 cavalli. Purtroppo non erano sufficienti, dato che i rivali sviluppavano all’incirca 800 cavalli. Così non si adottarono mezze misure e con l’aggiunta di un turbo compressore la potenza lievitò fino a 1000 cavalli.

Il sistema di trazione rimase il classico Quattro anche se le modifiche apportate furono diverse, ma non si hanno informazioni a riguardo. Walter Rohrl provò la vettura su asfalto,  fu incredibilmente sorpreso dalla maneggevolezza della vettura e dai miglioramenti riportati dallo spostamento del motore. Naturalmente sappiamo tutti la sorte di questa vettura che non vide mai le prove speciali mondiali. La si può ammirare tuttavia nel museo Audi in Germania.

Con le sue tecnologie e il pensare un po’ diversamente Audi ha portato al mondo dei rally un grande contributo per diverse tecnologie. Con la sua uscita nel 1986 non ci fu più spazio per i quattro anelli, anche se nel pikes-peak proseguì con buoni risultati. Speriamo tutti un giorno di rivedere una vettura, chissà magari tra le WRC-Plus con i quattro anelli e con un concetto un po’ “controcorrente”.