Questa volta è finita, per davvero. Niente più ritorni di fiamma, niente più voglia di riparare un passato burrascoso, non resta più nulla se non tanta, tanta tristezza.

Citroen lascia il WRC. Sebastien Ogier, il figliol prodigo tornato alla base per vincere, lascia la squadra che lo aveva cresciuto e poi abbandonato, coccolato e poi sfidato nel corso degli anni, per soddisfare il suo di bisogno primario, ovvero vincere, in quello che sarà l’ultimo anno di una carriera difficilmente ripetibile.

Col senno di poi, è facile trarre le conclusioni. Il ritorno di Ogier in Citroen è stata probabilmente una scelta obbligata. Non era amore, è stata solo convenienza, dettata dall’impossibilità di M-Sport di soddisfare da sola le richieste del 6 volte Campione senza il supporto di una casa ufficiale alle proprie spalle. Per Wilson, continuare a mettere a repentaglio un’intera struttura per il bene di un singolo non era più sostenibile. Meglio separarsi, anche se da vincenti.

Citroen sembrava la soluzione migliore, o così si pensava 12 mesi or sono. La vittoria di Loeb in Spagna il più classico dei biglietti da visita, utile a garantire all’uomo di Gap una competitività della vettura che, nell’immaginario collettivo, poteva solo migliorare con il suo arrivo. Sedotto e poi abbandonato nel 2011, quando il giovane chiese alla squadra di scegliere tra la sua fame di vittorie e la fama ottenuta da Loeb con i suoi successi a ripetizione. Il management francese optò per la via più facile, probabilmente compiendo quell’errore che, a conti fatti, è stato il primo di una serie che si è poi rivelata fatale.

Citroen ha deciso di allungare il più possibile la carriera dell’alsaziano senza curarsi del futuro. Ha stravinto nei rally, ha dirottato gli sforzi nel WTCC vincendo a ripetizione anche li, per poi ritrovarsi improvvisamente senza un faro sul quale concentrarsi. Non lo è stato Kris Meeke, scaricato anch’egli precocemente, non è riuscito ad esserlo Ogier, incapace di rimettere in sesto un progetto nato male e finito anche peggio, soprattutto in modo sgradevole.

Perchè si, Ogier non è personaggio facilmente gestibile e tutt’altro che simpatico, ma scaricargli addosso tutte le colpe piuttosto che assumersi come team le proprie responsabilità non è sembrata una scelta di classe, soprattutto per una squadra che è stata per parecchi anni ai vertici di questa disciplina.

Una reazione del genere era comunque ampiamente prevedibile, perchè neanche l’uomo di Gap è esente da colpe. E’ giusto infatti esprimere il proprio disappunto se le cose non vanno nel verso giusto, come ha fatto nel recente Rally di Germania. E’ sbagliato però scaricare tutto l’odio attraverso le parole della moglie, che continua anche in queste ore a twittare messaggi di giubilo per la dipartita di Citroen dal WRC.

Inoltre, dopo un promettente avvio con due vittorie in tre gare, sfruttando a Monte-Carlo le sue abilità e in Messico la capacità della C3 WRC di gestire al meglio l’altitudine, Ogier non è stato più in grado di fare la differenza, non trovandosi mai veramente a proprio agio con la vettura e sempre costretto a rincorrere l’imprendibile Toyota di Tanak. Da qui il nascere del malcontento, impossibile da nascondere sugli asfalti tedeschi (una volta terra di dominio) e definitivamente deflagrato in Spagna.

Ne fa le spese anche il povero Esapekka Lappi, che passa dall’essere primo erede di Ogier alla forca nel giro di un anno. Proprio lui che agli albori di questa stagione veniva incensato come l’uomo sul quale fare affidamento per il futuro del Double-Chevron e che ora non viene neanche considerato all’altezza da parte del proprio team, che si ritira per mancanza di piloti di vertice. Anche il finlandese dovrà ripartire da zero, ma se per il francese si aprono le porte di Toyota (con Makinen che dovrà giocoforza dimenticarsi del “gran rifiuto” ricevuto da Ogier nel 2016), Lappi entra nella rosa dei numerosi piloti a caccia di un sedile, in quella scacchiera che mai come il 2020 sarà piena di pedine ma povera di vetture.

Una situazione dove ci perdono tutti, soprattutto noi appassionati, costretti a vivere e a raccontare i capricci e lo scaricabarile di quella che poteva essere una bella favola e che invece verrà ricordata come una brutta macchia per entrambe le parti.

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