Tours, fine marzo 1976. Eccoci negli uffici dove ha sede l’organizzazione del Criterium de Touraine. Ritiro la busta con radar, cartina del percorso, regolamento, tabella delle distanze e dei tempi. Riassumendo: si parte da Tours e dopo due controlli orari si arriva ad un circuito stradale, una ronde, di circa 25 chilometri da ripetersi 9 volte. Poi, rientro a Tours e fine della manifestazione.

Iniziamo a provare e a prendere le note anche se decidiamo che, a costo di consumare l’asfalto, utilizzeremo ogni giorno tutto il tempo che ci è permesso per arrivare a conoscere praticamente a memoria quei bestiali 25 chilometri di gara.

Beh, ci rendiamo subito conto che è un rally da paura tanto è veloce!

Eccoci alla partenza, abbiamo il numero 9. Siamo in buonissima compagnia dato che tra gli iscritti alla gara ci sono, per citarne alcuni, Andruet su Alfa Romeo Alfetta V8 prototipo, Darniche su Lancia Stratos e poi Saby con l’Alpine A110, Vincent con l’’Alpine A310 e Beguin con la Opel Kadett. Insomma i campioni non mancano!

Un’ulteriore stretta alla cintura di sicurezza, poi il secco “clac” che accompagna l’inserimento della prima mi fa intuire che stiamo per essere proiettati nel terribile toboga stradale che si snoda nelle campagne della Touraine.

Cinque, quattro, tre. Alcune decise accelerate e il motore sale di giri. Poi, due, uno e… viaaa!

Prima, seconda, terza, non leggo le note visto che si inizia subito con un lunghissimo rettilineo. Mi accorgo però che i rapporti al cambio sono tutto sommato lunghi. Chissà, mi chiedo, se lo saranno anche nei prossimi lunghi rettilinei.

Siamo ormai in quinta e la velocità è molto elevata. Che rabbia non riuscire a saper quanto andiamo. Ma ecco la prima curva secca a destra. Staccata furibonda del Bobo e immissione della 131 Abarth nella curva senza problemi.

Devo dire che nonostante tutto prendiamo un buon ritmo anche se in alcuni rettilinei il motore tende al fuorigiri dato che in questi settori servirebbe una quinta un po’ più lunga (il rapporto adottato è da 200 km/h), ma poi all’uscita dalle curve non avremmo un sufficiente spunto. Sic!

Siamo impegnati a dominare le reazioni piuttosto violente della 131 quando alla fine di un allungo interminabile osservo sull’asfalto due strisce nere lasciate dai pneumatici di un’auto. Alzo un po’ gli occhi e vedo che i due segni dei pneumatici proseguono oltre l’asfalto e continuano per un bel po’ nel campo adiacente. Ancora uno sguardo veloce e vedo che almeno duecento metri più avanti, sprofondata dentro il campo, c’è l’Alfetta V8 prototipo di Andruet che lì si è fermata dopo un “liscio” tremendo. Nessun problema, lui è seduto sul tetto che osserva da lontano il passaggi degli altri concorrenti.

Continuiamo ancora per qualche minuto. Rettilineo, frenata e curva a destra; rettilineo, frenata e curva a sinistra. Il percorso è di una monotonia allucinante, ma sono i dossi, i buchi, le cunette, le asperità del terreno e soprattutto l’altissima velocità con cui dobbiamo fare i conti. L’inferno finisce come è iniziato: un tabellone sul lato destro della strada con un cronometro attraversato da una banda rossa indica la fine della prova speciale. Guardo immediatamente il cronometro. Non ricordo il tempo esatto, ma rammento che era solo di qualche secondo superiore ai 9 minuti. Sì, 25 chilometri in 9 minuti, il che vuole dire una media di circa 167 km/h.

All’assistenza, piuttosto breve, controllo generale della vettura e via per una altro giro.

Partiamo. Stiamo viaggiando fortissimo in un rettilineo quando, poco prima della staccata, la 131 Abarth ha un sobbalzo, con conseguente bloccaggio delle ruote. Bobo lancia un “Caspita, il cambio!” Poi riesce a mantenere l’auto in strada e a inserirsi nella curva.

Ripresosi dallo shock riparte molto lentamente visto che il cambio è bloccato in seconda. Usciamo dalla prova e ci fiondiamo all’assistenza.

I ragazzi si buttano sulla 131 Abarth e il responso è immediato: sono entrate due marce insieme, la terza e la quarta. Decidono di intervenire sul cambio anche se l’operazione costerà qualche minuto di penalizzazione. Capisco che siamo ormai fuori corsa, ma, insieme alla squadra, decidiamo di andare avanti per continuare nel collaudo della neonata Fiat 131 Abarth.

Riprendiamo, ma la nostra corsa dura non più di qualche chilometro perché questa volta la 131 Abarth comincia ad andare avanti a scatti poi il motore si spegne.

Parcheggiamo a lato della strada e mi metto in comunicazione via radio con Giorgio Pianta. Mi chiede cosa è successo e mi invita ad aprire il cofano e a controllare lo spinterogeno. Vedo che oscilla, dato che si sono rotte le due clips che lo tengono fermo al corpo inferiore.

Questa volta è proprio finita. Siamo solo al terzo passaggio e così chiedo a Pianta di trovare il sistema di farci pervenire in qualche maniera il pezzo dato che non abbiamo nessuna intenzione di rimanere fermi sul percorso fino al termine della gara.

Dopo una mezz’ora mi avvisa che ha dato il pezzo di ricambio ad un equipaggio privato di una Simca Rally 2 che dopo un po’ si materializza e, mentre il pilota rallenta, il navigatore con un perfetto lancio ci fa pervenire il prezioso “pezzo” di ricambio.

Sostituiamo il pezzo e ripartiamo procedendo lentamente e mestamente verso la fine della prova speciale.

Non facciamo in tempo a raggiungere l’assistenza che vengo prelevato così come sono, cioè in tuta, dal team Fiat e portato di corsa, insieme a Giorgio Pianta, all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. Destinazione Milano Linate.

Bobo, invece, rimasto a Tours, ha passato il giorno seguente al cocente ritiro a effettuare dei servizi fotografici per lo sponsor Oliofiat.

Emanuele Sanfront

(dal libro Rally’ 70. Una storia, tante storie – www.repartocorselancia.it)

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