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Personaggi di Raid – Stéphane Peterhansel e quelle tredici corone

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La nostra rubrica ritorna come di consueto, parlando di quei piloti che hanno tracciato una linea ben profonda nella storia dei Rally Raid. Dopo aver attraversato la carriera di Hiroshi Masuoka, Kenjiro Shinozuka e Renè Metge, oggi ri-approdiamo in terra francese. Il personaggio che vorremmo presentarvi ha raggiunto un record non influente nella Dakar, avendo ancora il primato del pilota più vincente nella storia della corsa. Stiamo parlando niente poco di meno che di Mister Dakar: Stéphane Peterhansel. Il soprannome chiaramente non gli è stato attribuito a caso e la sua carriera ne è la conferma.

Stèphane è nato il 6 agosto del 1965 in un piccolo paese nella regione della Borgogna di nome Echenoz-la-Mèline. La vita di Mr. Dakar è sempre stata caratterizzata dalle due ruote; già all’età di quindici anni era in sella. Nel 1981 si iscrive al campionato nazionale di enduro vincendolo; sarà successivamente il suo campo di allenamento prediletto. Infatti riuscirà a vincerlo per ben dieci edizioni. Il suo più grande impegno arriva nel 1987: Yamaha lo ingaggia per affiancare Hubert Auriol e Cyril Neveu nella Parigi-Dakar. Con l’esordio il giovane Sthèphane promette bene, arrivando 18°. L’anno successivo concluse nei primi cinque ma con l’arrivo del 1991 le cose cambiarono. L’endurista della Borgogna vinse la sua prima Dakar. La prima di tante, ben sei con le moto. Un record, ancora tutt’oggi iridato. Tante sono state in quegli anni le grandi gesta che hanno caratterizzato il francese a bordo della sua Yamaha Motor France. Per esempio nel 1995 venne penalizzato per aver raddrizzato la pedivella con un martello durante una zona neutrale e quindi ogni tipo di assistenza era vietato. Arcarons lamentò l’operato di Peterhansel al fine tappa, che venne conseguentemente penalizzato di quindici minuti – tre minuti per ogni martellata data – scendendo dalla testa della corsa. Mancavano tre tappe alla fine del rally e tutto sembrava perduto. Ma Stephane non demorse, spremendo la YZE850 come non aveva mai fatto, divorò tutta la tappa. Contò ogni secondo prima dell’arrivo della Cagiva. Ce l’aveva fatta; rifilò ventidue minuti all’avversario riuscendo a vincere anche le restanti due tappe, salendo sul gradino più alto della corsa e stabilendo ancora una volta chi era il più forte. Nel 1998 invece fu più tosta. Yamaha schierò solo due moto, contro le sedici di KTM. La battaglia con Fabrizio Meoni fu avvincente, Italia contro Francia, Austria contro Giappone. Il GPS quegli anni era in fase di sperimentazione e un nuovo modello fu fornito ai piloti a caro prezzo. Aveva un solo piccolo difetto: non funzionava quasi mai. Fabrizio sbagliò strada nella tappa con partenza da Smara e Stephane ne approfittò. Il francese era davanti e controllò la gara fino in fondo. Ktm portò nove moto nei primi dieci posti, ma quella Yamaha fece la differenza.

Stèphane si trovò ad un bivio. Il team Yamaha gli diede la spinta nella direzione corretta: infatti alla fine del 1998 diede l’annuncio ufficiale che il celebre Motor France si sarebbe ritirato dalla corsa. Il francese così si orientò verso le quattro ruote, trovando un sedile nel Team Dessoude. Nel 1999 debuttò sul Nissan Navara, con cui concluse 12°. Il nuovo millennio arrivò velocemente e il velocissimo pilota venne contattato da una famosa azienda automobilistica francese, la Aixam. Sicuramente avrete già sentito parlare di questo marchio: ebbene si, sono coloro che tutt’ora costruiscono le microcar. Al tempo la regolamentazione era stata plasmata da Schlesser per favorire il suo buggy, ma le restrizioni erano principalmente per il motore. Venne partorita così la Mega Desert. Un prototipo con telaio tubolare in lega leggera e motorizzata Mitsubishi ufficiale. Il risultato fu ottimo, facendo chiudere Stèphane in 2^ posizione alle spalle di Jean-Louis. Purtroppo il progetto non fu portato avanti, e già nel 2001 il sei volte vincitore tornò a bordo del Nissan Navara. Quest’ultimo non era molto affidabile, a dimostrazione sono le performance di Bourgnon e Wanbergue con diversi problemi meccanici. Inoltre sommandoci lo strapotere Mitsubishi la vittoria sembrava un’utopia. Quest’ultima si rivelò una sorpresa: alla fine del 2002 il team giapponese si accaparrò il promettente pilota francese. La mossa, come ben sappiamo, è stata azzeccata. Rimanendo a bordo del Pajero Evolution fino al ritiro del medesimo team, Stephane collezionò le prime vittorie anche tra le quattro ruote. Riscosse il primo successo nel 2004, riconfermandosi poi l’anno successivo. Nel 2007 tornò di nuovo alla vittoria, mentre nel 2009 si ritirò a causa dei gravi problemi di surriscaldamento che affliggevano tutti i Pajero in gara. Passarono altri tre anni prima che Mr. Dakar tornò alla vittoria; dopo un binomio non proprio in forma con il BMW X3, trovò una doppietta a bordo del Mini ALL4, capitanato sempre dal Team X-Raid. Il matrimonio con quest’ultimo terminò nel 2014, quando l’anno successivo prese in mano il neonato Peugeot 2008 DKR. L’inizio fu funesto, con svariati problemi che gli permisero di raggiungere solo l’undicesimo posto. Nel 2016 arrivò la vittoria, portando anche sul gradino più alto del podio il 3008 l’anno successivo. Fu l’ultima vittoria alla Dakar, la numero tredici.

Come abbiamo visto la carriera del grande pilota francese è stata caratterizzata soprattutto dal possente deserto Africano e principalmente dalle due ruote. Tuttavia è riuscito a conquistare due titoli mondiali di Enduro; inoltre ha partecipato all’Abu Dhabi Desert Challenge per svariate edizioni ad inizio anni ’00. Nel 2021 vedremo l’equipaggio navigato dalla moglie Andrea, che dopo esser riuscita a passare le visite mediche affiancherà il marito nella nuova stagione della Dakar. L’ultra sessantenne ha ancora tanto da dire con il suo piede pesante e la passione incessante.