Sebastien Ogier (FRA) Julien Ingrassia (FRA) (Jaanus Ree/Red Bull Content Pool)

Sliding Doors è un famoso film del 1998 con protagonista Cameron Diaz. Questa pellicola racconta l’evolversi della vita della protagonista in base alla decisione presa in un preciso istante, che per la bella attrice era il salire o meno su un vagone della metropolitana.

Le scelte importanti per Sebastien Ogier e Julien Ingrassia nel corso della loro carriera sono state tante e a giudicare dal palmares quasi tutte azzeccate. Ci è voluto coraggio nel 2011 ad abbandonare la vettura migliore del lotto in nome di un nuovo progetto del tutto sconosciuto. Ci è voluto coraggio a fine 2016 nell’abbracciare il sogno folle e bellissimo di provare a vincere il mondiale con il “brutto anatroccolo” M-Sport. Ci è voluto coraggio nel 2019 a forzare la mano e portare alla chiusura di un’intera squadra sportiva per continuare a rimanere al vertice, nel periodo in cui, qualche mese prima in Sardegna, un altro beniamino dei tifosi prendeva una decisione che, col senno di poi e vedendo quanto capitato in Africa nel corso del weekend, pare al momento essere tutto fuorché felice.

Ott Tanak non può fare altro che usare l’ironia in ogni intervista, commentando l’inaffidabilità e la crisi tecnica che sta vivendo Hyundai in questo momento. L’estone chiude terzo una gara da incubo per la casa coreana, il migliore di un team che, a partire dalla prossima gara in Estonia, non deve provare a vincere ma DEVE vincere, anche solo per salvare la faccia.

Il tergicristallo che non funziona, la fragilità delle sospensioni di Tanak nelle precedenti due uscite e di Thierry Neuville che nella giornata odierna ha tolto al belga la possibilità di mettere la parola fine ad un digiuno di vittorie che dura ormai dal Gennaio del 2020 sono più di un semplice discorso relativo allo stile di guida aggressivo dei piloti o dipendenti dalla buona sorte. Sono grossi campanelli di allarme, immensi, pensando anche al futuro sviluppo della nuova vettura per il 2022.

L’operazione simpatia, termine coniato da Adamo e che lo accompagna nel corso delle tante “uscite” fuori dal WRC, ha fallito. Non perché non faccia piacere il vedere qualche WRC Plus nelle gare locali, ma perché sta facendo perdere troppo tempo e risorse importanti nel reale obiettivo: quello di vincere il titolo costruttori e piloti. Un approccio e sistema di sviluppo errato che è diventato controproducente se paragonato al metodo di lavoro di Toyota, che si riflette anche nella classifica marche, il cui divario tra le due scuderie non si è trasformato in una voragine solo perché Katsuta non è iscritto dalla squadra giappo-finlandese per fare punti. Inoltre, quasi mai i vincenti sono simpatici, e se lo sono, è la più classica delle eccezioni che confermano la regola.

Di tutto questo ringrazia Ogier e Toyota tutta, sempre sottolineando che la bravura del pluricampione francese la si deve misurare con il palmares e la capacità di portarsi a casa delle gare in cui è assolutamente sfavorito (leggasi Sardegna) oppure partite malissimo (leggasi rottura della sospensione di venerdì). D’altronde, non si vincono cinquantatré appuntamenti nel WRC così per caso, per grazia divina o per parti anatomiche del corpo di dimensioni generose. E’ frutto di programmazione, di lavoro duro, di scelte giuste e di fame di vittorie che non si può riassumere in un solo semplicistico termine che si tende costantemente ad accostare al suo nome.

Per batterlo bisogna essere assolutamente perfetti: lo sa Evans, vittima di un weekend a vuoto, che contro di lui ci ha perso un mondiale a pochi kilometri dal trionfo; lo sa Neuville, che più di una volta ha dovuto spremere tutto il suo talento e anche di più per riuscire a sopravanzarlo. Lo sa Takamoto Katsuta, che seguendo le orme del ben più celebre capitano si porta a casa il primo podio in carriera nel WRC, meritatissimo, cullando il sogno di ripetere un giorno i fasti del connazionale Kenjiro Shinozuka, unico pilota giapponese ad aver vinto una gara del WRC.

E se lo deve ricordare anche Kalle Rovanpera, ancora una volta nota negativa del weekend, che chiude la gara in sesta posizione assoluta ma che si preclude un possibile risultato importante per la fretta di macinare record su record di precocità in quella che forse è la disciplina che più premia l’esperienza e la costanza rispetto alla velocità pura. A Jari-Matti Latvala il compito di rimettere in riga il fenomeno finlandese.

Mors tua-vita mea, l’avranno pensato anche in casa M-Sport, che porta a casa un quarto e quinto posto che fa morale per Adrien Fourmaux e Gus Greensmith, bravi a non strafare e uscire indenni dalle insidie africane. Un grosso grazie va fatto alle disavventure della casa di Alzenau ed ai problemi di Rovanpera ed Evans, ma resta il risultato incoraggiante per gli uomini di Millener.

Si abbandona il Continente Nero per tornare in Estonia, feudo dell’iridato 2019 Tanak. Hyundai è condannata a fare “almeno” 30 punti e a scegliere su chi puntare tra Tanak e Neuville nella rincorsa ad Ogier, altrimenti la crisi sarà conclamata e quasi irreversibile.

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