La Iltis #137 di Kottulinsky-Löffelmann

Riprende con un nuovo pilota la nostra avventura di “Personaggi di Raid“. Oggi si torna un po’ nel passato e ai pionieri della Dakar. Parleremo di Freddy Kottulinsky, unico pilota svedese (di licenza) a vincere la Paris-Dakar nel 1980. Scrisse il suo nome nella storia del Motosport grazie a quel famoso successo ottenuto a bordo di una vettura alquanto strana, un po’ fredda nell’estetica ma tecnicamente all’avanguardia: la Volkswagen Iltis!

Winfried Philippe Adalbert Karl Graf Kottulinsky, meglio conosciuto come Freddy, nasce a Monaco il 20 luglio 1932. La famiglia ha origini nobiliari. Da ragazzino, come tutti quelli della sua generazione dovrà fare i conti con la Guerra. La sua famiglia a Monaco subì due bombardamenti. Freddy riuscì a superare gli anni bui del conflitto bellico e con tanti sacrifici cercò di guadagnarsi da vivere svolgendo lavori in un borgo dell’Alta Baviera. Qualche anno più tardi tornò a Monaco per svolgere un apprendistato come meccanico lavorando per Toni Bauhofer, un ex pilota motociclista e campione titolato in Germania negli anni 20′ e 30′. Dopo la fine dell’apprendistato, Kottulinsky si trasferì in Svezia nel 1953 e un anno dopo concretizzò il suo sogno: aprire un’officina automobilistica. L’attività andò molto bene e Freddy si espanse riuscendo a realizzare una nuova officina per 5 auto e 1 camion. Nel 1959 la sua grande passione per auto e motori lo portarono a debuttare anche nelle gare, in pista. Corse su licenza svedese. Una carriera vincente da pilota privato nei campionati Formula minori, riuscì a raggiungere livelli altissimi correndo in campionati super competitivi come Formula 2 e Formula 3. I suoi più grandi successi sono il titolo di F3 Svedese e il titolo di Formula Super Vee europea. A parte i trionfi in pista, Kottulinsky si è anche dedicato ai rally (in maniera minore) e alle corse su ghiaccio. Nel Mondiale Rally il suo miglior risultato è un 7° posto ottenuto nel 79′ a bordo di un Audi 80 GLE ufficiale. Ha ottenuti buoni risultati correndo nei rally dell’Europeo e del Campionato austriaco.

IL PROGETTO AUDI PER LA ILTIS E IL NO DI KOTTULINSKY

Kottulinsky, pilota veloce e di talento ma anche ottimo collaudatore e meccanico attirò l’attenzione di Audi nel 1979 che lo assunse per lo sviluppo di veicoli a trazione integrale. Il 79′ coincise anche con la prima edizione della Paris-Dakar, una gara nata dall’idea di Thierry Sabine che doveva svolgersi nei deserti dell’Africa e con arrivo nella capitale del Senegal, Dakar. La gara ebbe subito successo e si guadagnò immediatamente la fama di un rally raid avventuroso ma allo stesso tempo durissimo e ostico. Nella sua seconda edizione la Paris-Dakar stava già attirando nomi importanti, sia dal lato piloti che da quello di moto e case automobilistiche. Nell’80’ la VW aveva l’opportunità di vendere i suoi Iltis all’esercito francese; per convincerli Audi decise di far partecipare i veicoli alla corsa più dura del mondo: la Dakar. Il programma fu subito organizzato ma servivano dei piloti forti, capaci di vincere. Tra i tanti francesi che volevano correre questo inedito rally raid c’era anche un certo Jean Ragnotti. In cerca di una vettura che potesse essere competitiva, Ragnotti trovò un accordo con Audi. L’altro pilota scelto fu Patrick Zaniroli, altro francese di belle speranze, mentre sulla quarta vettura Audi aveva deciso di affidare il volante a Roland Gumbert. Quest’ultimo era ingegnere della casa dei quattro anelli e aveva progettato la trazione integrale commutabile che venne adottata sul Volkswagen Iltis, il mezzo su cui avrebbero corso i tre piloti scelti. Per il ruolo di terza guida Audi cercava un pilota con ottime doti da meccanico che potesse fare da assistenza rapida: puntò proprio Freddy Kottulinsky che aveva una buona esperienza da rallista ed era in orbita Audi già da un anno. Kottulinsky come abbiamo detto in apertura era un abile ed esperto meccanico oltre che un ottimo preparatore e aveva un’impareggiabile conoscenza tecnico-meccanica. Freddy però sembrò subito poco convinto. La Dakar di allora era un “affare francese” e non era ancora capace di attirare i nomi di grandi piloti nordici. Kottulinsky rifiutò in un primo momento chiedendo molti più soldi per correre. Non se ne fece nulla ma visto che il team non riuscì a trovare un sostituto all’altezza decise di accontentare le alte richieste economiche di Kottulinsky. Il navigatore scelto per affiancarlo fu Gerd Löffelmann, un altro meccanico. Quest’ultimo non aveva alcuna esperienza in fatto di navigazione. Ogni sera al bivacco, l’ingegnere Gumpert lo aiutava a tradurre il roadbook che allora veniva rilasciato in francese. Anche per Löffelmann la Paris-Dakar si sarebbe rivelata una grandissima sfida.

 

 

Prima di passare alla gara però va analizzato questo speciale Volkswagen Iltis. Una vettura che a primo impatto sembrerebbe un semplice e spartano 4×4 ma che in realtà per gli anni 80′ e per una gara durissima come la Dakar si rivelò un’arma tecnicamente all’avanguardia capace di proporre soluzioni davvero inedite e avanzate. Partendo dal motore, la Iltis montava un quattro cilindri 1.7 benzina di derivazione Audi. Il propulsore era stato accuratamente elaborato per portarlo ad una potenza di circa 110cv. La velocità massima toccava i 155 km/h. Il telaio in acciaio, la trasmissione sulle 4 ruote (inseribile sull’anteriore). Cambio a 4 velocità, sospensioni indipendenti e i freni a tamburo sulle quattro ruote. In generale la vettura tedesca si dimostrò molto agile (pesava 750kg in meno rispetto al vincente Range Rover V8) ma soprattutto resistente alla durezza della Dakar e con un’ottima affidabilità che le permisero di mettere in ombra fuoristrada e vetture ben più prestigiose.

L’AVVENTURA NELLA PARIS DAKAR CON AUDI-VW

Passando alla gara, la Paris-Dakar del 1980 partiva da Parigi per poi sfidare il durissimo Sahara attraverso Algeria e Mali. Poi ancora Niger, Burkina Faso e infine Senegal con l’arrivo a Dakar. La corsa prevedeva oltre 4000km di prove cronometrate e un totale di ben 10.000 km contando anche i trasferimenti. Alla partenza a Parigi ci sono 116 auto, 90 moto e anche 10 camion. Al via il più rapido tra le auto è Briavoine che vince il Prologo. Nella prima vera tappa è ancora Briavoine che è più rapido su Lada Niva mentre nella tappa successiva si faceva sentire Christophe Neveu su Range Rover V8, il fuoristrada britannico che l’anno primo aveva portato alla vittoria Alain Genestier. Kottulinsky parte col piede leggero: la sua Iltis verrà caricata di pezzi di ricambio per poter assistere al meglio Ragnotti e Zaniroli in caso di necessità. Nella tappa che conduce a Gao, in Mali, Ragnotti fa segnare un tempo stratosferico. E’ solo il primo squillo dell’Iltis. Proprio in Mali ha inizio la terza tappa della Paris-Dakar, una delle più difficili e insidiose; si tratta di una tappa ad anello con partenza e arrivo a Gao. Kottulinski firma il miglior tempo, poi arriva la replica di Ragnotti a Timboctù mentre all’arrivo di Gao, Neveu torna a vincere sul Range Rover. Nel tratto che riparte dal Burkina Faso per fare ritorno nel Mali è ancora il sorprendente Freddy Kottulinsky che contro ogni pronostico vince la tappa e si porta addirittura al comando assoluto della corsa facendo meglio anche delle moto (a quel tempo le classifiche moto-auto erano unificate). I festeggiamenti però durano poco perché nella tappa successiva, la sesta, il buon Freddy si perde riconsegnando la testa della corsa all’ottimo Neveu. Ma il pilota francese sbaglia a sua volta, danneggiando la sua vettura; i fratelli Marreu, stoici con la loro Renault 4 vincono a Nioro e tornano a mettere pressione agli Iltis. Ma a sorprendere ancora una volta è sempre Freddy Kottulinsky che trova gloria nella penultima tappa e riporta al comando in maniera definitiva il Volkswagen Iltis. A Dakar il successo è di Cyril Neveu su Yamaha 500 XT 500 ma tra le auto è l’Iltis a farla da padrone con due vetture sul podio: la vincitrice, quella di Kottulinsky-Löffelmann e al secondo posto Zaniroli-Colesse che verranno seguiti dai fratelli Marreu. Molto attardato Jean Ragnotti che sicuramente si aspettava di fare molto meglio. Ha visto il traguardo anche la quarta Iltis dell’ingegnere Gumpert.

La Iltis #137 di Kottulinsky-Löffelmann (Foto: Volkswagen / Kraeling)
MAI PIU’ ALLA PARIS-DAKAR!

Qualche anno anno fa, l’amico ed ex navigatore Thomas Zeltner rivelò in un’intervista i retroscena di quella Dakar vinta da Kottulinsky. Lui non aveva idea di cosa fosse quella gara” ha rivelato Zeltner in un’intervista riportata su un portale austriaco. “Dopo il prologo, sul traghetto che portava in Algeria chiese dov’era l’Hotel dove avrebbe alloggiato. Tutti si misero a ridere e gli risposero che non si alloggiava in nessun hotel. Aveva portato con se una semplice valigia. Non aveva proprio idea di cosa fosse la Paris-Dakar. Ma nonostante ciò, seppe sbalordire tutti al volante tra le dune del Sahara. I suoi compagni di squadra si arrabbiarono perché lui teoricamente doveva seguirli e non superarli. Ma Freddy era fatto così, non si lasciava dire cosa doveva fare.” 

Zeltner poi raccontò anche un altro pazzesco dettaglio di quella Dakar: “C’era una tappa con un tratto che era tutto dritto per diversi chilometri, poi una duna che cadeva a strapiombo verticalmente per 4 metri. Il navigatore non si ravvisò del pericolo e la vettura arrivò a tutta velocità lanciandosi nel vuoto. I fotografi erano piazzati di sotto. La vettura atterrò con violenza e sembrava dovesse ribaltarsi pericolosamente. Con gran sorpresa di tutti invece riatterrò sulle 4 ruote. L’impatto frontale fu davvero duro! Freddy ebbe anche una lieve commozione cerebrale. Ma non ci furono problemi e continuò a spingere vincendo la gara. Una vittoria contro ogni pronostico, sorprendente e di certo non pianificata dal team”

“Dopo quella vittoria altre case volevano ingaggiarlo per correre ancora la Paris-Dakar” continuò ridendo l’amico Zeltner. Mai più” fu la risposta di Kottulinsky che evidentemente non era mai entrato in empatia con i rally raid. In un’intervista del 2009 il pilota di Monaco dichiarò però di seguire con interesse in TV la Dakar. Quel successo dell’80’ ebbe un grande eco anche per il suo nome (di fatto si trattò di un gran successo internazionale) ma anche per l’Iltis che aumentò le vendite negli anni successivi.

 

Kottulinsky con la sua Audi 80 GLE (Foto: Volkswagen-motorsport.com)

 

L’EREDITA’ DI FREDDY

Audi era riuscita nel suo intento di mettere in mostra il veicolo che dopo la sua vittoria nella Dakar ottenne un bel po’ di pubblicità. Purtroppo l’esercito francese non acquistò le Iltis e virò su altre scelte. Però e c’è un però… L’esperimento e il successo dell’Iltis servirono ad ispirare la poi famosissima e ultra vincente Audi Quattro! E infatti fu proprio il primo prototipo di Audi 80 a montare la trazione integrale dell’Iltis che permetteva di distribuire la potenza del motore 5 cilindri turbo sulle quattro ruote. Kottulinsky un anno dopo il successo alla Dakar provava in Finlandia con una certa Michelle Mouton la versione rally della Quattro che doveva essere messa a punto. Il resto è storia nota, una storia di successi anche nel campo sportivo grazie ai prestigiosi titoli mondiali ottenuti nei rally che elevarono Audi a leggenda dell’automobilismo sportivo.

Per quanto riguarda Kottulinsky, dopo il successo alla Dakar continuò a lavorare per la casa di Ingolstadt. Negli anni 80′ si dedicò anche lui ai rally con Audi; corse in Austria da privato nell’83 con la Quattro e arrivò secondo in campionato, dietro al campione Franz Wittmann che disponeva di una Quattro ben più evoluta e potente. Negli anni successivi partecipò anche in alcune gare del DTM con un Audi 200. Sempre con la casa dei quattro anelli e lontano dalla pista preparava i meccanici della squadra corse e assunse anche un ruolo in pianta stabile come istruttore all’interno del programma che oggi è noto come Audi Driving Experience. Anche da ultrasettantenne continuò a cimentarsi in gare storiche di durata. Si spense il 4 maggio del 2010 all’età di 77 anni. La sua grande passione per i motori e le competizioni viene comunque ereditata dalla famiglia: la figlia Susanne fu pilota di rally e anche il nipote e figlio di Susanne, Fredrik Ahlin, è un pilota di rally professionista. Anche la sorella di Fredrik è un pilota professionista: si tratta di Mikaela Ahlin-Kottulinsky che sembra stia ripercorrendo un po’ le orme del nonno, e corre nel campionato off road elettrico Extreme E. Chissà se la vedremo mai al via della Dakar un giorno proprio come il nonno…

 

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