Aumento costi della benzina 40 euro in più per un pieno (Canva foto) - www.rally.it
Dal 2026 scattano aumenti sul carburante: l’adeguamento delle accise divide automobilisti e governo, il pieno costerà 40 euro in più.
Il tema dei rincari alla pompa è ciclico, ma stavolta il malcontento sembra più profondo. Molti automobilisti temono un ritorno ai giorni più bui dei prezzi record, quando ogni rifornimento diventava una spesa insostenibile. Non si tratta solo di un’oscillazione stagionale o di dinamiche internazionali. L’annuncio di modifiche strutturali alle accise, infatti, ha riacceso un nervo scoperto.
Il gasolio, per lungo tempo considerato una scelta più economica e adatta ai grandi viaggi, sta perdendo il suo appeal tra i consumatori. Gli automobilisti che hanno puntato sul diesel per risparmiare oggi si trovano davanti a uno scenario ribaltato. Le nuove misure, pur presentate come un adeguamento tecnico, vengono vissute come una penalizzazione mirata.
In questo clima di incertezza, le previsioni per il 2026 hanno alimentato allarmi e preoccupazioni. Alcuni esperti del settore trasporti parlano apertamente di “effetti distorsivi” sulle scelte dei consumatori. Il rischio è che l’intero comparto auto, già in fase di transizione energetica, venga destabilizzato da manovre poco graduali.
A rendere tutto più complesso è la percezione che l’aumento del prezzo alla pompa non sia altro che l’ennesimo fardello a carico di chi usa l’auto per necessità.
Dal 1° gennaio 2026, il governo Meloni introdurrà un riallineamento delle accise sui carburanti, che riduce l’imposta sulla benzina ma aumenta quella sul gasolio della stessa entità: 4,05 centesimi al litro. Secondo l’Agenzia delle entrate, l’impatto reale sarà maggiore: 4,94 centesimi al litro in più alla pompa, a causa dell’IVA al 22%. Si tratta di una misura pensata per uniformare la tassazione tra benzina e diesel, considerato quest’ultimo un carburante più inquinante e dunque da disincentivare secondo i criteri europei.
Come evidenziato da Today, questa nuova struttura fiscale non riguarda i mezzi commerciali, come i tir della logistica, esclusi dagli aumenti grazie a specifici crediti d’imposta. Ma per chi possiede un’auto diesel privata, l’aumento sarà inevitabile. La stima dell’Unione Nazionale Consumatori parla chiaro: nel 2026, ogni automobilista pagherà in media 42 euro in più, che diventeranno oltre 180 euro cumulati entro il 2030.
Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, parla apertamente di “stangata per gli automobilisti”, stimando un impatto totale di 694,4 milioni di euro solo nel 2026. Anche se parte del gettito finirà alle regioni a statuto speciale o sarà restituito sotto forma di rimborsi, il denaro sarà comunque anticipato da chi fa il pieno ogni settimana. Secondo Dona, “se il Governo non vuole considerare gli automobilisti dei polli da spennare”, allora dovrà rivedere l’aliquota, portandola a un livello inferiore.
Il dibattito è aperto, ma l’indicazione è chiara: l’aumento delle accise sul diesel è destinato a cambiare le abitudini di milioni di italiani. Mentre l’esecutivo difende la misura come una necessità ambientale, l’opinione pubblica percepisce l’intervento come l’ennesimo prelievo mascherato da riforma.
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