Rituffiamoci nel 1977 quando un equipaggio italiano, quello composto dai triestini Fulvio Bacchelli e Francesco Rossetti vinsero il Rally della Nuova Zelanda, che per la prima volta aveva validità mondiale, sulla Fiat 131 Abarth per una vittoria tutta italiana.

Il Nuova Zelanda era la 5° prova del mondiale Rally, seguiva infatti le gare di Montecarlo, Svezia, Portogallo e Safari e durava ben 1 settimana dal 1° al 7° Maggio, una gara sterrata, dove la presenza d’asfalto era davvero minima, alcuni tratti presentavano il classico e scivoloso ghiaietto e, la maggior parte, un terreno d’origine vulcanica (Pomice). Gara composta da 4000 km di cui ben 2100 di tratti cronometrati. Una gara ai più sconosciuta visto che si affrontava per il campionato del mondo per la prima volta ed i piloti locali potevano contare su questo grande vantaggio.

Abbiamo interpellato Fulvio Bacchelli, il più giovane italiano ad aver mai vinto una gara del WRC, ancora presente in Top Ten tra i più giovani vincitori di sempre.

Ciao Fulvio e grazie della disponibilità, era prevista la vostra gara in Nuova Zelanda?
“Buongiorno a voi, per noi fu un anno importante in Fiat perchè abbiamo fatto tutto il mondiale, Montecarlo, affrontammo la prima gara con entusiasmo, purtroppo ci ritirammo per problemi ai semiassi, una problematica che, in quel periodo ha afflitto molte delle nostre vetture, probabilmente per una fornitura difettosa. Poi siamo andati in Portogallo per riscattarci, eravamo anche messi bene in classifica ma si è nuovamente rotto il semiasse.Dunque andiamo in Nuova Zelanda ad affrontare una garadura, tutta su terra ed i semiassi non hanno dato alcun tipo di problema. Solo alla fine ci fu un problema di motore. Per precauzione nella parte finale della gara cambiammo l’albero di trasmissione, invece il problema era altrove, si ruppe una paratia dell’olio con il fortissimo e simpatico Vatanen che si avvicinò”.

Cosa si conosceva di quella gara?
“Sapevamo che era una trasferta complicata, Pianta era andato in Nuova Zelanda per vedere i terreni su cui si sarebbe corso ed era tornato a Torino per fare il punto della situazione e descriverci quei meravigliosi sterrati”

Oggi partire con il numero 1 sulla portiera su sterrato è un grande svantaggio, tu avevi questo numero sulle portiere, allora cosa comportava passare per primo sulla strada?
“Il Nuova Zelanda era una gara lunga, una settimana la sua durata, avere il numero 1 era esaltante, allora le macchine erano diverse, anche le gomme non erano performanti come quelle attuali, anche la tipologia di terra non dava grossi problemi. A me la terra piaceva tantissimo, guidavo bene su questa superficie, mi trovavo bene e mi stancavo poco rispetto all’asfalto. Ora le macchine devono continuamente scaricare la potenza a terra, allora quasi tutti guidavano sporco e poco importava se partivi per primo, inoltre c’era un grosso vantaggio, quello di non avere polvere (tutti partivano a 1′ n.d.r.). Le macchine erano performanti anche allora ma meno sofisticate, non c’era mai il problema del ghiaino, poi la terra era più dura”.

La gara durava una settimana e le prove erano lunghe, avevate una tattica ben precisa in mente?
“No, le prove che fossero lunghe o corte le affrontavamo sempre con la massima determinazione, dall’inizio alla fine, si partiva per andare il più forte possibile. Certo c’era un margine in alcuni punti, magari per evitare di forare. Le prove erano in prevalenza lunghe ma con terreni piacevoli, andai subito in testa. Andando bene sin da subito, poi riesce tutto facile, non devi attaccare per recuperare. Ricordo prove asciutte ma anche bagnate, dove tutto è sempre filato bene, fui fortunato”.

Nel finale hai avuto qualche noia al motore come hai affrontato la parte finale?
“Abbiamo cercato di amministrare il vantaggio solo sull’ultima prova, poi piano piano abbiamo affrontato l’ultimo trasferimento, eravamo felici d’aver vinto una gara del mondiale ed eravamo curiosi di come ci avrebbero accolto, invece quando stavamo arrivando al C.O. finale stavano smontando il palco e non c’era quasi nessuno”.

70 prove speciali ma ad inizio gara esci e succede qualcosa di incredibile?
“Eravamo ad inizio gara e sulla prova speciale 4 siamo usciti di strada, arrivando lungo e finii in un campo, nulla alla vettura ma non saremmo stati in grado di ripartire. Quando dopo di noi sono arrivati i compagni di squadra Alen e poi Lampinen si sono fermati, ci hanno agganciato con un cavo e tirato fuori in piena prova speciale.Quando ho ringraziato Markku Alen per quel comportamento mi ha risposto che era normale quando accadeva nelle gare a cui partecipava. Un comportamento sportivo che difficilmente accade”.

Per la cronaca al secondo posto conclusero Vatanen-Scott (su Ford Escort), il finlandese uscì di strada, perdendo 25′ e dopo la prima tappa era 7° assoluto, la sua fu una grande rimonta e vinse 47 delle 70 prove in programma, dal canto suo Fulvio e Checco sono sempre stati al comando e solo la pressione dell’olio, quasi a zero, nella parte finale della gara hanno fatto temere il peggio ma le assistenze impeccabili hanno sistemato la vettura torinese che si è piazzata anche al terzo posto, con Alen-Kiwimaki, ed al quarto con Lampinen-Andreasson. Solo quinto uno dei favoriti, il neozelandese Millen sulla Mazda RX3.

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