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Il mondo dei Rally Raid è in pausa come ben sappiamo; annullamento dopo annullamento si spera in una buona e vigorosa ripresa con il nuovo anno. Ma nel frattempo vogliamo farvi conoscere alcuni dei personaggi che hanno solcato le dune del mondo. Nell’ultimo capitolo di “Personaggi di Raid” abbiamo ripercorso la fantasmagorica carriera di Mr. Dakar, Stéphane Peterhansel. Quest’oggi cambiamo nazione, trasferendoci nella penisola iberica, esattamente in terra portoghese. Il pilota in questione è stato per anni pilota Mitsubishi, sotto le ali proprio di Mr. Dakar, Luc Alphand e Bruno Saby. Non avete ancora capito? Parliamo del buon Carlos Sousa.
Classe 1966 ha assaggiato i raid già dalla fine degli anni ’80 a bordo di una UMM – produttore di auto portoghese, con sede a Lisbona ndr – , puntando la propria carriera sulle quattro ruote.

L’inizio fu subito drastico; dietro al volante di un Mitsubishi Pajero clienti, prende parte alla Dakar 1996 riuscendo a raggiungere il 12° posto. L’anno successivo si siede dietro ad un Pajero T1, in cui riuscì a vincere la classe e a piazzarsi 10° assoluto. Nel 1998 porta al debutto il restyling del Mitsubishi L200, appena partorito dalla casa nipponica. Il compito di Carlos al tempo non fu quello di fare classifica, ma bensì dare aiuto ai piloti del team ufficiale; essendo un pick-up, poteva caricare comodamente tre ruote di scorta, riuscendo così a cavare d’impaccio gli avversarsari/compagni di squadra. Le prestazioni del portoghese infatti, fino al nuovo millennio rasentavano la ventesima posizione. Nel 2000, però, il fatto che scosse la carriera di Carlos.

Il GPS negli anni era migliorato molto, ma non era ancora preparato al cambio repentino dello scenario. Infatti una tempesta di sabbia nei giorni precedenti aveva modificato drasticamente una duna, frastagliandone la cresta e facendola diventare di fatto uno strapiombo. Carlos arrivò a tutto gas, ma quando si rese conto di quanto gli parve davanti fu troppo tardi. Il Mitsubishi L200 si impuntò nella sabbia a 160km/h con un impatto violentissimo per poi cappottarsi e ritornare sulle quattro ruote. Il colpo costò al navigatore Joao Luz la frattura di due vertebre, che lo paralizzarono dalla vita in giù, mentre per Carlos bastarono un paio di settimane in ospedale.

“Non c’è giorno che non pensi a lui. Mi sento in colpa, anche se non dovrei.”

L’incidente lo fece tornare l’anno successivo più forte di prima, portando il suo fedele Pick-Up al 5° posto generale, ripetendosi anche nel 2002. Il 2003 fu l’anno di picco, dove riuscì oltre ad afferrare un 4° posto alla Dakar, potè gustare la vittoria della Coppa del Mondo FIA, prima e unica nel suo palmares. Di fatto spezzò l’egemonia francese di Jean-Louis Schlesser, il quale non lasciava il trono dal 1998. Vinse anche il difficile Baja Portugal 1000, il Baja Grecia e il Rally di Cappadocia.

Dal 2005 il rapporto con Mitsubishi finì, e il portoghese passò a bordo di un’altra casa nipponica rivale, ovvero la Nissan. Al tempo venne schierato nello squadrone niente poco di meno che Colin Mcrae e Ari Vatanen. Ma nonostante il dream team, il mezzo non era dei più affidabili e competitivi, infatti era più il tempo passato a doverlo riparare che in corsa. Dopo aver concluso nella top-10 per tre anni di fila, con una piccola parentesi Volkswagen nel 2007, si ripresentò alla Dakar ma stavolta in Sud America nel 2010 a bordo di un Mitsubishi Racing Lancer, classificandosi 6° assoluto e 1° nella categoria benzina. Dopo un anno di assenza, venne contattato dalla compagnia di automobili cinese Great Wall, offrendogli un contratto triennale per correre con il loro nuovo SUV; l’Haval. Seppur il 3.2L turbo-diesel erogasse 300cv, non riuscì a spuntarla chiudendo nel biennio 2012-2013 al 6° posto mentre durante l’anno di chiusura contratto dovette ritirarsi per seri problemi alla vettura.

Non tutti sanno che Carlos tornò di nuovo alla Dakar l’anno successivo, bensì a bordo ancora del tridente nipponico: Mitsubishi. Stavolta niente Pajero o L200, ma il nuovo SUV compatto, ovvero l’ASX. Preparato con un motore 3.0L turbo-diesel del precedente Lancer, sviluppante 318cv, terminò all’ottavo posto. Il 2016 fu un anno disastroso: Carlos dovette ritirarsi sulla sesta tappa e il progetto, per gli elevati costi, morì lo stesso anno. Seppur fece due anni di fermo corsa, nel 2018, Renault gli propose di portare nella gara più dura del mondo il nuovo Duster preparato appositamente per il deserto.

Ma nella sua carriera non c’è soltato la Dakar. Infatti Carlos Sousa ha collezionato ben cinque trionfi al Rally Transiberico, di cui quattro in fila dal 2000 al 2004. Riuscì a tenere a bada piloti di spessore, come Philippe Wambergue, Jutta Kleinschmidt e tanti altri. Oltre a queste sono molteplici le partecipazioni al UAE Desert Challenge.
Un campione che nonostante le poche prestazioni di spicco alla Dakar, ha detto la sua in diverse occasioni, dimostrandosi un vero pilota forte.

“Viaggi al limite senza mai raggiungerlo. Per dieci/dodici ore devi mantenere una concentrazione bestiale. Ti asciuga. Passare le dune ad alta velocità è come essere sempre sopra un otto volante. Un piacere assoluto, come un orgasmo”.

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