Ecco un sunto della nostra intervista “Live” ad Alcide Paganelli, trasmessa su Facebook e visibile anche sul nostro canale You Tube.

La Fiat era presente nei Rally in forma privata, ma dal Montecarlo 1970 entra in maniera ufficiale. Oltre ai piloti che corsero nelle annate precedenti, solo Tu, arrivavi da un altro team (Lancia n.d.r.), come avviene il passaggio?

“Nel 1969 feci tutta la stagione con la Lancia Fulvia gr.3. Feci degli ottimi risultati ma la Lancia scelse qualcun’ altro e fui contattato dalla Fiat. Avvenne così il mio passaggio in Fiat”.

Te lo aspettavi di vincere subito nel 1970, alla prima stagione, il titolo italiano Rally?

“No, io non me lo aspettavo e di certo non se lo sarebbe aspettato nemmeno la Lancia. Noi vincemmo, con una gara in Belgio e festeggiammo. Allora c’era molto antagonismo tra Fiat e Lancia e ci furono festeggiamenti al primo anno di Rally ufficiali per la Fiat”.

Com’era la rivalità Fiat-Lancia?

“Era una rivalità un pò da ridere. In quel periodo il gruppo dei Rallysti ufficiali erano pochi e quindi i piloti Lancia e Fiat erano anche grandi amici e ci ritrovavamo sempre sui campi gara, solo in auto si diventava rivali”.

Montecarlo 1976 con la A112 “Olio Fiat” come nacque quella partecipazione?

“Io finivo con la Fiat ed ero passato all’Alfa Romeo, che poi non fece mai l’auto e non corsi, io per passare il tempo e mantenere l’allenamento corsi il Montecarlo con la A112”.

Ricordi del Rally Elba?

“Ricordo un benzinaio di Capoliveri nostro grande tifoso. Poi ricordo di un personaggio di Portoferraio, un vecchietto che disse cose straordinarie sulle donne toscane, in dialetto ma è da censura”.

I Rally portano anche ad avere avventure “galeotte”, come mai sei stato in prigione, dove e per quale motivo?

“Sono stato arrestato in tre paesi, anche se non mi hanno mai messo in galera, in Polonia, in Grecia ed in Sudafrica, nei primi due nelle ricognizioni mentre in Sudafrica avvenne in gara, ci fermarono in una foresta perchè avevamo superato i limiti di velocità. Avevamo avuto dei guasti ed eravamo in ritardo, per cercare di non prendere ritardi, che poi andavano sommati ai tempi, stavamo andando sui 160 km orari e la polizia ci fermò…ed il nostro Rally terminò li. In Polonia successe che stavamo rientrando in Italia, davanti a me c’era Barbasio e dietro a me c’era Luca Cordero di Montezemolo con Rattazzi. Poco prima del confine con la Cecoslovacchia ci fu un grande acquazzone e Barbasio frenò bruscamente e io per evitarlo scartai a destra in un campo. Dopo vedemmo una donna in un fossato ma io non l’avevo investita ne ero sicuro. Barbasio disse che doveva rientrare in Italia e si dileguò, io ero solo perchè il mio copilota era andato a Varsavia. Ad un certo punto arrivò la Polizia che mi arrestò immediatamente, fui portato al comando di Polizia ed interrogato. Mi portano in albergo agli arresti, anche se con me c’era Luca Cordero di Montezemolo che mi difese, cenammo con i poliziotti che bevvero litri di Vodka. Dal sangue prelevato il giorno prima, capirono che non avevo usato sostanze stupefacenti o alcool, l’auto fu provata da un ispettore e funzionava perfettamente. Nel frattempo c’era una interprete, moglie di un soldato italiano che spiegò il mio punto di vista. Quando mi lasciarono andare, non mi fermai più  fino all’Italia, ad eccezione dei rifornimenti per la benzina. Solo un anno dopo si scopri la verità. Barbasio frenò per non investire la donna, lei si buttò nel fossato per non essere investita e non raccontò la verità alla Polizia perchè ne aveva paura. Solo al processo, al quale non partecipai, si risolse il caso. In Grecia fui arrestato ai tempi di Papadopoulos. Durante le prove del Rally due ragazzi su un motorino, tagliarono la curva e si scontrarono contro di Noi, uno entro addirittura in macchina  rompendo il vetro. Anche il quel caso mi arrestarono immediatamente, solitamente danno torto a chi ha il mezzo più grosso. Per una settimana facevo avanti indietro dall’albergo al commissariato di Polizia. Li mi presero le impronte digitali, mi fecero le foto segnaletiche con Ninni Russo che faceva avanti e indietro seguendomi con la macchina. Poi avevo un legale particolare. Era greco ed arrivava dalla Sicilia, aveva lavorato per la mafia ed era entusiasta di come era stato bene in Sicilia”.

Tornando ai Rally hai ricordi del Rally Alpi Orientali?

“Ricordo un  anno che era finita la gara e stavo per andare via dall’albergo e Trombotto continuava a fare su e giù con l’ascensore. Gli chiesi cosa facesse li e rispose che aspettava che gli riparassero la macchina. Per cui il suo passatempo era aspettare che entrasse qualche bella donna in albergo. Un anno c’era un cavallo imbizzarrito in prova speciale”.

In quel periodo chi furono i piloti più forti in Fiat?

“Inizialmente c’era Pinto, poi è arrivato Alen ma anche Maurizio Verini. Anche se il miglior pilota era Sandro Munari. Poi dovevi anche essere fortunato a non rompere. I Rally di allora erano molti differenti da questi e i problemi erano molti”.

Episodi particolari in pillole?

“Presi una iena al Safari, un cerbiatto all’AlpenFahrt in Austria, feci un frontale in ricognizione contro una Fiat 850 guidata da un prete con accanto la perpetua e dietro un altro prete, persi una ruota nel centro di Ancona, rimasi incastrato in Portogallo su un ponticello dove nel senso inverso arrivava un pullman gigantesco, poi sempre in Polonia con Ninni Russo facemmo un incidente straordinario. Durante le ricognizioni ci incastrammo sotto un camion dell’esercito polacco. Il camion trasportava anche assi e la nostra 124 spider era poco più alta. Le assi entrarono in auto proprio tra il tetto e le nostre teste. Io, d’istinto, scansai con la testa e mi ferii leggermente, a Ninni Russo, che era più basso di me, l’asse porto via il cappellino che aveva in testa”.

Pregi di Ninni Russo come navigatore?

“Posso raccontarlo in un episodio. Ad un Safari c’era un pezzo che non avevamo provato. Si persero tutti tranne noi. Ninni Russo aveva un fiuto particolare. Navigatore, preciso, calmo e straordinario, non ha mai sbagliato”.

In quel periodo, durante i primi Rally, vi sentivate dei privilegiati?

“La retribuzione era come andare a lavorare in banca. Eravamo tutti dei gran compagnoni, per noi era un gran divertimento, sotto quel punto di vista non eravamo dei gran professionisti. Fu un periodo fantastico e conservo dei bei ricordi e mi ritengo fortunato”.

E’ vero che una volta avete capottato e vi rubarono dei pezzi mentre facevano finta di aiutarvi?

“Questa è bellissima. Eravamo al Rally RAC d’Inghilterra ed in piena notte e su un curvone a destra usciamo in un torrentello, era comunque Novembre. Con l’acqua che entrava in auto. Era circa l’una e mezza di notte e io e Ninni eravamo sul tetto della macchina con caschi e abbigliamento. Arrivarono dei tifosi ai quali passammo la roba. Ad un certo punto la macchina ha un principio d’incendio con Ninni che spegne la vettura, quando risaliamo le sponde del torrente scoprimmo che ci rubarono tutto”.

Come mai hai deciso di non correre più durante il Rally di San Giacomo con la Ople Kadett Gte?

“Io ero restato senza auto perchè l’Alfa Romeo non fece la macchina, allora per fare qualcosa  chiesi a Conrero e mi disse se volevo correre con la Kadett. La macchina si ruppe in prova e siccome nelle mie gare ebbi molti ritiri decisi di smettere di correre perchè mi ero stufato di restare appiedato”.

Il Rally più duro che hai mai fatto?

“Allora erano tutti duri. Il Safari ma anche il Portogallo”

Come affrontavate le ricognizioni di gare massacranti come Safari o Marocco?

“Al Safari provammo con una Toyota Land Cruiser e proprio durante le ricognizioni ci capitò un episodio divertente. La macchina si ruppe e solitamente ci venivano a prendere. In quel caso rompemmo in mezzo al nulla. Ma circa due ore prima avevamo superato una corriera. Abbiamo aspettato e circa due ore e mezza dopo è arrivata la corriera che era piena. Io sono salito nella parte dei passeggeri e Ninni invece salì sul tetto perchè non c’era posto. La cosa che mi impressionò e che ad un certo punto i neri cacciarono un urlo e mettevano le mani fuori dal finestrino dove uno da sopra gli dava dell’erba che masticavano. Ninni era sopra con questo personaggio che distribuiva l’erba. Una cosa che mi impressionò e che ogni tanto la corriera si fermava, quello sopra dava la lancia ed un pacchettino ad uno che si incamminava, cosi ad ogni fermata. Poi ad una fermata in un paese trovammo una donna, d’origine indiana che aveva molti figli che dietro pagamento ci fece accompagnare da un figlio a Nairobi”.

Un’auto che avresti voluto guidare?

“Magari una Porsche di quelle che usava Waldegaard”.

 

 

 

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