Prologo

Abbiamo visto come i giapponesi, americani e italiani abbiano dato molto a questo pazzo sport. Soluzioni tecniche innovative, dedizione e soprattutto passione per ciò che era un progetto rallistico di altri tempi; quasi “fantascientifico”. Ma a loro dobbiamo aggiungere anche una nazione europea, nonché protagonista della scena mondiale rallistica classica e moderna. La Francia.

Citroen, Peugeot e Renault sono state per anni (e ancora oggi) le piume che hanno contribuito alla scrittura di lunghe pagine di storia. Ma vorrei partire dalla genesi, dal produttore che ha lanciato la Francia sul gradino più alto del podio. La Renault. Quest’ultima ha iniziato il proprio enplèin di vittorie con quello che è diventato un classico mondiale: l’Alpine A110.

Alpine A110

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Alpine-Renault A110, Acropolis Rally 1972.

Nacque nel 1962, un’annata in cui il rally era solo che un piccolo bimbo pronto a crescere rapidamente. Sostituiva la precedente A108, con la quale condivideva molte parti. Bisogna precisare tutta via che il disegno del telaio era completamente nuovo, ma la modalità d’impiego era la medesima. La meccanica fu derivata dalla Renault 8: il motore era un piccolo quattro cilindri in linea di 1000 centimetri cubici, montato posteriormente, che sviluppava la potenza di 50 cavalli. Tutta via il peso molto ridotto, poco meno di 600 chili, le consentiva di raggiungere la ragguardevole velocità di 160 km/h. Lo schema utilizzato per le sospensioni era a ruote indipendenti, sia al posteriore che all’anteriore, con ammortizzatori idraulici. La barra antirollio vi era solo all’anteriore.

Al contrario delle sue compagne di rally come la Fulvia e la Mini, la Alpine vantava la trazione posteriore.

Rispetto alla sua predecessora l’estetica fu riguardata; la scocca fu realizzata totalmente in vetroresina (un motivo per cui la vettura era così leggera), allargando i passaruota, modificando la linea della coda e del frontale, così da renderla più aggressiva. Inoltre vennero aggiunti fari supplementari.
L’impiego della A110 nelle corse fu immediato, tuttavia inizialmente il suo successo era soltanto in ambito nazionale. Con il passare del tempo, la vettura diventava sempre più competitiva, ed è per questo motivo che si trovano parecchi aggiornamenti su questa vettura;
Nel 1964 venne sostituito il motore: si passò ad un 1.1L, sempre di derivazione R8, ma dalla versione Major. I cavalli sviluppati era 10 in più, così da arrivare fino a 60. I successi della vettura iniziavano ad essere sempre di più, così, solo quattro anni dopo la francesina venne “rinfrescata”.

Nella versione 1.1L la potenza fu portata fino a 86 cavalli.

Sostituirono di nuovo il motore, con uno leggermente più grande: un 1250 centimetri cubici (sempre di derivazione Renault naturalmente) ma stavolta proveniente dalla R12. I cavalli lievitarono ancora, fino ad arrivare a 96. Tuttavia il parco auto venne arricchito con altri due motori; la cilindrata era poco meno di 1.3L , ma i cavalli spaziarono da 76 fino ad un picco di 110. Grazie a questi accorgimenti resero la A110 molto efficace nei rally, iniziando così a collezionare vittorie importanti. Tuttavia la vera innovazione sul modello si avrà nel 1969, dove farà un passo da gigante anche nei rally, confrontandosi in duelli entusiasmanti con la Lancia Fulvia.
Venne preso il 1.6L della R12, montato sempre posteriormente ed elaborato, sviluppando un range di potenza da 86 a 140 cavalli. Il peso salì ulteriormente: infatti si passò dai 625 chili iniziali ai 715 attuali, comunque pochi per una vettura. Ciò le permetteva di essere incredibilmente scattante, maneggevole nei tratti misti e negli allunghi, con una velocità massima di 215 km/h.
Questa vecchia gloria riuscì ad accaparrarsi il titolo Mondiale Rally nel 1973. Nel 1977 la produzione venne sospesa, dato che ormai le tecnologie erano superate, tuttavia la sua vita è stata piuttosto longeva, con i suoi quindici anni di servizio.

Renault 4

Renault 4, Paris-Dakar 1979
Renault 4, Paris-Dakar 1979

L’apparizione della R4 nel mercato automobilistico è a suo modo interessante così come nei rally (che vedremo più avanti); Arrivò in un periodo in cui la semplicità, affidabilità e economicità la facevano da padrone. Il primo prototipo fu esposto nel 1958, ma i vertici di Renault non approvarono il progetto. Solo quattro anni dopo venne presentata ufficialmente. Il suo scopo era quello di contrastare la 2CV, che era in piena attività. Sostituì la 4CV, ma condivideva molti particolari anche con la Dauphine.  I motori erano gli stessi che si trovavano nella 4CV; un piccolo 2 cilindri e un più grande 4 cilindri. I cavalli non superavano i 27 nelle prime versioni, tuttavia nei modelli successivi le potenze aumentarono fino a 74 (ultima serie del 1992).

La produzione della R4 fu longeva. Infatti si parla di  un periodo di attività di ben 32 anni! (1961-1993)

E sono più di 8 milioni gli esemplari costruiti.

Lo schema di sospensioni era incredibilmente avanzato rispetto al periodo in cui venne costruita la vettura; poteva contare su quattro ammortizzatori indipendenti ma senza molle. Infatti per avere una maggiore escursione si optò per delle barre di torsione. All’anteriore non vi furono problemi poiché il motore era alloggiato in un telaietto a parte e perciò si potè sfruttare lo spazio restante. Sul posteriore invece la carreggiata non permetteva di montare la barra di torsione perpendicolare all’auto perciò i tecnici Renault dovettero risolvere il problema…semplicemente mettendola di traverso.
Infatti uno dei lati della vettura ha un passo di 4,8 centimetri più lungo rispetto all’altro. Come espresso in precedenza la R4 aveva moltissime versioni e le motorizzazioni non sono da meno. Tra le più famose troviamo la “L”, “Super” e “GTL”. Sono accomunate da aggiunte di optional più o meno lussuosi a seconda dei casi e le motorizzazioni più moderne e leggermente più potenti.

Si può ben capire che la R4 non nacque come vettura da corsa e tanto meno lo è diventata con gli aggiornamenti fatti negli anni. Tuttavia la sua semplicità la rese vincente; infatti oltre ad apparizioni in rally locali, il vero successo l’ebbe nei Rally Raid. Si riporta, con grande nostalgia, il secondo posto della Parigi-Dakar 1979 (alla sua prima edizione) di Marreau proprio a bordo di una Sinpar R4.

La Sinpar R4 era la versione a quattro ruote motrici della classica a trazione anteriore.

Venne utilizzata anche per altri Raid, come il Raid Africano nel 1980, L’East African Safari Rally nel 1962 (uno dei primi utilizzi sportivi della vettura) e anche in tempi più recenti nel campionato Mondiale Rally, ma con scarsi risultati.

Renault 5

Renault 5 Turbo Maxi.
Renault 5 Turbo Maxi.

Sicuramente tutti conoscono la vecchia utilitaria di casa Renault: la 5. Questa piccoletta nacque per contrastare in primis la Ford Fiesta. Non saremo qui a parlare della vastità di modelli di quest’auto, ma ci concentreremo in particolare su tre, precise versioni che ogni appassionato rallista ricorderà con rammarico.

Ma andiamo in ordine; verso la fine degli anni ’70 Renault aveva necessità di un’auto per i rally, per replicare i successi della A110 che ormai era costretta alla pensione. Perciò la casa francese si rivolse di nuovo all’Alpine. Ciò che ne uscì fu un ottimo prodotto: L’Alpine. Il motore era un 1.4L montato longitudinalmente derivato dalla versione L. Tuttavia non bisogna farsi ingannare, dato che fu rivisto a fondo dai tecnici Alpine e le modifiche più significative furono: una testata nuova, più leggera, in alluminio, aumentato il rapporto di compressione e un nuovo carburatore a doppio corpo invertito della Weber. Queste modifiche le consentirono di aumentare la cavalleria fino a 96 cavalli. Le prestazioni che ne uscirono furono di tutto rispetto per l’epoca: un’accelerazione di 9 secondi per arrivare a 100 km/h e una velocità di punta di 175 km/h. Poco tempo dopo arrivò tuttavia la Alpine Turbo. Facile intuire quale fu la modifica principale; la vettura fu equipaggiata con un turbocompressore Garrett T3 (molto in voga in quegli anni) che fece lievitare la potenza a 110 cavalli. Tuttavia si mantenne l’impianto di raffreddamento classico, senza l’aggiunta di un intercooler. Grazie alla maggiore potenza la velocità crebbe, per tanto i tecnici dovettero intervenire sui freni, montando un impianto completo a dischi. Ma ora arriviamo a quella che è la vera icona francese degli anni ’80: la R5 Turbo. Per questo progetto furono coinvolte molte parti. Come consueto la Alpine si occupò del motore. Il 1.4L rimase lo stesso, ma non più montato anteriormente. Fu spostato al centro in posizione longitudinale. Venne riguardata la sovralimentazione, aggiungendo un intercooler per garantire un miglior raffreddamento che era soggetto a sollecitazioni molto forti. Venne eliminato il carburatore a doppio corpo e utilizzata un’iniezione K-Jetronic. Questi accorgimenti portarono la potenza sulle ruote posteriori a 160 cavalli. Il sistema sospensivo adottato fu interessante: all’anteriore venne usato uno schema a triangoli sovrapposti, con ammortizzatori telescopici e ben due barre di torsione abbinate a quelle antirollio. Nel posteriore invece venne usato uno schema a quadrilateri sovrapposti , sempre con ammortizzatori telescopici, ma stavolta con molle elicoidali.

Bertone realizzò le migliori scocche mai viste nella scena automobilistica mondiale. Oltre alla R5, tra le sue creazioni, troviamo la Lancia Stratos.

Per quanto riguarda l’estetica, fu disegnata da Marc Deschamp ma fu realizzata interamente dal nostro connazionale Bertone. E’ facilmente riconoscibile dai passaruota e carreggiata nettamente più larghi al posteriore per consentire l’alloggiamento del motore. Una coppia di fari supplementari abbinati ad un paraurti più bombato. Negli interni si vede svanire il divanetto posteriore, diventando di fatto una bi-posto. Un paio di anni dopo arrivò la Turbo2. Di fatto vennero introdotte migliorie tecniche per rendere la vettura più affidabile. La potenza e la velocità rimasero le stesse.
Le corse disputate da questa vettura furono molte, ma i risultati non furono proprio quelli sperati. Vittorie al Tour de Corse, Monte-Carlo con al volante Jean Ragnotti. Inizialmente la cinque fu omologata come Gruppo 4; successivamente con l’avvento delle Gruppo B si diede alla luce la R5 Turbo Maxi (lo pseudonimo Maxi rimarrà poi negli anni per indicare le versioni “estremizzate” dei modelli). Si aumentò la cilindrata a 1,5L e la potenza raggiunse i 350 cavalli per poter essere competitiva contro gli altri mostri. Ricordiamo alla guida di questo emblema, oltre a Ragnotti, Erik Comas e Jean-Louis Vousquet.

Clio Williams

Renault Clio Maxi.
Renault Clio Maxi.

Siamo all’inizio del 1990 e ormai la Renault 5 aveva fatto la sua campagna. Necessitava una sostituta e la casa francese sfornò la Clio. Piccola, compatta e semplice; proprio come la sua predecessora. Ma noi ci soffermeremo soltanto sulle versioni performanti, che comunque, hanno preso le basi dai modelli meno prestazionali.

Nel 1991 arrivò la 1.7 Baccara. In pochi probabilmente conoscono questa variante poiché non fu importata in Italia. Era spinta da un 1725 centimetri cubici a quattro cilindri, che erogava la potenza di 92 cavalli. Si distingueva molto facilmente dalle altre per l’allestimento interno, molto lussuoso e particolareggiato. Nello stesso anno arrivò la 1.8i 16v, che poteva vantare la potenza di 137 cavalli, che resero la vettura piuttosto veloce. Questa è la versione che ha fatto più successo; sia per le sue prestazioni sia per la sua semplicità.  Tuttavia l’ampio garage fu stravolto con l’avvento del catalizzatore. Infatti, come succede di consueto, la potenza diminuì per tutti i modelli. L’anno successivo, nel 1992, venne aggiunta una versione “soft” e una rivisitata. Ovvero la 1.4 S e la Baccara. La 1.4S era equipaggiata con il classico 1.4 L, ma era dotata di esterni ed interni sportivi; La Baccara da quell’anno fu importata anche in Italia ed era equipaggiata con il 1.8i, ma con solo due valvole per cilindro e mono-albero. La potenza sviluppata era di 95 cavalli.

La sigla del motore è F7A. il motivo di tale nome è riconducibile dal fatto che il blocco motore è in ghisa e in francese si dice “Fond”.

La corsa verso la sportività della Renault era inarrestabile e infatti nel 1993 lanciò ben altre due.
La RSi. Adottava semplicemente lo stesso motore della 1.8i ma con solo 108 cavalli.
La 2.0i Williams. Fu la prima vettura del segmento “piccole” a montare un motore da 2L, capace di erogare ben 147 cavalli, su una vettura che pesava 990 chili. Nonostante il suo periodo di attività fu particolarmente corto (dal ’93 al ’96) riuscì a piazzarsi facilmente nell’immaginario collettivo. Lo schema sospensivo era del tipo MacPherson all’anteriore, con triangoli sovrapposti e abbinato a bara antirollio; al posteriore invece troviamo un assale deformabile con barra di torsione e barra antirollio.
Fu applicato anche un restyling estetico; cofano bombato, paraurti più prominenti e i classici cerchi AP in colorazione dorata.
La Williams fu omologata inizialmente in Gruppo A. La potenza si aggirava intorno ai 225 cavalli grazie a numerosi interventi sul motore; testata più leggera, alberi a camme, pistone in lega leggera e elettronica rivista. Alcune hanno addirittura un aumento di cubatura: da 2.0L a 2.2L.
Le sospensioni furono modificate, montando ammortizzatori più rigidi e regolabili della Bilstein.
Nel 1995 fu introdotta una nuova categoria nel mondiale rally, riservato alle kit-car. Nacque così la Clio Maxi.
La potenza del 2.0L fu aumentata a 250 cavalli con picchi fino a 275. Le barre antirollio erano più spesse, nuovo ponte posteriore e rivisitazione della campanatura delle ruote. La carreggiata fu aumentata e pertanto anche l’estetica ne risentì, lasciando spazio agli enormi e sporgenti passaruota che alloggiarono i cerchi da 17 pollici in magnesio della Speedline. Viene ricordata sicuramente in veste della sua livrea “Diac” e con alla guida il francese Jean Ragnotti.

Megane Maxi

Renault Megane Maxi.
Renault Megane Maxi.

Paolo Andreucci nella stagione 1996, riuscì ad arrivare primo in alcune gare con il team italiano.

Inoltre questa fu l’ultima auto condotta da Ragnotti, infatti dopo la stagione 1997 si ritirò.

La Renault Megane Maxi fu la sostituta della Clio Maxi Kit-Car nel 1996. La sua storia fu molto breve, infatti le stagioni ufficiali riportate sono solo la ’96 (anno di debutto) e ’97. Tuttavia la vettura venne usata fino al 2000, riuscendo ad omologarla per le regolamentazioni WRC. Condivideva moltissime parti con la Clio, a partire dal motore; il classico F7A con basamento in ghisa da 2.0L montato all’anteriore trasversalmente. I cavalli variavano dai 260 ai 275 massimi. Lo schema di sospensione era il medesimo della Clio, ma vennero utilizzati ammortizzatori a gas. Anche il peso era pressoché simile: viaggiava nell’ordine dei 950/1000 chili. Purtroppo non si hanno molti riferimenti e dati su questa vettura, data la sua scarsa fama e poco utilizzo nei rally.

Tuttavia da questa vettura sono passati campioni come Paolo Andreucci, Piero Longhi, Jean Ragnotti e Philippe Bugalski. I trionfi non sono tanti, ma ottimi piazzamenti di classe quest’auto è riuscita ad ottenerli.

Clio S1600

Renault Clio S1600.
Renault Clio S1600.

Agli inizi degli anni 2000, la FIA istituì una nuova categoria di auto: le S1600. Di fatto era di sostituzione alle Kit-Car del passato, poiché il regolamento  diceva espressamente che le vetture dovevano essere a trazione anteriore e con motori da 1600 centimetri cubi.

A tal proposito Renault reagì usando la seconda serie della piccola Clio.

Usarono come base il motore 1.6L della serie 4KM opportunamente modificato per produrre dai 220 ai 238 cavalli, tutti scaricati sulle ruote anteriori. L’iniezione elettronica era curata dall’italiana Magneti Marelli. Lo schema sospensivo era simile all’antenata Megane e di conseguenza alla Clio 1^serie; all’anteriore troviamo un MacPherson, al posteriore invece un sistema indipendente a braccetti tiranti con molle elicoidali sugli ammortizzatori. L’impianto frenante fu progettato da nuovo, dotando la vettura con pinze a due pistoncini e dischi auto ventilati da 355 millimetri all’anteriore e 265 millimetri al posteriore. L’estetica è molto simile alla versione stradale equipaggiata con motore 3.0L V6, anche se nella versione da rally il motore si trova davanti. Nei rally questa vettura ha spopolato, soprattutto in Italia. Tra i piloti che hanno vinto maggiormente troviamo Simon Jean-Joseph e Brice Tirabassi, con ottimi piazzamenti di classe.

Ancora oggi Renault è presente nei rally sempre con una Clio, principalmente nella categoria R3 e con la Twingo in R2. I francesi ricoprono le massime categorie del rally, con Citroen nel WRC, Peugeot nel CIR e Renault come detto in precedenza in R3 e R2. Speriamo tutti che altri costruttori facciano come loro, nella speranza di riportare varietà e competitività in questo sport. Vedremo quali vetture dei giorni nostri erediteranno la piuma lasciata dalle antenate per scrive altre, interminabili pagine di storia rallistica.

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