Un titolo piuttosto forte. Di impatto direi. Ma è ciò che esprime in maniera tangibile ciò che stiamo vivendo. Siamo arrivati ad un punto in cui la tecnica sulle vettura ha raggiunto livelli incredibili. Sospensioni attive, aerodinamica, motori sempre più piccoli ma più performanti. Tutto ciò non esisterebbe se, nei tempi indietro, qualche tecnico, quasi “pazzo” potrebbe essere definito da qualcuno, non avesse esperimentato e portato a livelli oserei dire quasi futuristici il mondo dei rally.
Ciò di cui sto parlando è il Gruppo B. Una categoria che ha avuto tempo limitato per esprimersi in maniera totale, ma che è approdata nella scena mondiale rally, sbraitando, scalciando e scodando; così come le auto di cui ne facevano parte.
Certo, anche negli anni addietro, e naturalmente anche il tempo successivo giunto fino a noi, ha portato benefici al Nostro sport; ma quel 1981 segnò il punto zero. L’inizio di qualcosa che rimarrà impresso nell’immaginario collettivo. Le prime vetture che approdarono, erano quasi normali: la 037, l’Ascona e l’Audi Quattro, giusto per citare quelle più famose. Ma non potevano essere guidate da persone comuni queste astronavi, necessitavano piloti marziani… se non maghi.

“Il Gruppo B rappresenta a mio parere qualcosa di magico, un’epoca che purtroppo per anagrafe ho potuto conoscere solo attraverso i video di Youtube ed i racconti delle persone che quegli anni li hanno vissuti in prima persona. I maghi a cui mi riferisco sono ovviamente gli equipaggi che erano in grado di spingere a velocità folli vetture da oltre 500 cavalli su strade larghe quanto la macchina stessa […]”

Foto di Aldo Franzosi. Audi Quattro S1. RallyLegend 2015.

Ciò che affascinava era la metodologia con la quale queste vetture venivano domate, senza mezze misure,dato che erano sempre pronte a disarcionarti in un momento di distrazione. Già i circa 350 cavalli delle prime Gruppo B erano impegnativi da gestire, vedendo i piloti alla fine delle prove speciali completamente provati. Ma ormai la vista di quelle nuove vetture iniziava ad entrare nella mente delle persone. Il tempo passava in fretta, anche se come si dice, negli anni ’80 il tempo scorreva più lentamente. Ci volle poco che da quelle vetture che possiamo definire la “genesi” di questo gruppo, iniziassero ad essere creati veri e propri capolavori. Le evoluzioni si intravedevano già dall’anno successivo, fino ad arrivare ad avere vetture che rasentavano l’estremo; con soluzioni tecniche che saltavano subito all’occhio. La S4 con lo sbuffare in rilascio del gas, il cinguettio caratteristico dell’Audi S1, il canto baritonale della Metro, le fiamme con gli scarichi ardenti del 205 T16, sono i primi particolari che si ricordano; ma poi ci si ricorda dei voli tra i dossi delle foreste Finlandesi, il fango denso del RAC, il caldo torrido e i guadi profondi del Safari, tutti dettagli che facevano sorridere e perché no, lasciare una piccola lacrima di commozione al passaggio di questi grandi pionieri del rallismo, facendo dimenticare la stanchezza e rimanendo in prova speciale per ore e ore.

“[…] persone che a differenza di oggi non avevano tutta la tecnologia e la preparazione fisica che un rallysta moderno ha a disposizione trasformando ogni singola gara in una sfida sia per il corpo che per la mente. Molte volte infatti a vincere non era il più veloce in assoluto del lotto ma semplicemente chi aveva gestito meglio tutte queste varianti. Oltre ai piloti, ciò che rimane più impresso nell’immaginario di tutti sono le ali di folla che si aprivano a ventaglio al passaggio delle vetture, tutti desiderosi di gustarsi anche solo per un secondo il passaggio dell’Audi di Michelle, o della Delta S4 di Henri piuttosto che la 205 T16 di Timo, un attimo che ti faceva dimenticare con la stessa velocità tutti i kilometri fatti a piedi per arrivare su quella prova speciale[…]”

Purtroppo non è sempre rose e fiori; era questione di tempo, come pensavano anche i piloti di allora, che accadesse qualche incidente di grave entità. Come accennava Aldo poche righe sopra, le ali di folla che si aprivano poco prima del passaggio della vettura erano spettacolari, ma anche spaventose.

Attilio Bettega, Lancia Rally 037, Portogallo 1984.

Il momento di scattare una fotografia e spostarsi in tempo, prima che un razzo lanciato a oltre cento chilometri orari ti passi a pochi centimetri dai piedi; l’ebbrezza e l’adrenalina di vedere da vicino mezzi inarrivabili per persone comuni. Tutte cose che un appassionato può facilmente capire, e altrettanto facile dimenticarsi quanto possa diventare pericoloso e disastroso avvicinarsi troppo. In questo caso è inevitabile ricordarsi di quella RS200 bianca e blu che esce di strada , travolgendo tutto quello che incontra. La sicurezza delle vetture di allora non aiutava; la cultura della stessa era ancora grezza e l’innovazione aveva diversi limiti. Anche qui abbiamo diversi avvenimenti negativi. Come può essere quello di Attilio o di Henri. Tutto questo fu un avvertimento, ben visibile e udibile. Si era superato il limite. E niente può esprimere meglio tutto questo che una celebre frase di Henri Toivonen: “Le Gruppo B sono arrivate appunto a un limite talmente alto da superare la velocità di pensiero del pilota stesso.”

E’ una frase che fa riflettere. Una frase che racchiude quello che era diventato il Gruppo B.

“[…]Purtroppo in ogni situazione c’è il rovescio della medaglia e per quanti sforzi possa aver fatto non sempre San Rally è riuscito ad essere la panacea dei problemi. Ai tempi la cultura della sicurezza era pressochè nulla e quindi i famosi “ventagli” così belli da vedere potevano rappresentare un grosso pericolo, così come l’estremizzazione delle vetture e la poca ricerca nei dettagli ha aumentato si l’interesse del pubblico ma esposto a rischi enormi chi quelle auto le doveva governare. Molte volte si interviene quando ormai è troppo tardi, il Tour de Corse 1985 con la morte di Attilio fu un primo campanello di allarme, forse troppo spesso etichettato come “tragica fatalità”. Il Portogallo 1986 invece fu la prova che era ormai necessario per gli organizzatori dover investire nella sicurezza per il pubblico (ed anche la FIA arrivò ad imporre degli standard solo a partire dal 1990), presa poco in considerazione. Il destino poi decide sempre di metterci lo zampino quando si sta esagerando, sempre in Corsica, sempre su una Lancia con il numero 4 sulla portiera, facendoti capire che si è ampiamente superato il limite.[…]”

Il passato sembra stia invadendo il presente, ritrovandoci nuove vetture, dall’anno prossimo, ben più performanti e con aerodinamiche bizzarre. Ci sono voluti trent’anni esatti perché si ritornasse ad avere una classe “elite” solo per piloti selezionati. Nel frattempo anche il regolamento a bordo prova e all’interno della stessa, in fatto di sicurezza, è cambiato molto.

“[…]Resta il rammarico di capire se, con le tecnologie e la cultura della sicurezza del nostro tempo, forse saremmo stati in grado di apprezzare queste macchine al giorno d’oggi, anche se i nuovi regolamenti del 2017 sembrano proprio fatti per “strizzare l’occhio” al glorioso (e mai dimenticato) passato.”

All’inizio di questo articolo ho definito Nostro questo sport. L’essenza dei rally è anche il tifo, la passione che accomuna tutti rendendo speciale ogni evento; la compagnia della spinta, il fuocherello a bordo prova per scaldarsi nei gelidi inverni, le lunghe camminate al buio della notte o della mattina per prendere posto in tratti spettacolari. Tutte cose che lo rendono unico. E ancora oggi, a bordo prova, al passaggio di una moderna WRC, si ricorda com’era trent’anni prima, magari nello stesso passaggio e si pensa a quali grandi pagine di storia sono state scritte da quei grandi maghi al volante di veri e propri mostri.

Perciò dobbiamo un grosso grazie, nonostante le avversità e le difficoltà affrontate in quel piccolo lasso di tempo, a tutte queste persone che hanno faticato in questo bizzarro Gruppo B.

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