Sembrava la tappa della kermesse, la solita marcia per rendere onore ad un pubblico densamente presente alla Dakar, una forma di “alter ego” del rally, una forma personificata del rally sudamericano, che in fondo è fatto di persone, che si intrecciano in quello che è il nodo che tiene stretto, come elemento unificante, in un unico corpo che riunisce il mosaico di tinte e forme della gara.
Una prova sterrata, quella da affrontare, abbastanza tecnica e tortuosa, al punto tale che le velocità media raggiunta dal vincitore della categoria auto è di neanche ottanta chilometri orari; meno, perfino, della tanto aspramente criticata Rosario-San Luis per l’esasperata sinuosità.

Si può leggere nella prova odierna una sorta di compendio, metabolizzato intensamente, di tutto l’evento: un riepilogo, un concentrato che fra i quad ha mantenuto e preservato la scala Casale-Sonik-Husseini, un tridente straordinariamente efficace ed incisivo, che impone un ritmo energico, in una forma di gara anaerobica.
Fra le moto, invece, c’è più spazio per gli outsiders, per i grandi delusi, come Barreda Bort, che è andato a vincere la tappa, seguito a sua volta da Pain e Rodrigues, con il primo interessato a salvaguardare la propria terza posizione e il terzo intento ad innestare pressione sul francese. Anche il tentativo di Despres, quinto dietro a Pedrero Garcia, a due minuti e mezzo, è fallito, costringendo il plurivincitore a fermare la propria rincorsa ai piedi del podio, nella classifica assoluta. Chiude la top six Jordi Viladoms, mentre gli italiani “sopravvissuti”, Ceci e Viglio, arrivano in tredicesima e settantesima posizione; per le due KTM ufficiali, quelle di Marc Coma, che mette a segno un poker alla Dakar e l’altra, di Viladoms, è il momento di festeggiare sul podio, il quale, per la prima volta, si svolge in notturna.
D’altronde, non si può certamente affermare che la luce splenda sull’edizione 2014 della Dakar, che nel suo fascino, è tratteggiato da cospicui punti oscuri; quella sensazione alienante, per gli appassionati, che l’esito ultimo sia determinato da equilibri non puramente e squisitamente sportivi o tecnici; emerge così il difficile ruolo dei commissari, mediatori fra due istanze molto complesse. Tuttavia, in questa occasione, abbiamo due esempi speculari di sport salutare e malato, una duplice condizione vissuta parallelamente in due categorie, auto e camion.

Quell’ormai celebre ordine di scuderia Mini, il pomo della discordia, ha seminato discussioni, nonché una reazione unanime, di condanna di fronte ad una scelta la quale, con buona probabilità, non è rappresentativa dei valori in campo; una sovrabbondanza di pragmatismo e “realpolitik”, che non può essere sostanzialmente sostitutiva della qualità sportiva e morale della Dakar. Una premessa, in fondo, per andare a decretare il successo di Nani Roma su Mini, ai danni di Peterhansel, che ha lasciato, certo non volentieri, il pedale in favore del team mate spagnolo, arrivato quarto in giornata. Tappa, anche in questo caso, che invece manifesta il “senso dell’occasione” e, un calcolatore per antonomasia come De Villiers ne ha approfittato, andando a vincere una speciale con la Toyota, assente da fin troppo tempo nel Palmares del sudafricano. Segue il polacco Holowczyc a mezzo minuto, quasi al pari di Vasilyev, facendo spiccare doti candidamente rallistiche. La solidarietà, che si annida fra i piloti, è emersa tutta nella sezione dei camion, con il supporto offerto da Karginov, primo in classifica, ad un pilota incappato in un incidente. La tappa è stata vinta da Ales Loprais, che bissa il successo di tre giorni fa, con un significativo vantaggio di circa tre minuti su Gerard De Rooy, vincitore della Dakar solo per poche ore: gli undici minuti assegnati a Karginov di distacco sono mutati in sei, sufficienti per conservare un gap minimo fra l’olandese e il russo, in virtù proprio del soccorso prestato a quel pilota; scelta, da parte, dei commissari, ineccepibile, tuttavia condita da un piccolo “giallo”: non il migliore scenario per concludere la Dakar e incoronarne i campioni. Kamaz meritatamente campione, così come tutti i restanti equipaggi giunti primi nelle altre categorie: d’altra parte, però, ASO dovrà cominciare a valutare la possibilità di sanzionare, con il pugno di ferro, rimescolamenti di dubbia correttezza, andando a ripescare una norma che viene dalla lontana, fisicamente e spiritualmente, Formula 1…

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