Poiché è un argomento spesso trascurato o trattato con troppa superficialità, in un momento in cui il WRC è molto aperto ai rally caratterizzati da una marcata usura, è giunto il momento di analizzare alcuni fenomeni particolari per quanto concerne la scelta dello pneumatico, sempre più accurata e minuziosa. Dure e morbide: un dilemma che con l’ingresso di Michelin si è accentuato, per effetto del “budget cap”, che in un contesto di restrizioni della spesa, gioca un ruolo fondamentale.

Anche l’ERC si è adeguato, limitando a quota venti gli pneumatici da utilizzare. Una variabile che affascina, perché favorisce “l’effetto molla”, con i piloti costretti a dover limitare gli sforzi sulla gomma, talvolta eccessivi, ragione per cui, come abbiamo osservato all’Acropolis, alcuni piloti sono giunti con la mescola esausta attraverso la Power Stage. Appare dunque sempre più intricata la strategia, specie in numerosi rally del WRC, Argentina-Grecia-Italia in primis, ma anche l’Alsazia in autunno, dove l’incognita pioggia favorisce il fermento in parco assistenza. Conseguentemente, si verificano interessanti combinazioni, con la Volkswagen prudente ma lungimirante in Argentina, ad esempio, che ha imbarcato sulle Polo quattro hard e due soft, mentre la Citroen ha optato per un pacchetto di cinque hard. Testimonianza dell’attenzione posta dai piloti e dalle squadra, a volte maniacale, nella selezione della mescola, in particolar modo in America Latina, nella consapevolezza che l’asprezza dei percorsi è una variabile decisiva nonché determinante. Bisogna distinguere, quindi, le due funzioni svolte dagli pneumatici, sostanzialmente divisibili in due categorie:

– Low Working Range: Compound morbido, efficace sul fondo bagnato, promuove l’isteresi.
– High Working Range: Compound duro, efficace sul fondo asciutto, promuove l’adesione.

Inoltre, dobbiamo per completare il quadro iniziale, sottolineare anche le mescole e i modelli messi a disposizione da Michelin, particolarmente attenta negli ultimi tre anni a perfezionare il proprio prodotto, che ad ogni modo si è rilevato più consistente e soprattutto capace di rispondere alle grandi sfide offerte dai rally contraddistinti dalla presenza di numerose rocce, coniugando ad un degrado più equilibrato delle prestazioni ottimali. Vediamo, dunque, l’offerta della casa francese:
– Asfalto: H1 (Hard) S1(Soft) SS1(Supersoft)/Dimensioni: 20/65-18
– Sterrato: H1(Hard) S1(Soft)/Dimensioni: 17/65-15

In sintesi, queste sono le differenze principali per quanto concerne la scelta del compound, ma come noto, si interviene anche sul numero e sulla profondità delle scanalature e, naturalmente, sulla larghezza del battistrada, in funzione della pressione richiesta da esercitare. Chiaramente, essendo indispensabile una marcata flessibilità di applicazione, pare che Michelin sia riuscita a trovare il giusto compromesso, innanzitutto fra gli sterrati, essendo la questione principale quella di garantire un’equilibrata deformabilità, dalla roccia alla sabbia. Per inciso, la struttura è di tipo radiale, mentre la tela è in nylon; possiamo infine ricordare l’ultimo e decisivo aspetto: una volta stabiliti i target sopra indicati di usura, emerge un altro parametro, definito dalle squadre, che non è altro che il camber, l’angolo tra l’asse verticale dello pneumatico e la verticale del terreno. Non deve essere quindi una sorpresa il fenomeno della vulcanizzazione, che produce i noti riccioli di gomma (marbles), deposito indice di un eccessivo sfruttamento della mescola, assolutamente deprecabile per il raggiungimento del grip ottimale (anche se nel WRC si riscontra in minima parte).

Anche per questa causa, la FIA ha ritoccato il regolamento dell’ERC, con il plafond indicato ad inizio articolo: è la giusta mossa per rispondere ad una “selezione basata sul censo”, i team privati non hanno le facoltà economiche di usare una quantità notevole di gomme, favorendo dunque squadre più ampie che hanno anche esasperato il consumo delle stesse. Il problema è che, se si vuole la massima trazione accelerando in rettilineo, bisogna regolare la campanatura a 0°, mentre, se si vuole la massima trazione in curva, bisogna impostarlo a un valore negativo di qualche grado, in funzione della rigidità della sospensione e della durezza della mescola dello pneumatico. E’ necessario dunque regolare la campanatura in modo che lo pneumatico si consumi in modo uniforme su tutta la larghezza del battistrada, in modo che ogni punto dello pneumatico viene utilizzato al massimo. Si tenga presente che una macchina con sospensioni molto morbide richiede un angolo di campanatura negativo più accentuato di una con sospensioni molto rigide. In condizioni di sterrato accidentato, tuttavia, potrebbe essere utile usare un angolo di campanatura maggiore di quanto garantirebbe un consumo uniforme del pneumatico, a causa delle numerose asperità presentate da esso. Si spiega così, sostanzialmente, quanto successo negli ultimi due rally, la cui aderenza si è rivelata pessima.
A questo proposito, si può avviare la fase conclusiva della nostra analisi del ruolo dello pneumatico nel WRC. Che cosa lega l’Effetto Bauschinger al WRC e, aggiungiamo noi, alla competizione automobilistica?
E’ un concetto tanto semplice quanto vitale. Semplicemente, dicasi Effetto Bauschinger quel fenomeno cinematico che coinvolge un materiale duttile: considerando i valori di snervamento iniziale, la deformazione del corpo produce un incrudimento cinematico, producendo delle conseguenze fisico/chimiche, nonché meccaniche sul corpo. L’isteresi dello pneumatico, pertanto, avviene in cicli ed esprime il limite dello stesso di adattarsi alle irregolarità del terreno: infatti, tale avvenimento si riscontra principalmente in caso di grip scarso, ad esempio su fondo bagnato, permettendo il rotolamento, che richiede più energia.

Da qui, si comprende la necessità di una mescola morbida su pioggia che possa garantire energia immediata ed un rapido conseguimento di una temperatura ottimale a regime in tempi brevi. Viceversa, su asfalto o sterrato asciutto, si verifica maggiormente il fenomeno dell’adesione, rientrando dunque nei confini dell’High Working Range, combinando un degrado limitato ad una resa prolungata.


Concludendo, infine, si ottiene l’aderenza proprio in virtù di questi due parametri, che nel loro giusto equilibrio assicurano un feeling con il fondo eccellente, conseguenza di quanto appena affermato.

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